Non andare a piedi nudi sull’erba,
il mio
giardino è pieno di schegge.
(Edith
Sodergran)
Nell’esergo
la sintesi di una vita all’insegna del sogno, trafitto dalla dura realtà
quotidiana. Per comprendere meglio queste parole, occorre riportare altre
parole, questa volta proprio di Giovanni
Gastel, che si definisce “un sognatore”: La parola è per me Luce che è la carezza di Dio, che ci ha donato tanta
armonia nel Creato: il giorno del plotone/ sia benda sopra gli occhi/ questa
sconfinata bellezza… (dall’Antologia Il
sentimento della scrittura della SECOP edizioni, 2021).
Sono
passati tre anni, ma è come se fosse accaduto ieri.
<Mai
avrei potuto immaginare, e lo dico con grande commozione, di dover cominciare
questa premessa dalla fine, dopo il tuo volo improvviso verso la Luce da te
tanto agognata e temuta. Ma mi conforta pensare che ogni fine contempla sempre
un inizio che combacia con il tuo “eterno istante” che è un eterno presente.
Ho
incontrato prima le poesie sulla tua Pagina fb. Non conoscevo niente di te, se
non i tuoi versi così discorsivi, insoliti, veri. Spietati verso i limiti della
tua personalità complicata in un mondo tanto complesso e disorientante: limiti evidenziati
con coraggio e sincerità. Versi nuovi, spiazzanti: dialoganti e monologanti. Mi
sorpresero e mi affascinarono. Cominciai a postare qualche commento
rapidamente, non avendo il tempo neppure di fare una ricerca sul loro Autore. Solo
quando mi sorpresero e affascinarono anche alcune tue foto sugli Angeli
precipitati dal Paradiso terrestre sulla Terra, scoprii che eri un grande
fotografo e volli saperne di più. Nascita, vita, miracoli. Mi aiutarono Google
e Wikipedia. (…). In estrema sintesi un nobile signore dall’inconfutabile “sigillo”
della creatività.
E
qui mi sentii a disagio, quasi avessi commesso un atto sacrilego ad entrare nel
mondo magico e dorato del nobile Giovanni Gastel, dandogli del tu come si fa
con un amico. Ma erano stati i tuoi affettuosi rimandi ai miei commenti di “poetologa”
a determinare sa subito, senza che me ne rendessi conto, un rapporto paritario
tra noi. E, per mia buona pace, ben presto mi accorsi che il grande e
irraggiungibile Giò era solito rispondere a tutti i suoi tantissimi lettori
sempre con estremo garbo e affettuosa gratitudine. (…). Scoprii, infatti, che
sin da ragazzino avevi manifestato amore per la Poesia, per il Teatro, la
Scrittura, la Fotografia. Ragazzo prodigio, dunque, che a diciassette anni
aveva già conservato nel cassetto il suo primo romanzo, con una scrittura
sorprendentemente matura; aveva pubblicato i suoi primi versi densi di emozioni
adolescenziali; si andava cimentando con entusiastico impegno in alcune opere
teatrali; si appassionava alla fotografia fino a diventare il fotografo oggi
conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.
E,
fino a ieri pomeriggio, 13 marzo 2021,
sei stato sintesi di eleganza, raffinatezza, sensibilità, amore per i tuoi cari
e per il prossimo: qualità estremamente rare ai nostri giorni. (…). Ma,
nonostante questa meravigliosa armonia di eccelse virtù, tu, Giovanni Gastel,
avevi una personalità così complessa e contraddittoria che sfuggiva a ogni
definizione perché eternamente cangiante, sorprendente. Ma erano forse proprio
queste peculiarità a renderti così affascinante e amabile, amato.
Come
uno sbandato cane
in
cerca di pace
ho
girato il mondo.
Molti
cuori
hanno
accompagnato
a
tratti il mio cammino.
Quasi
questa mia malinconia
fosse
una calamita
e
i miei occhi uno specchio
in
cui ritrovarsi.
Non
ho molto da lasciarvi
amici
cari
qualche
fotografia
qualche
poesia…
L’eredità
di un sognatore
cascato
in un mondo che fa fatica a capire.
Milano 2020
Ecco perché tutte le tue Opere servono
a darci di te, ancora oggi, un’idea veritiera e sempre apparente perché l’Artista
guizza continuamente tra l’essere e il non essere. Ossimoro di te stesso
sempre, nella tua assoluta verità.
Approdato
come un naufrago in terra
Sconosciuta,
ho misurato il territorio appreso
La
lingua dei nativi. Sono invecchiato raccontando
Del
mio mondo lontano, ma ancora la notte nel buio
Sogno
navi amiche che mi riportino a casa.
A rileggerla oggi avverto l’amaro
sapore di un profetico addio. Già dal primo verso che parla di approdo “come
naufrago in una terra/sconosciuta”, una terra, il nostro mondo che non era il
tuo mondo. Pure, con grande coraggio, curiosità intellettuale e umiltà, avevi
imparato “la lingua dei nativi”, di quanti non avevano le tue difficoltà a
riconoscersi in un mondo sconosciuto e ostile. E lo hai fatto fino all’ultimo
giorno, raccontando, però, del tuo mondo ormai da te perso nelle brume della
lontananza, ma chiuso comunque nel tuo cuore, come sacra reliquia da venerare,
sognando “navi amiche” a riportarti “a casa”. Certo, sognando, in un mondo così
estraneo a te, navi sicure, navi che non ti avrebbero mai tradito. Ma è
accaduto davvero? A Casa sei giunto, sicuramente amato e atteso, ma come? Avresti
preferito forse fidarti solo selle tue Ali in volo, sorretto dalle carezze di
tutti i tuoi cari a sostenerti… Il mondo pandemico ha tradito anche te. Il mondo
estraneo al tuo cuore di sognatore intriso d’amore.
Come non riportare alcune tue frasi al
riguardo, rilasciate al giornalista Christian Pradelli in una intervista
telefonica di solo alcuni mesi fa?
D. C’è un
regalo che vorrebbe ricevere in questo Natale così particolare?
R.
Un vaccino che può salvare l’umanità, non chiedo di più.
D. Maestro,
adesso è il momento giusto per?
R.
Per la bellezza, credo. La bellezza è un grande anestetico che ti stacca un po’
dal dolore, dalla sofferenza, dall’angoscia. Quest’epoca è dominata dall’angoscia,
la bellezza ti riporta a un mondo quasi classico, in cui la natura e gli uomini
erano la stessa cosa. E credo che sia il cammino che dovremo intraprendere
prima o poi.
D. Pensa
a Milano: il primo posto che ti viene in mente.
R.
Senti, è sempre stato fin da ragazzino piazza Mercanti. Incredibilmente due
delle mie mostre più importanti sono state fatte al Palazzo della Ragione,
quindi era destino. Ai tempi andavo lì ad aspettare l’alba, che è di una
bellezza sovrumana.
Ed io sono qui a ricordare quanto
dolore si sia condensato in dieci minuti, attraverso i fendenti di parole e
ricordi, che hanno reso più fragile la mia anima mentre le tue ali volavano
sempre più verso la Luce che non ha confini. Noi confinati nello spazio/tempo
di questi giorni increduli e dolenti di esterrefatta consapevolezza che niente
sarà più come prima. Parlare di te e usare parole per connotarti significa il
vano tentativo di trattenerti ancora con noi. Vano, non perché tu non ci sia,
incancellabile, dentro di noi, ma perché il Divino Disegno vince ogni umano
bisogno di trattenere le persone care, la loro voce, i pensieri, i sogni…
Sempre
a casa torniamo
vittoriosi
o sconfitti
poco
importa.
Non
c’è silenzio più dolce
di
quello della terra che ci accoglierà.
Dimenticare
la battaglia
vinta
o persa
(anche
la vittoria lascia un incolmabile vuoto)
e
scomparire nel nulla
che
forse è la vera pace
promessa
da Dio.
Troppo
rumore in questa vita
troppe
decisioni prese a caso
al
bivio di Edipo
e
neppure una Sfinge a porre il suo interrogativo.
Troppe
le giustificazioni
che
mormoriamo a noi stessi per sopravvivere
al nostro vuoto.
Prendimi
bellezza e fuggiamo dal gioco infernale
del reale
che
ha già una fine prevista.
Da
sempre.
Milano 27 aprile 2020
Eppure sono convinta che continuare a
parlarne sia salvifico non per chi fa ritorno a Casa, ma per chi è ancora per
strada e ha necessità di non perdersi del tutto nel dolore che porta nella
direzione opposta e, dunque, verso il buio. E ne buio è facile perdersi e non
riuscire più a ritrovare neppure le vie del Cielo, che pure sono infinite. E allora
ne parlo, ancora, e ancora. Per ritrovare il filo di luce a cui aggrapparsi per
non naufragare anche nel buio del silenzio. Sì, anche il silenzio può cedere al
lato oscuro del silenzio, che non ha più il respiro di una preghiera. Ed oggi è
giorno di preghiera silenziosa per tutti quelli che, come te, da oltre due anni
sono andati via in silenzio, vinti da un nemico oscuro e impietoso senza una
carezza ad accompagnarli oltre la soglia di casa per condurli, con l’amore
tangibile di una mano protesa, verso la vera Casa che, amorevole, ci attende
con la sua carezza di Cielo>. (da A. De Leo, Tenero il tuo lago d’erba tagliente - Giovanni Gastel e la Bellezza
visibile, SECOP edizioni, Corato-Bari, 2021). Alla prossima. Angela/Lina
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