E siamo al 20 dicembre, ad un passo dal Natale. Dicembre. Un mese di compleanni, come già detto. Oggi festeggia da qualche parte i suoi lunghissimi anni, lunghi più dei miei, il mio carissimo amico di una vita Biagio: mattacchione, sempre con la battuta pronta per strapparmi un sorriso. Eppure la vita non è stata generosa con lui. Quarant’anni fa dovette fare i conti con la perdita di Rosa, sua dolcissima compagna, suo malgrado, perché strappata all’amore immenso di suo marito e dai suoi tre figli, tutti in tenera età, da un “neo” che le procurò due anni di devastanti sofferenze con l’amputazione di una gamba e la fine già scritta negli occhi disperati di Pino, suo figlio maggiore appena dodicenne, se non ricordo male. E delle sue sorelle ancora piccoline, e forse ancora ignare di tanto dolore. Rosa era bellissima con la sua folta chioma rossa e tante lentiggini dorate sulle guance di pesca. Eravamo bambine quando ci siamo incontrate nello stesso quartiere e abbiamo stretto un patto di amicizia per la vita, oltre la vita. Biagio s’innamorò perdutamente di lei appena la vide. Poi, abbiamo avuto tante esperienze parallele e intrecciate negli stessi anni: matrimonio, figli, serate in semplicità e allegria nelle nostre case, fino al suo male a divorarla, a divorarci. Quante lacrime si fusero inconsolate tra me e Biagio, silenziose e senza un appiglio di salvezza. Quanto dolore condiviso.
Poi, Biagio incontrò Rina, che ha
fatto da mamma ai suoi figli e asciugato le sue lacrime con comprensione e
generosità. Con straordinaria forza e attenzione per tutti. E c’è stato sempre
per me un posto nella loro casa, nel loro cuore. Ma gli anni che passano sono spesso
impietosi per ciascuno di noi in vario modo. Dopo altre devastanti perdite e
sofferenze, Rina e Biagio sono ancora insieme, anche i problemi di salute sono
aumentati per entrambi. Ma Biagio non manca di tanto in tanto di farmi sentire
la sua voce scanzonata per sorridere dei nostri non lievi acciacchi e per
stringere in un nodo indissolubile la nostra bella amicizia. Più tardi sarò io
a chiamarlo per augurargli un nuovo compleanno, nella speranza di riuscire a
strappargli un sorriso. Ma sono quasi certa che sarà lui ancora una volta a farmi
ridere. Incrocio le dita e gli dedico due versi beneaugurali: Fulgore di fiori/ nella tua casa/ a portare
frammenti di luce profumata/ nei giorni dei passi danzanti/ nelle stanze della
giovinezza/ che ci apparteneva/ nei sorrisi d’antica amicizia/ e cuore rinnovato
ogni giorno/ di rinnovata allegria./ Ogni paura dimenticata./ Ogni sentimento
centuplicato/ di distanza e mai assenza/dell’anima./ Il tempo impietoso/ ci ha
vinto nel corpo piegato/ ma una commozione ci vince/ e ci salva/ al richiamo delle nostre voci/
(oltre i lunghi silenzi/ che mai ci appartennero…).
E il 23 dicembre festeggerà con
Primo e Cris il proprio compleanno tra le stelle un altro amico del cuore Nico,
sempre presente ai miei giorni, con le sue radici di luce, di ironia e di
poesia nella mia anima. Desidero qui ricordarlo con uno stralcio della poesia
“Metà di me” da Al confine di me (Secop, 2015), in cui c’è tutta la sua personalità
di molteplici perché, tra la necessità di vivere nel mondo del lavoro, con
onestà, competenza, coerenza, e l’incoercibile bisogno di immergersi nel mare
(suo habitat naturale) con infinita poesia, alimento quotidiano del suo cuore e
della sua anima: Metà di me non mi
appartiene/ naviga/ dove il chiaro dell’aurora boreale/ si stempera nel blu
infinito della notte./ Metà di me si dissolve in milioni di grani/ e si sparge
e combina/ in simpatia con miliardi di atomi/ sulla linea d’ombra/ al limite di
ogni verità/ dove certezze sconfinano nel dubbio/ e l’umano sapere è attonita
coscienza dell’immenso./ Metà di me non mi appartiene, naviga/ tra l’Orrido e
il Meraviglioso/ in consapevoli teorie dell’incanto/ verso lontani/ magici
bagliori…
In risposta a tutto questo, mi
sembra giusto fare riferimento a una lettera di Herman Rojas, lontano amico di
tutti noi amici poeti, quando era semplicemente un poeta cileno scappato dalla
sua terra perché ribelle al regime militare di Pinochet, e amico fraterno di
Nico anche dopo il suo ritorno in patria. Questa lettera è di solo qualche anno
fa. Dopo un lungo silenzio poetico di Nico… Le omissioni sono mie per via di
una lettera molto lunga e ricca di ricordi e di sollecitazioni a tornare a
pubblicare le sue poesie, di cui tutti avvertivamo la mancanza: Caro Nico (…) non lasciarci senza la tua parola, senza i tuoi sogni, senza la tua
folle geografia italica, senza il tuo mare, senza la tua tenerezza. Vai oltre i
“confini di te”, con tutta la forza che hai, non fermarti, non spegnerti (…).
I nostri confini sono come l’utopia alla
quale non rinunceremo mai. Perché tu e io siamo l’orizzonte e, insieme, noi
siamo l’utopia. Pescatori di meraviglie, ricordi? A costo di annegare nei mari
della luna. Ti abbraccio con l’immenso affetto di un fratello. Germàn
(lettera contenuta nell’ultimo libro di Nico Mori PESCATORI DI MERAVIGLIE e altre storie (Secop, 2020).
Germàn è venuto solo un paio di
mesi fa a Bari per incontrarci. In un ristorante per poter brindare insieme al
nostro ritrovarci dopo tanti anni. Manuela, l’amatissima figlia di Nico, ha
fatto da tramite. e suo marito Carlo. Una serata indimenticabile con Raffaella,
mia figlia e Peppino suo marito e editore SECOP, Nicola e Anna Paola, i miei
adorati nipoti, Anna Maria, mia sorella, “voce” graffiante e meravigliosa del
gruppo di poeti di cui facevamo parte, e Gianni, suo marito, anche lui apprezzato
scrittore e poeta. Ed è stato un incontro ricco di commozione e di ricordi.
Intensamente vissuto tra inevitabili tenerissimi amarcord della nostra giovinezza
di incanti, e calici levati per augurarci di rivederci ancora e ancora...
Ed è così che mi piace salutarvi,
oggi, in attesa del Santo Natale e degli altri miei figli che vivono a Roma. Sereno
Natale a tutti, in un’atmosfera di “incontro” e di “abbracci” finalmente reali,
nelle nostre case, illuminate dalle luci degli alberi di Natale, dei presepi,
della tenera carezza di Gesù Bambino al nostro cuore… Angela
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