Oggi è 30 agosto 2023. Sono passati centodieci anni dalle nozze d’oro di mio nonno (di cui parlo sempre nelle mie poesie e nei miei romanzi, tutti a lui dedicati) e di mia nonna Angelina, di cui porto il nome, ma non la personalità. Credo di somigliare di più al nonno, per via di voler sempre raccontare storie, come lui mi ha insegnato. Io ero solita paragonare mio nonno-papà al sole, luminoso e tenero, e mia nonna (nonna e basta) alla luna, suo satellite, che non si stancava mai di ruotare intorno a lui pur conservando una sua autonomia di donna forte e dignitosa, nonostante le sue fragilità, dovute alla perdita di tanti figli, 11, di cui per miracolo si era salvata solo mamma. Nonno-papà aveva conosciuto quella fanciulla di straordinaria bellezza, che aveva 13 anni meno di lui e subito aveva voluto sposarla. Ignaro delle lacrime che avrebbero pianto insieme per i tanti bambini, perduti al loro sorriso, che avremmo imparato a conoscere negli anni trascorsi insieme.
Ma, a questo punto, mi sembra giusto fare una sintesi dei romanzi a loro due dedicati, rivolgendomi soprattutto a mio nonno, per parlargli come ho sempre fatto e continuo a fare per sentirmelo più vicino:
<E l’anno dopo festeggiasti con lei e con tutti noi le nozze d’oro. 1963 Fu una bellissima festa. Era il 25 agosto. Il sole illuminò il vostro immarcescibile amore. Per la circostanza, zio Padre Leonardo, che era venuto per officiare il rito religioso, aveva per tempo mandato una lettera con un vaglia per nonna: voleva che mettesse una dentiera (l’implantologia era una pratica chirurgica di là da venire) per sorridere senza reticenze e soprattutto perché potesse finalmente masticare bene senza rovinarsi lo stomaco. Era quello il suo regalo. E così lei poté sfoggiare quel sorriso smagliante, felice di rivolgerlo a te e a tutti noi. Mamma e babbo vi regalarono nuove fedi di oro lavorate a mano. Bellissime. Fu una giornata memorabile. Per Primo, invece, fu una giornata difficilissima. Si fece il lungo viaggio nella corriera (e soffriva di mal d’auto!) per potermi incontrare e si fece il giro di tutto il paese in attesa che potessi uscire almeno per un rapido abbraccio. In realtà, solo nel tardo pomeriggio, tu con una scusa, e intuendo il motivo della mia pena e della mia ansia per lui, mi mandasti con Anna Maria a fare delle compere, per darmi la possibilità di vederlo. Lo incontrammo all’angolo della strada, stanco e annoiato. Irritato. Aveva trascorso quasi tutto il giorno in villa per potermi semplicemente salutare. Miracolo dell’amore: Primo non era tipo da sacrificarsi tanto per una persona. Fui felice di constatare che io non ero una, ma la persona, con cui aveva cominciato una storia d’amore semiclandestina da oltre quattro anni e… gli ostacoli erano davvero tanti. Era stato l’anno precedente che tu, d’estate, lo avevi conosciuto sulla spiaggia di Manfredonia e mi avevi detto che ti sembrava un africano e che mi ero fermata alla prima bancarella, pur avendo tante possibilità di scelta, ma saggio com’eri non ti fermasti a quel primo commento che, tutto sommato, ti sembrò un pregiudizio dettato dalla sua bassa statura. Infatti, durante il Natale di quel memorabile 1963, qualche mese dopo il vostro anniversario di nozze, chiedesti perentoriamente a mamma e babbo di accoglierlo in casa perché entrasse a far parte della nostra famiglia e non si ripetesse più quanto era accaduto il giorno del vostro anniversario. E venne finalmente accolto. Ancora una volta tu. A districare i nodi irrisolti della mia vita, incapace com’ero di sapermela cavare da sola o di rivendicare i miei diritti, nonostante le conquiste di maggiore libertà di quegli ultimi anni> (rielaborazione in estrema sintesi de Le piogge e i ciliegi (SECOP edizioni Corato-Bari, I e II vol.).
E, pensando al vostro meraviglioso amore e al mio ingarbugliatissimo amore, più breve nel tempo, ma ugualmente intenso e appassionato, voglio concludere con una frase poetica di Vivian Lamarque, conosciuta e ammirata al Salone del Libro di Torino di un bel po’ di anni fa:
“Con un filo d’oro la vorrei a me legare. Poi, come prova d’amore la vorrei per sempre liberare” (Vivian Lamarque, Poesie 1972 - 2002)
A prestissimo. Angela
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