È vero. Ci sono tanti argomenti più importanti di cui parlare ora che abbiamo messo a tacere quanto mi stava a cuore raccontare. Ci sono accadimenti significativi e belli (pochissimi) su cui focalizzare la nostra attenzione (i compleanni, gli onomastici, i matrimoni, gli anniversari, la nascita di un bambino - ma perché nascono ancora i bambini? In questo mondo che naviga ormai a rovescio e fa sempre più paura? - gli auguri, i sorrisi, le icone con cuoricini e battimani) e accadimenti devastanti che ci colpiscono al cuore, mettono in discussione la nostra umanità, ci fanno sentire indegni di abitare questo nostro Pianeta che di azzurro ha soltanto una bella fiaba che le foto degli astronauti, dal 1961 (quando Jurij Gagarin, il primo astronauta russo lanciato nello spazio, lo identificò tra miliardi di stelle e così lo definì) di tanto in tanto ci propinano, per lasciarci uno scampolo di azzurrità in un mondo che si va facendo sempre più nero.
Evito di parlarne perché temo le strumentalizzazioni dei
punti di vista personali sui social che accendono reazioni a catena, spesso
molto violente e faziose, che niente hanno a che fare con il confronto e il dibattito
dialettico. Quasi sempre, anche se raramente, azzardo a dire la mia “a
posteriori”, per non trinciare giudizi affrettati, che sanno di “pregiudizi”
senza prendere atto delle varie possibilità dei torti e delle ragioni, dei come
e dei perché, e così via.
Ecco allora non mi resta che pensare a qualcosa di più
frivolo, se vogliamo, che a volte frivolo non è: argomento estate e relative
vacanze. Mare? Montagna? Collina? Lago? Campagna? Viaggio? Come, dove, quando?
Occorre pensarci per tempo per non trovarsi spiazzati e stanchi già prima di
partire. Io amo il mare a prescindere. E amo viaggiare. Cioè, amavo viaggiare.
Ora ci penso mille volte “a causa di forza maggiore”. Io pure pure azzarderei,
ma subentra la giusta riflessione su quanto lavoro in più debbano fare i miei
cari per portarmi di qua e di là con la carrozzella. Loro protestano. Io mi
rimetto nelle loro mani-braccia-gambe e al loro buon cuore. E quasi sempre
troviamo un compromesso. La meta principale è il mare del Salento, dove avevo
in passato alcune multiproprietà, quasi tutte vendute nel corso degli anni per
le mutate esigenze della famiglia, oppure date in proprietà ai figli. Quasi
sempre ci dividiamo i periodi perché io possa usufruire più a lungo delle
vacanze e godere più a lungo del mare.
L’anno scorso mi capitò un’avventura che ha del prodigioso e
voglio raccontarvela.
Soggiornai in una multiproprietà del Salento dapprima con i
miei di casa per quindici bellissimi giorni e poi mi raggiunsero le figlie che
vivono a Roma senza Giuliano, impegnato nella sua Radio Rock anche nei mesi
estivi. Ebbene, tutti si presero cura di me con infinito amore, ma ebbi
purtroppo un brutto impatto con la gestora del Resort per via del contratto in
scadenza: avrei dovuto rinnovarlo, ma non lo avevo ritenuto opportuno date le
mie condizioni fisiche. Questo comportò un difficile rapporto con la suddetta
negli ultimi giorni di permanenza. Un giorno più infelice di quelli precedenti,
le mie ragazze, per farmi distrarre e mettere al bando la malinconia, mi portarono
al mare di Sant’Isidoro. Qui dall’alto di una collinetta potevo vedere la
distesa azzurra che tanto amo. E se ne andarono in perlustrazione per scoprire
qualche caletta di facile accesso con la sedia a rotelle. Ero chiusa nei miei
tristi pensieri quando le due perlustratrici mi raggiunsero con una persona che
disse di chiamarsi Angelo. In men che non si dica, prese il mio velocipede e mi
portò giù in riva al mare, dove altri angeli in carrozzella (e non) si presero
cura di me con mille sorrisi e tanto calore umano. Mi trovavo tra i “Portatori
Sani di Sorrisi”, un’Associazione, senza scopo di lucro, gestita da Sabrina
Rizzo con Angelo Caputo (il mio Angelo) e altri “addetti ai lavori” che fanno
volontariato h. 24 con un impegno, una cura, una passione davvero encomiabili.
E senza chiedere un solo euro a quanti beneficiano di una struttura altamente
attrezzata e qualficata per ogni tipo di disabilità. Le molteplici attrezzature
erano a disposizione anche delle famiglie. Gratuitamente.
Piansi calde lacrime quel giorno. Di gioia, gratitudine,
riconoscenza per il miracolo che mi stava riconciliando con gli esseri umani e
con la vita. E il giorno dopo feci il bagno con Sabrina, Angelo, Lorenzo, Leo.
Felicità. Dopo parecchi anni di desiderio di mare senza mai più incontrarlo a
pelo d’acqua. Una ri-nascita.
Gli angeli esistono. I miracoli pure. E quest’anno spero di
tornare tra le loro ali che sanno d’azzurro, come il loro grande cuore…
E anche oggi vorrei concludere con tre poesie che riguardano
il mare, naturalmente, da dedicare a tutti i “Portatori Sani di Sorrisi”. A
tutti voi che mi leggete. E sorrido anchio perché siamo insieme e ci vestiamo
d’azzurro. Grazieeee. Angela/Lina
Quando andrai al mare
non dimenticare i miei occhi
a riempire panieri di onde
fiorite di lapislazzuli e stelle marine
per gl’inverni che verranno.
L’abbraccio di sale sulla pelle di sole.
Il tempo che rimane
e quello che sogni di conchiglie
ed echi di mare ha trascinato
con la sua rete di frodo.
La nenia delle barche il rombo dei motori.
Le mani a nido sul volto levigato
e gambe a falce tra spruzzi di panna
a navigare allegria.
Oggi abisso di rimpianto è il mare
di piedi nudi disuguali e una scia
d’azzurro senza più la libertà di osare
eppure gli occhi sono ancora
approdi d’oceani alla sconfitta dei giorni
su passi dimentichi della riva
(faro e conchiglia per rinascere schiuma)
Nutrimi di mare
Portami nel secchiello ancora il mare
perché possa sentirne la carezza l’odore.
Raccogli per me bianche conchiglie
addormentate nella sabbia dorata,
sognanti fanciulle in attesa di un castello
e del principe azzurro e il primo bacio.
Nutrimi di mare.
Dissetami di onde e di alte maree
(da qualche parte ha pensieri di perle
e conchiglie di canto notturno la luna)
Se oggi sogno un porto sicuro,
non dirmi che sono stanca di navigare.
Nel guscio di noce che mi finsi barchetta,
bianca vela di carta leggera incollai,
per non andare lontano in cerca
di facili approdi al riparo di un faro.
Persa nei miei sogni di bambina
che attraversava tutti gli oceani
ad un passo dalla riva.
C’è stato un tempo che il mare
era suono di chitarre, nenie di sirene
e verdi vele corsare
a osare avventure di lacca e bandiere.
O delle rinate stelle ad ogni buio.
Cielo incantato dalla mia risata:
tintinnio di mille forzieri e un solo soldino
per tentare a testa o croce la sorte,
tra fondali di corallo e una sfida di baci…
E la riva guardata da lontano
e il puntino nero l’ansia di mia madre
all’orizzonte rovesciato di ombrelloni
a spicchi di sole su giochi bambini
con fiabe colorate da ascoltare.
Oggi più non m’appartiene il mare,
ma sussulto d’acque e d’antichi richiami
è il nastro azzurro oltre i campi e le case,
che i miei occhi a festa cinge con sventolio
di mani nei giorni vestiti di silenzio
sulla terrazza assolata della mia casa
(sì, è ancora lì a sorridermi il mare…)
Voglio tornare al mare
Richiamo d’azzurro in questa tregua
di giorni di pioggia e di vento
presenti alla collina.
M’invita il mare ad ogni squarcio
di nubi radenti e una briciola di sole.
Portami dove la sabbia è d’oro fino
dove mi viene incontro
il tuo cuore bambino
che sogna sulla battigia l’antico
castello della festa
e un volo d’aquiloni a ridere di cielo.
Tra il frinire di cicale e siepi di ligustro
ai miei fragili sogni offri riparo
(e una vela bianca a portarmi
dove
finisce il giorno).
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