domenica 20 novembre 2022

Domenica 20 novembre 2022: Giornata Mondiale dei Diritti dell'Infanzia: qualcosa da ricordare...

È un novembre caldo/freddo/caldo/freddo con acquazzoni fittissimi e folate di vento in un turbinio di foglie da capogiro. Siamo tutti raffreddati in casa e fuori. Nel giardino ci sono ancora foglie calde di sole che si staccano dai rami dorati e vanno a coprire pavimentazione e terreno. Un soffio di vento le solleva di nuovo. Ora danzano le ore del mattino per farmi compagnia. Dalla finestrella del mio incanto vedo la magnolia oscillare, il pettirosso beccarsi il petto per togliere quella macchia di sangue che sa di ferita e tormento, la volpe in agguato lo mangerebbe volentieri, ma non si azzarda a rincorrerlo perché sa che nel volo avrà la peggio, deve escogitare qualche inganno. I gatti acciambellati fanno le fusa e mamma e papà proteggono il piccolo nato dall’ingorda volpe e dai suoi pensieri cattivi… due scriccioli ignari cercano cibo e si attardano senza la presenza di una mamma a prendersi cura di vederli volare per vivere. Guardo il mio “piccolo mondo antico” oltre la vetrata della casa ancora addormentata e mi ritornano alla mente i bambini che circa vent’anni fa l’hanno abitata: i miei adorati nipotini. Oggi sono adulti e seguono già la loro strada di studio e di lavoro con un pizzico di determinazione, coraggio e talento in tutto quello che fanno e realizzano, rendendomi fiera e felice... E oggi, guarda caso, è la Giornata Mondiale dei Diritti dell’Infanzia, voluta dalla Convenzione ONU e approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989. Ma già 120 anni fa, la scrittrice svedese Ellen Key scrisse Il secolo del bambino che condusse alla scoperta dell’infanzia (dopo l’antesignano Rousseau che aveva pubblicato Emilio o dell’educazione - 1762 - romanzo pedagogico di grande importanza per la scoperta dei bisogni infantili) da parte di psicologi, pedagogisti, insegnanti, genitori. Sappiamo, comunque, che a distanza di oltre un secolo tali diritti non ancora sono stati raggiunti neppure in Italia, men che mai a livello mondiale. Eppure il Novecento fu dichiarato proprio “il secolo del bambino”. Oltre 200 anni di storia non sono bastati a dare ai piccoli le fondamentali risposte politico-socio-culturali ai loro reali bisogni di crescita e autoaffermazione personale in vista di un futuro da vivere da protagonisti e mai più come esseri invisibili, ignorati o molto più spesso vittime sacrificali della violenza degli adulti (dallo spartano monte Taigeto alla romana rupe Tarpea fino al parricidio di Vetralla dei nostri giorni). Vi chiederete: cosa c’entra tutto questo con pettirossi, scriccioli, gatti, volpi, nipotini e la parola “talento”? Credo sia il giusto preambolo a quanto vado analizzando da un po’ di tempo, seguendo il libro di Simone Cristicchi Alla ricerca della felicità. Ebbene Simone, al riguardo, scrive: 

Ci sono cose che non si possono comprare. Sono inacquistabili addirittura nell’attuale mondo mercificato, fuori dalla portata dei miliardari e delle carte di credito placcate. Semplicemente non sono in vendita: le puoi avere solo se le conquisti, non se le acquisti. Con i soldi puoi comprare una casa, ma non una famiglia. Puoi comprare un letto, ma non il sonno. Puoi comprare un orologio, ma non il tempo. Puoi comprare un libro, ma non la saggezza. Puoi comprare una posizione sociale, ma non il rispetto. Puoi pagare un medico, ma non la salute. Puoi comprare il sesso, ma non l’amore. Puoi comprare il successo, e spesso anche chi te lo riconosce, ma non il talento.

Ma cos’è effettivamente il TALENTO?

Leggo dalla Treccani che etimologicamente Talento deriva dal greco “tàlanton” che significa “piatto della bilancia, peso, somma di denaro”. Poi scopro da altre fonti (vocabolari, riviste di psicologia e cultura generale, ecc…) che ha assunto, nel tempo, il significato di “inclinazione” (dal piatto della bilancia appunto) e, infine, di “talento”, secondo il significato evangelico (dalla parabola dei talenti del Vangelo di Matteo: parabola, che a me piace molto perché anche molto esplicativa e formativa). Dunque, talento come inclinazione, dote innata, propensione a fare facilmente alcune cose che ad altri risultano difficili; genialità, vocazione, necessità, e così via.

I genetisti affermano che è innato ed ereditario; gli ambientalisti sostengono il ruolo primario dell’ambiente nella sua scoperta e nel suo potenziamento. Ritengo che entrambi abbiano ragione. Ma probabilmente il talento è anche molto di più.

Simone continua: Il talento è gratis, te lo regalano, nasce insieme a te.

Ecco l’attinenza con i bambini e l’infanzia. I bambini sono dei creativi e “visionari” per eccellenza (“la scopa che diventa cavallo” - “l’amico immaginario”…). Bisogna scoprire per tempo i loro talenti e aiutarli a potenziarli e a utilizzarli per fare grandi cose in un solo o in più campi. Non è un caso che questo dono immenso, più della stessa vita, come andrò a chiarire secondo il mio punto di vista, ci sia stato misteriosamente e prodigiosamente dato. A chi più, a chi meno. Probabilmente chi lo ha ricevuto in piccola misura è chiamato alle scelte quotidiane della vita; chi lo possiede in grande misura è destinato a perseguire un fine nobile per quanti lo circondano o per l’intera umanità.

Sono personalmente convinta che la vita senza creatività potrebbe scorrere in maniera banale, sempre uguale e persino piena di sofferenza e insoddisfazione perché ritenuta, a torto, immodificabile. La creatività ci permette di modificarla a nostro piacimento, magari colorandola solo col pensiero, in quanto è quella qualità della mente che ci fa “rinascere infinite volte” (Fromm). Se essa poi si identifica con il talento in uno o più campi della nostra operatività esistenziale, allora possiamo veramente ritenerci dei privilegiati.

Cristicchi scrive ancora: È un’app già installata nel nostro sistema operativo, va solo trovata la password. C’è chi impiega una vita a scovarlo e chi muore senza neanche averlo cercato. Altri ancora dimenticano di possederlo, come capita alle anatre domestiche: non volano, eppure potrebbero.

Esempio diretto alle generazioni della comunicazione virtuale, propria del nostro tempo. Molto calzante anche l’esempio delle anatre domestiche, che non riescono più a volare pur essendo dotate di ali. Come dargli torto? L’esempio opposto è quello dell’albatro di baudelairiana memoria che è goffo sulla terra, ma invincibile nell’eleganza e nell’altezza del volo. Una tenera via di mezzo la troviamo nella gabbianella a cui un gatto insegnò a volare del mitico Luis Sepùlveda.

Occorre favorire per tempo la scoperta del talento. L’analisi delle “intelligenze multiple” di Howard Gardner (visuo-spaziale, linguistica, interpersonale, musicale, corporeo-cinestetica, intrapersonale, logico-matematica, naturalistica, esistenziale…) ci dovrebbe aiutare, partendo dall’assunto fondamentale che “l’intelligenza è la capacità di comprendere il mondo in cui viviamo e di risolvere i problemi ambientali, sociali e culturali che ci vengono posti in ogni momento della nostra esistenza”.

Quanto tempo perso in tentativi ed errori nell’apprendimento si eviterebbe se per tempo dessimo ai nostri bambini gli strumenti per scoprire l’area principale del proprio talento per avviarsi più speditamente verso la conoscenza di sé stessi e del mondo circostante! Quanti momenti bui di disistima, scoramento, rifiuto di apprendere e fuga dalla scuola e dalla vita (in casi estremi ma non rari) eviteremmo ai nostri bambini e adolescenti, se li aiutassimo a comprendere per tempo il proprio potenziale intellettivo e a far leva su quanto più desti in loro interesse e la forte motivazione ad apprendere “operativamente”. Facendo, cioè, leva sulla capacità/volontà di scoprire il sapere, attraverso la personale ricerca, poggiandosi anche sulla “transitività cognitiva” che permette agevolmente di passare da una conoscenza all’altra senza intoppi. Quando, invece, noi perdiamo di vista le nostre potenzialità, quando ci infiliamo nel gregge, nel flusso modaiolo, nell’andamento generale, noi rinunciamo a volare…, sostiene ancora Simone. Ed io aggiungo: rinunciamo a noi stessi. Ad ESSERE, ad ESSERCI! (continua)

 

 

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