Da qualche TEMPO prometto sempre di parlare ancora del TEMPO per continuare a confrontarci e a riflettere sulle innumerevoli accezioni che il TEMPO ci suggerisce perché esiste solo attraverso i nostri occhi. Senza la nostra testimonianza nel mondo, il TEMPO, in quanto pensato da mente umana o mente “diversamente” intelligente (anche gli animali e le piante lo sono), non esisterebbe.
E ciascuno ha una propria visione del tempo, una propria
misura. Ma tutti sappiamo che il tempo vissuto in allegria sembra passare più
in fretta, mentre quello che “sopravvive” alla noia non passa mai. Pensate alla
significativa filastrocca di Jacques Prévert, intitolata “Compito
in classe”: Due e due quattro/ quattro e quattro otto/ otto e otto
fanno sedici.// Ma ecco l’uccello-lira/ che passa nel cielo/ il bambino lo
vede/ il bambino l’ascolta/ il bambino lo chiama:/ Salvami/ gioca con me/
uccello!/ Allora l’uccello discende/ e gioca con il bambino// Due e due
quattro…/ Ripetete! dice il maestro/ e gioca il bambino/ e l’uccello gioca con
lui…/ Quattro e quattro otto/ otto e otto fan sedici/ e sedici e sedici che
fanno?/ Niente fanno sedici e sedici/ e soprattutto non fanno trentadue/ in
ogni modo/ se ne vanno.// E il bambino ha nascosto l’uccello/ nel suo banco/ e
tutti i bambini/ ascoltano la sua canzone/ ascoltano la sua musica/ e otto e
otto a loro volta se ne vanno/ e quattro e quattro e due e due/ a loro volta
abbandonano il campo/ e uno e uno non fanno né uno né due/ uno a uno ugualmente
se ne vanno.// E gioca l’uccello-lira/ e il bambino canta/ e il professore
grida:/ Quando finirete di fare i pagliacci!/ Ma tutti gli altri bambini/
ascoltano la musica/ e i muri della classe/ tranquillamente crollano./ E i
vetri diventano sabbia/ l’inchiostro ritorna acqua/ i banchi ritornano alberi/
il gesso ridiventa scoglio/ la penna ridiventa uccello.
Ma è di altre scorribande avventurose del tempo, in una
stessa giornata dall’alba al tramonto e poi la notte fino alla nuova alba, che
è bello raccontare.
E l’ispirazione me l’ha data un bellissimo dono natalizio
di Ombretta e Daniela, le mie due figliole che vivono a Roma: una
lampada che proietta al soffitto miriadi di stelle e riverberi rosati
dell’aurora che cambiano man mano che si fa alba con colori più perlacei e poi
dorati e ancora rosso rubino dei tramonti infuocati fino a sperdersi nel buio
acceso di miliardi di stelle. Meraviglia delle meraviglie! Motivazione: perché
tu possa continuare a scrivere incanti e poesie! Mio pensiero intimo: così
azzero ogni possibilità di chiudere gli occhi per un auspicabile, anche se
brevissimo, sonno ristoratore!
Ma intanto la lampada magica mi ispira altre considerazioni
sul tempo che attraversa un solo giorno, come già esplicitato. E spero di farci
insieme buona compagnia. Fingiamo di essere pittori e di dipingere il giorno,
come ha fatto un giorno lontano, millenni di millenni di giorni fa, il
nostro Creatore.
L’aurora è un filo dorato che bacia l’orizzonte ed esalta le
ultime stelle che le fanno compagnia. Sirio sorride luminosissima verso est. I
greci, per esempio, la chiamavano “la sfavillante”, dal greco: “Splendente” o
“ardente”. Ed era la stella che segnava l’inizio della maturazione dell’uva
(cfr. Enciclopedia Italiana Treccani).
L’alba stempera quell’oro in madreperla, rendendo prezioso
omaggio al giorno che verrà e che già si fa strada col sole che sorge e sorride
al cielo. E vorrei riportare qui un ricordo di tempi lontani, quando il giorno
aveva sapore di panna e zucchero filato/ e bicchieri colmi di
bianca spuma/ e vincotto da mangiare/ al fuoco riverberi
d'inverno/ e bracieri accesi / e
racconti come fate in volo/ e le voci mai
lontane / fiondate nel cuore… (a.d.l.)
il pomeriggio si colora di porpora per i tramonti che non
conoscono respiro e ai navicanti intenerisce il core, emozionandoci
con padre Dante. Quanti tramonti infuocati mi hanno rapita sulla
terrazza romana di Ombretta. Con una striscia luminosa e incantata di
cielo-fiume a scoprire lentamente la sera. Con alcuni versi di Ombretta che mi
uncinano alla luna, alle stelle: … e accorsero le nuvole,/ in un
girotondo di gigli,/ a consolare la luna…/ “Mi sono persa” disse lei al loro
avvicinarsi…// “Non puoi perderti… il tuo posto è sempre qui…/ puoi girarti…
ballare… farti piccola e immensa…/ puoi nasconderti o brillare…/
puoi fare capriole su te stessa…/ o farti virgola tra le stelle…/ ma rimani
sempre nella parte più bella del cielo…/ lì dove batte il suo
cuore!”
E la notte si fa prodigio con le parole del poeta e
scrittore portoghese Eugénio de Andrate, pseudonimo di José
Fontinhas Rato, in una poesia intitolata “Cerca la meraviglia”: Dove un
bacio sa/ di barche e nebbia./ Nel bagliore rotondo/ e giovanile delle
ginocchia./ Nella notte incline alla malinconia.// Cerca./ Cerca la meraviglia.
Poi, due-tre giorni fa mi ha imbrigliato su FB una prosa
tenera e dolente di una mia amica carissima, di cui conosco sensibilità e
generosità: Cettina Fazio Bonina. Ebbene, anche Cettina parla di
certe notti… Ma ecco il post, che desidero ardentemente condividere sul nostro
blog perché ci faccia riflettere e confrontare tra noi: Non c’è niente
di peggio che perdere un amico perché non pensava di avere qualcuno con cui
parlare, quindi… Anche nelle mie notti il telefono è sempre acceso, la porta è
sempre aperta, e una bevanda può essere versata facilmente. Sosteniamoci a
vicenda! Per dimostrare di esserci sempre. E le parole non
servono.
E che dire dei versi di Anna Mininno, che noi
tutti conosciamo per la presenza assidua e affettuosa sulle nostre pagine? Il
titolo della poesia dice e non dice. Sottolinea un mistero che andremo a
sgrovigliare: “Punto”. Non smetterò/ Tempo o non tempo/ Ai confini
della terra/ Ai confini del cielo/ Dove incalza ed è fermo/ Dove il principio e
la fine/ Si fondono nell’attimo/ Che tu sei/ Che io sono/ Noi che ci spiavamo/
In attesa del domani/ Che non fosse incongruente/ Come tu sei/ Come io sono/
Nell’economia di un progetto che/ Io mai saprò/ E che tu non sai/ Noi, anime
incompatibili/ Nell’immensità che non sei tu/ Che non sono io/ Non smetterò/ Di
cercare il punto di leva/ Per l’equilibrio/ che non mi dai/ Che non ti do/ Noi
fari/ Noi tormentati nel buio del giorno/ E della notte
Ma bella, non c’è che dire, è anche la poesia di Antonella
Coletti, che già conosciamo per i suoi versi sempre veritieri e per questo
anche spesso amari. Non ha titolo, ma riassume in sé l’intero giorno con tutte
le sue intense metafore e sinestesie. Potrebbe essere una conclusione, almeno
per oggi: Vivemmo “un giorno breve/ come le rose”./ Ci aprimmo un
giorno/ come finestre sui Campi Elisi./ La bellezza era/ il nostro correre
disuguale sulle piazze lucide./ A Mon Martre la pioggia ci sorprese/ su una
panchina addentata da un profumo/ di vernice rossa./ Ma forse era solo
tramonto/ concesso a un clochard./ Tutto si svolgeva senza/ che noi
accadessimo,/muti e distratti/ verso Notre Dame.
Poi scopro su FB una poesia di Mariateresa Bari,
intitolata “A braccetto”. Mariateresa non ha bisogno di presentazioni tanto è
da sempre presente nel nostro blog. E neppure i suoi versi, di cui ci fa
quotidianamente dono. Eccoli: Lasciare scie di memorie/ sui fogli della
notte che sbiadisce/ fogli smozzicati// Saettano voci nelle vie/ creano crolli
i rimpianti// Nello spazio accartocciato/ si sparge il vuoto/ a braccetto del
verde appena nato
Queste ultime poesie potrebbero contenere un tempo senza
tempo in un giorno ritrovato, inventato, vissuto o solo ipotizzato. Tra
illusione delusione e un filo d’erba appena nato. Potrebbero essere rimpianto e
nostalgia. Potrebbero farsi speranza o attesa. O niente. O tutto. Potrebbero.
Viva l’immaginazione e la fantasia: rendono più misteriosa e veritiera, in
tutti i suoi mille colori, la realtà quotidiana.
E “domani è un altro giorno…”. “Via col vento” è solo un ricordo lontano, un sogno, un richiamo… Possiamo ritrovarci e riprovarci! Che ne dite? Angela
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