L’anno scorso mi è giunto questo messaggio di Manuela, amatissima figlia di Nico Mori e Tea Dalmas: Mamma Tea non c’è più. E ripropongo anche oggi quanto le scrissi l’anno scorso, quasi che il tempo si sia fermato in questo arco di tempo. Ormai non conto più gli anni. Conto le assenze fisiche che sono presenze vive nel cuore, nell’anima. E il riproporre quanto già scritto non è sfiducia nella memoria dei lettori del nostro blog, ma necessità mia personale di far rivivere, nei tantissimi ricordi, le tante persone amate e che amo perché vale la pena ricordarle per farle ri-nascere:
<Le ho scritto che il cuore è sempre più “straziato” ad
ogni nuova perdita e che solo pochi giorni prima avevo avuto un incubo in cui
mi sembrava di assistere da lontano a qualcosa di spiacevole che li riguardasse.
Svegliandomi di soprassalto avevo “sentito” un pianto che mi aveva messo
tristezza e ansia per tutto il giorno. E avevo concluso: Ora so perché.
E da ieri mi tornano alla mente i tanti episodi “del cuore” che
hanno costellato la nostra vita in oltre quarant’anni di grandissima sincera
affettuosa amicizia. Il primo incontro avvenne negli anni Ottanta del secolo
scorso in una saletta in cui si presentava il primo libro di Nico Mori Non chiamarmi superficiale: un elenco di
donne amate, da amare, da scoprire, raccontato con sottile ironia e autoironia
a rendere frizzante e coinvolgente la serata. La cosa che più mi sorprese fu la
risata di Tea, sua moglie. Tra i due si leggeva una incredibile complicità,
dovuta al forte amore che li legava. Nico e Tea conquistarono letteralmente me
e Primo. Mio marito, del resto, si ritrovò in perfetta sintonia con la
scanzonata autoironia di Nico. Stringemmo subito un sodalizio durato fino alla
morte. Alcuni giorni dopo, infatti, Nico era nella Sala degli Specchi del
Palazzo di Città di Bitonto a presentare una delle mie prime pubblicazioni, non
ricordo più quale, ma sicuramente una delle mie prime sillogi di poesie. Tea
era tra il pubblico ad applaudire. E non ci siamo più persi di vista. Ormai le
nostre pubblicazioni avevano le nostre prefazioni o presentazioni. E le nostre
famiglie con i figli piccolini avevano le nostre case come luoghi di
frequentazione in cui si parlava di poesia: sogni, progetti, incanti. E
fiorivano anche i nostri libri da pubblicare, da presentare. Anna Maria, mia
sorella, con la sua formidabile voce, ci accompagnava in ogni manifestazione
culturale e letteraria, mostrando la sua grinta e la sua determinazione a “rinascere”
dopo aver perduto il suo giovanissimo e innamoratissimo Nicola, che aveva solo
trentatré anni quando, per un assurdo incidente d’auto, la lasciò con due
bambine piccolissime, frutto del loro immenso amore. Poi, dopo oltre dieci anni
di vedovanza, Anna Maria incontrò Gianni, amante della scrittura pure lui, che
si rivelò ben presto ottimo marito e premuroso padre per le due bimbe di lei e
i suoi tre figli, nati da un precedente matrimonio. Purtroppo Anna Maria, dopo
un po’ di anni, dovette abbandonare la sua chitarra per alcune allergie che le
procuravano preoccupanti crisi d’asma. Ma si era sempre insieme. Si stava bene
insieme. Il primo a lasciarci per sempre, nel 2008, fu Primo e aveva soltanto
sessantasette anni, ma negli ultimi anni aveva trascurato molto la sua salute,
nonostante i nostri continui solleciti a prendersene cura. Saremmo dovuti
andare ad una visita di controllo solo un paio di giorni dopo…
E, intanto, il 2015 con grande gioia, con la SECOP, pubblicammo un libro di Tea molto importante per la sua famiglia e sicuramente di grande valenza storica per la nostra Casa editrice: Puse. Chi è Puse! Mi sembra importante conoscerla attraverso le stesse parole di Tea che vibrano in una sua lettera che precede tutto il libro: Miei cari, Ho custodito gelosamente questo diario scritto per mia madre e affidatomi dalla nonna Vinka, con l’intento, un giorno, di tradurlo in italiano, perché ne restasse memoria nella nostra famiglia. Ora il proposito è diventato realtà, grazie anche al grande aiuto di Nico e Manuela: Nico ha saputo trasformare la mia traduzione “letterale” in un testo più “letterario”, vivo, conservando ed esaltando l’ironia e la curiosità intellettuale che animavano lo scritto e le parole della nonna e tracciando utili riferimenti storici. Manuela è stata impagabile per il lavoro al pc, la correzione delle bozze e l’impaginazione.
Man mano che traducevo,
mi tornavano alla mente i tanti pomeriggi d’estate a Spalato, a casa della
nonna Vinka, dove trascorrevamo le vacanze estive. Seduta sulla sua poltrona a
dondolo, sul balcone, all’ombra dei rami di un grande fico mi raccontava della
nostra famiglia, degli zii Ivo e Branco e dei nostri antenati. In questo diario
sono citate delle persone che ho conosciuto da piccola, per cui tutto quanto
scritto dalla nonna mi è ancor più familiare. Aver tradotto questo diario è
stato per me un atto d’amore verso la nonna, i miei genitori, mio fratello, i
nostri figli. Per questo vorrei che i ragazzi avessero questo ricordo della
“none Puse” e del meraviglioso nonno Franco, che non hanno conosciuto, il mio
amato “papacci”, come lo chiamavo da piccola. Traducendo e rileggendo questa
storia, più di una volta i miei occhi si sono inondati di lacrime… ma non di
dolore, piuttosto di tenerezza e nostalgia. Spero che questo scritto abbia
anche per voi un grande valore sentimentale, come lo ha per me. Vi voglio bene.
Tea
La prefazione al libro è mia. E mi piace riportarne qualche
stralcio, per chiarire meglio chi è Puse e perché è così importante nella vita
di Tea e di tutta la sua famiglia:
Puse è innanzitutto un
atto d’amore di Tea Dalmas nei riguardi di sua madre Jelka, chiamata Puse, e di
sua nonna Vinka Sperac Bulic (e chiedo scusa per gli accenti giusti che non so
mettere), giornalista e femminista ante litteram nei primi anni del Novecento
in quella terra mittleuropea tra Italia, Croazia e Dalmazia, che ha, nella
storia di questa famiglia, come fulcro Spalato. (…). Si tratta, infatti, della
pubblicazione del diario, che sua nonna aveva scritto dalla nascita della
terzogenita, avvenuta nel febbraio del 2019, dopo parecchi anni da quella dei
primi due figli, al 1953, anno in cui con una lettera accorata Vinka, dopo
circa dieci anni di silenzio per aver chiuso il diario con le nozze della sua
amatissima Puse, lo riprende per cercare col suo amore e la sua tenerezza
materna di consolarla per la morte prematura dell’adorato Franco, stroncato da
una grave malattia cardiaca. (…). Ma Puse è anche la
straordinaria testimonianza di uno spaccato di vita che coinvolge sì due donne,
madre e figlia, quindi due generazioni a confronto, ma anche un intero popolo,
anzi più popoli con la loro tormentata storia che riguarda ideali di libertà e
soprattutto di rivendicazione di appartenenza ad un ceppo storico-culturale
piuttosto che ad un altro; ideali e rivendicazioni, che fecero di quegli anni e
di quei territori veri e propri campi di battaglie, acerbe e devastanti, a
volte anche cruente o di forte tensione propagandistica e sociale, senza
ottenere reali soluzioni di giustizia e di equilibrio tra le sacrosante
aspirazioni indipendentistiche, talvolta anche romantiche, dettate, soprattutto
in quelle terre, dagli “eroici furori” di tutto l’Ottocento e la prima metà del
Novecento (vedi l’impresa di D’Annunzio a Fiume e a Zara), e la concreta vita
quotidiana della gente comune e dei suoi sacrifici per affrontare nuove e
destabilizzanti situazioni famigliari e domiciliari come profughi o esiliati.
Esperienza che toccò anche a Puse e ai suoi figli Tea e Rafo,
che trovarono rifugio e ospitalità in terra di Bari.
*La “Storia di Puse” si conclude improvvisamente in una
fredda mattina di marzo del 1991, seduta in cucina davanti a una tazzina di
caffè, tra le dita una sigaretta mai accesa…*
Diciassette anni dopo Manuela Mori scrive di lei:
Mia nonna veniva
dall’altra parte del mare, suonava il pianoforte ed era una regina, sola e
straniera. Scappata dalla guerra, venuta nel profondo Sud del 1945. Fumava e
portava i pantaloni, ed era uno scandalo. Vedova a trent’anni e con due figli
da crescere, straniera, diversa. Capita da pochi, amata da pochissimi. A me è
toccato trovarla, una mattina di marzo. La sera prima le avevo promesso che ci
saremmo viste per stare un po’ insieme. Promessa non mantenuta. Per anni ho
sognato film dell’orrore, silenzi, distanze. Mai un sogno felice, mai un
abbraccio onirico, mai pace. L’ho amata tanto quanto mi manca. D’estate, quando
torno dall’altra parte del mare, il primo bagno in mare è per lei. È, lei.
Il mio primo incontro con la Fine.
Le medicine, la solitudine.
Una vita in salita, ladra di sorrisi.
La canzone di Natale, il pianoforte.
Il tè alla menta, le sigarette.
Il nostro ultimo capodanno insieme, solo tu e io.
Il
profumo di lavanda.
Le carte, i cruciverba, il corso d’inglese a 45 giri.
I libri
gialli e i film western.
L’italiano a modo tuo.
Il tuo
grande, sfortunato amore.
Gli occhiali rosa e la tinta peldicarota al battesimo di mio
fratello.
Il mare, i
cani.
Il pesce rosso
nella vasca da bagno perché stesse più largo.
Tu seduta sul wc a sferruzzare, che ridi mentre sguazzo nella
vasca col pesce, vestita di sana pianta.
Diciassette anni dopo, è solo ieri.
Non ti ho mai sognata, o almeno mai come avrei voluto.
Ti ritrovo nel volto di mia madre, e in un rito tutto mio.
Quando ogni anno torno dall’altra parte del mare, e davanti
agli occhi, all’alba, eccoti.
Con immenso amore,
Manuela
La Posfazione è di
Nico. Bella. Sincera fino in fondo. Esplicativa dei tanti momenti bui vissuti
in silenzio dalle due donne, madre e figlia, pur di non turbare il già scarso
equilibrio socio-economico- familiare che entrambe stanno vivendo; ed
esplicativa del travagliato momento storico che stanno vivendo l’una lontana
dall’altra:
La “Storia di Puse” si incrocia anche con la tremenda storia
dei popoli d’Europa in quegli anni: alla sua nascita, nel 1919, Zara è nel
territorio del regno di Jugoslavia ma nel 1921, secondo gli accordi
internazionali di Rapallo che ratificano il trattato di pace di Versailles del
1920, la città viene assegnata all’Italia e lei è già profuga con la sua
famiglia, a due anni, verso Spalato, in territorio croato.
Poi… poi… poi… tutti
gli avvenimenti si snodano fino all’adolescenza, la giovinezza, l’età matura di
Puse. La sua venuta con i figli a Bari.
Il resto è storia che
i nipoti conoscono benissimo e che Manuela ha sintetizzato con splendide parole
e una tenerissima poesia.
Valeva la pena di raccontarvi una storia con tanto amore e tanto dolore, vissuta da Tea, Manuela e gli altri di casa fino a ieri. Solo fino a ieri. Perché il pianto di Manuela, che ha tenuto tutta la notte tra le sue le mani di sua madre, perdendosi nei suoi occhi offuscati, diventi oggi la nostra preghiera, che raggiungerà, ne sono certa, Tea e Nico che si stanno abbracciando tra le stelle…> A presto. Angela/lina
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