Dopo una lunga pausa, quasi il tempo si fosse interrotto sul ricordo di un dicembre vestito di culle, di urne, di altari, di riti e preghiere, di silenzi, riprendo a fatica a scrivere per non perdere tempo, uno dei doni che quotidianamente ci viene elargito senza che noi ne prendiamo coscienza, senza un solo grazie da parte nostra. Eppure, forse solo agli esseri umani viene concessa questa consapevolezza: siamo immersi nel tempo. Ma il tempo esiste perché noi esistiamo come misura della nostra stessa esistenza? Forse. Andando oltre la concezione del tempo di Sant’Agostino, che ritiene di ridurlo al solo presente: “Presente del passato, presente del presente, presente del futuro” (il presente del passato è “la storia”; il presente del presente è “la visione”; il presente del futuro è “l’attesa”), a me piace fare un’altra elucubrazione sul tempo, ritenendolo anche: “orizzontale” o “lineare” che ci permetterebbe di comunicare con gli altri nostri simili. Quello “verticale” potrebbe avere due accezioni: ci porterebbe a scoprire la memoria del passato e quindi a risalire alla storia dell’umanità, oppure ci porterebbe ad un passo dal Cielo per scoprire Dio, definito da Aristotele Primo Motore Immobile (Colui che, essendo “sostanza immutabile ed eterna”, imprime “il primo movimento all’Universo e assicura l’ordine perfetto di tutte le cose”). Il tempo “circolare”, invece, determina il ritmo delle stagioni dell’anno e, metaforicamente, della nostra vita, ma potrebbe darci anche l’idea dell’infinito, “immagine mobile dell’eternità”, direbbe Platone...
Ma, a questo punto, mi sembra più giusto e più semplice,
facendo riferimento al Nuovo Anno appena iniziato e neppure sotto i migliori
auspici, come tutti noi sappiamo, augurarci, per il 2024, di avere ancora “tempo”,
proponendo per tutti noi, che oggi ci ritroviamo per scambiarci un augurio e un
abbraccio, la bellissima poesia di Elli Michler, poetessa tedesca (1923-2014),
attenta alle più intime emozioni della nostra anima, come l’amore, la paura, la
nostalgia, il mutamento del tempo e le trasformazioni dell’uomo nel tempo,
dandoci il profondo senso della vita. La poesia s’intitola “Ti auguro tempo”: Non ti auguro un dono qualsiasi,/ ti auguro
soltanto quello che i più non hanno./ Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;/
se lo impiegherai bene, potrai ricavarne qualcosa./ Ti auguro tempo, per il tuo
fare e il tuo pensare,/ non solo per te stesso, ma anche per donarlo agli
altri./ Ti auguro tempo, non per affrettarti e correre, ma tempo per essere
contento./ Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,/ ti auguro tempo perché
te ne resti:/ tempo per stupirti e tempo per fidarti/ e non soltanto per
guardarlo sull’orologio./ Ti auguro tempo per guardare le stelle/ e tempo per
crescere, per maturare./ Ti auguro tempo, per sperare/ nuovamente e per amare./
Non ha più senso rimandare./ Ti auguro tempo per trovare te stesso,/ per vivere
ogni tuo giorno, ogni tua ora come dono./ Ti auguro tempo anche per perdonare./
Ti auguro di avere tempo,/ tempo per la vita. (da Dedicato a te, 1989)
Ed ecco una mia breve interpretazione critica: non un dono
qualsiasi, ma speciale perché riguarda il tempo, che non a tutti è dato di
avere (si potrebbe anche nascere e morire o non essere mai nati e quindi non
godere dell’incanto del prodigio di essere venuti al mondo, con tutte le sue
gioie e i suoi dolori). Dipende, comunque, da come il nostro tempo viene
vissuto (la responsabilità delle nostre scelte, non soltanto per noi stessi
quanto per gli altri: “il prendersi cura” degli altri, nel tempo, è la più alta
forma della continuità dell’Amore che riserviamo ai nostri cari, ma anche a chi
ha bisogno del nostro aiuto, del nostro sostegno. E riguarda anche il tempo del nostro
ben-essere (ridere, scherzare, stupirsi, amare e fidarsi degli altri degni di
fiducia e affidarsi (come fa il bimbo alla carezza sicura e tenera della sua
mamma), senza perdere più tempo. Nell’arco del tempo che ci è dato vivere è
inevitabile perdersi, ma è necessario ritrovarsi. Per questo occorre vivere ogni
giorno, ogni ora come inestimabile dono. Anche per perdonare. Ma qui ho tutta
una mia teoria che riguarda appunto il “per-dono”: non credo sia giusto per noi
umani il per-dono, perché ci metterebbe in una posizione di concessione, cioè più
in alto, al “perdonato”. Noi, tutt’al più, possiamo accettare le scuse; sorvolare con una stretta di mano sul torto subìto; evitare con un sorriso di comprensione che chi ci ha offeso senta l'obbligo di scusarsi, ma solo Dio dall’alto della
sua perfezione può darci il perdono. Mi piacerebbe il parere di chi legge
queste mie riflessioni, che potrebbero essere tutte sballate. E per oggi va
bene così. A presto. Sereno (per quanto possibile) 2024 a noi tutti e,
speriamo, per tutto il nostro Pianeta! Angela-Angelina-Lina
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