lunedì 13 novembre 2023

Lunedì 13 novembre 2023: Il racconto di una "canara" che mi sta molto a cuore: SELVAGGIA C SERINI...

E comincia una nuova settimana in questo tempo che vola veloce e mi lascia senza respiro, ma leggo un racconto di Selvaggia C Serini, preziosissima traduttrice dall’inglese durante la giornata romana dedicata al suggestivo rito del Premio Gjenima da parte del grande poeta, scrittore e saggista Gjeke Marinaj, e mia tenerissima e coraggiosissima amica, la mia “Gazza” del cuore. Questo il suo breve ma intenso racconto:

<Sì, possiamo dire che sono una canara. Quando ho deciso di prendere un cane mio, ho letto libri, studiato alimentazione, poi portato il cane a educare. 

Il risultato, con Fry, è altalenante. Ha molto carattere e non si stanca se vuole qualcosa.

L'unica cosa però di cui mi pento davvero è stata di averlo "lasciato piangere" come tutti gli esperti mi avevano consigliato, la prima notte. Avrebbe dovuto addormentarsi in un'oretta, ha tirato fino alle 6, e io con lui, dall'altro lato della porta.

Alle 6 ha smesso di piangere. Ho aperto la porta. Mi si è messo in braccio come un cucciolo d'uomo. Non è un cane che si adatta alla solitudine. Ama tutti.

Quando ho scelto Pixie, aveva dei grandi occhi neri da bambina impaurita.

Non era proprio socializzata come dicevano, non voleva nemmeno camminare, poi eravamo in quarantena e non si poteva avvicinare altra gente coi cani. Lei si è innamorata di mio marito Francesco, la cosa è stata quasi immediatamente reciproca, e via così. 

Pixie è paurosa. Deve cercarti lei. Decidere se essere toccata.

All'inizio, dormiva nel kennel.

Una notte, una tempesta tremenda. Per la prima volta si lagna e non ulula.

Quando inizia ad ansimare come se avesse un attacco d'ansia o un infarto, prego Franci di liberarla.

È stata la prima volta che ha dormito con noi, sgomitando Fry e prendendosi tutto lo spazio in verticale tra me e Franci, e guadagnandosi così la definizione di Cagna Lungagna.

È strano, amare un cane.

Perché non c'è ambivalenza, quella che invece c'è sempre nei rapporti con gli altri esseri umani.

Non portiamo rancore ai cani come loro dimenticano all'istante che gli hai pestato la coda, mentre tu sei lì a scusarti.

È strano essere amati da un cane.

Non credo che lo meritiamo, tutto quell'amore. Chissà loro come lo chiamano. Chissà cosa gli passa per la testa, o nella coda, quando ci amano.

Stamattina, dormivo dopo il quarto ricovero in pronto soccorso in un mese.

Dopo un'estate di bellezza, pago un autunno di dolore.

Sono stata via due notti.

Stamattina, mentre dormivo, mio marito ha notato che la mia Cagna Lungagna, quella paurosa, quella diffidente, mi ha abbracciata come una madre.

Si è avvicinata, e mi ha stretta con la zampa. Io ho dormito bene e senza dolore per la prima volta in tre giorni.

Chissà che cosa le è passato per la coda>.

Breve, tenero, ironico, poetico, coraggioso questo racconto di Selvaggia. In poche righe ha avuto l’abilità, per me sconcertante, di parlare delle caratteristiche comportamentali di due cani, del suo coraggio nell’affrontare i ripetuti ricoveri in strutture sanitarie diverse, oncologiche, di Francesco, suo attentissimo e innamoratissimo marito.

-          Bio-Bibliografia: Selvaggia C Serini

Selvaggia C Serini, che ha la peculiarità di non rendere noto o mettere un punto al proprio secondo nome, è sempre stata un'amante della vita.

Nata appena fuori Roma, al fresco dei Castelli, è venuta alla luce con due mesi di anticipo, tanto era impaziente di vedere cosa ci fosse fuori!

Dalle primisssime poesie, scritte da bambina, ai racconti e ricordi familiari trascritti che preferisce tenere in una piccola cerchia di amici, non ha mai smesso di giocare con le parole.

È un'insegnante, ora in pensione per motivi di salute, che comunque non le impediscono di osservare il mondo e catturarne tutta la bellezza, con piccoli aforismi, poesie o fotografie.

Ha vinto diversi premi da adolescente, premi scolastici per brevi racconti e poesie, e allo stesso tempo recitava nella compagnia teatrale dell'istituto.

È traduttrice freelance da quando ha scoperto che sì, era un vero lavoro (ancora più parole!), e riesce a bilanciare questa sua passione con lavori più “seri”.

Ama ogni forma di arte, e ogni forma di bellezza. -

Diventa inevitabile, per me, parlare di Dylan, il mio ultimo cane, tanto amato ancora oggi che da tanto ha attraversato il ponte-arcobaleno dove i nostri amici animali continuano ad amarci di perenne gratuito oblativo amore.

<… Questa nuova casa mi ha permesso di riprendermi il mio cane-nuvolabianca che ero stata costretta a mettere in una pensione perché nella casa dei lunghi balconi e lunghi corridoi non c’era spazio per lui. Salti di libertà prima, ma subito dopo assalto di cani alla sua docile appartenenza al giardino di erbe e di fiori e vette d’alberi e ombrelli d’ombra. Si salvò solo per poco dalla furia dei suoi simili in branco a difendere un territorio già occupato.

Eppure questa casa di smeraldo e un respiro di pini e di rose aveva posto fine allo strazio del mio pianto e dei suoi guaiti ad ogni incontro (reso possibile dalla generosità e dall’amore per gli animali della giovane compagna di scuola di Ombretta e figlia della nostra carissima amica Dina, che spesso studiava con Lizia nella nostra antica casa del gelso e delle rose) e ad ogni nostro arrivederci. Per oltre due anni.

Il branco aveva lasciato traccia di sangue e di dolore e una lacrima a scivolargli al nostro nuovo ritrovarci dopo un mese di solitudine perché ero stata lontana. In vacanza in Salento. Come ogni estate. Nell’imperdibile mare di puro cristallo che lo Ionio mi regala. Lui, affidato alle cure d’altre mani.

Un cane che lacrima? Sì, raccolsi io quella lacrima di commosso benvenuto alla sua mamma-padrona. Dopo la ripresa, ha scodinzolato libero nel nostro giardino per altri cinque anni. In perenne attesa delle mie rare carezze e dei miei quotidiani occhi di tenerezza dal terrazzo a farlo sentire comunque amato. Poi anche Dylan mi ha lasciato con uno sguardo lungo di straziato fedele incondizionato amore mentre lo portavano, malato e stanco, a morire. Altro triste addio. Altro rimpianto. E nell’anima i tanti animali amati e perduti. Piccina, Lola, Ciccio, Fiorello, Nerina…  Neve, Luna e… 

Quella sera del suo perdersi per sempre alla mia carezza eravamo andati tutti noi al matrimonio di Raffaella, la figlia dei miei cognati Tonio e Maria Nilde, con Saverio, il suo ragazzo con qualche anno in più e tanto amore.

La mia carissima Maria Nilde, persa nelle brume incerte dell’Altrove che spero moltiplicato di stelle e di luce. Un matrimonio fiabesco tra onde di mare e un cielo d’alberi di foglie commozione sorrisi. C’eravamo tutti, tranne la madre che pure c’era tra quelle onde, quelle foglie, quei sorrisi.

Io e i miei figli stemmo tutta la sera e parte della notte in attesa di ricevere notizie di nuvolabianca dal veterinario che se lo era portato con sé nel tentativo estremo di salvarlo. Fu una notte lunga di festa sognante, ma altrettanto lunga di attesa e di pianto soffocato e da tutti ignorato. La mattina fu triste notizia della sua fuga solitaria tra le solitarie stelle, che si accendono anche del loro incolmato amore>.

E la notte si fa silenzio

              (per Dylan)

Mai più mi accadrà

di sentire il tuo respiro

in attesa del mio ritorno

dietro il cancello di casa.

Tua libertà senza confini

il cancello che si apriva

al tuo correre leggero

lungo la tortuosa strada

che a me ti riportava.

E temevo ansia di pericoli

per te che ignaro ignoravi

 ogni mio richiamo.

E le tue residue energie

misuravo da quel correre

festoso e impertinente

incurante degli anni

e di improvvisi agguati.

Alla tua gioia di vivere

mi allunavo ogni volta

in un’allegria di capriole

a dirmi il tuo stare bene

e il tuo volermi bene.

Nuvola bianca occhi teneri

morbido Dylan Dylan

sbilenco e bizzarro

tutto sbagliato tutto

come dovevi essere.

Affamato d’amore

eri tu a darmi amore

Eri tutte le bestiole

da me amate e perdute

e piante e mai più ritrovate

Eri la mia infanzia tenera

il mio cortile di rose

e Lola e Nerina e Fiorello

e Piccina e gatto Ciccio

         Neve  Luna

Il mio mondo la mia nostalgia

il mio candore di canti e lacrime

per ogni disperso richiamo.

Eri il cucciolo appena nato

occhi chiusi cuore tremante

alla vista d’un guinzaglio.

Zampine storte sguardo strabico

mi fecero di te innamorare

e giurare tenerezza e dolce cura

quasi fossi il bimbo ultimo nato

            al mio amore.

Delicato faccino bianco

pennellato di sabbia sulla

rosa conchiglia delle orecchie

attenta l’una ripiegata l’altra.

Eri cartolina illustrata e fumetto

Eri il tuo corrermi incontro

con salti di gioia per saluto.

Eri la tua tristezza

per una solitudine da giardino

che non avrei voluto regalarti

e ti accompagnò fino alla fine.

Ti giunga ora la carezza

che allora non ti ho dato

mentre ti portavano via.

Mi guardasti con pena d’addio

Forse sapesti del mio pianto

e di un dolore tuo quanto il mio…

 

Sei passato così come il tempo

l’infanzia la nostalgia il dolore

la giovinezza il sogno la speranza.

Senza accorgertene spero

attento a non ferirmi con le tue ferite.

 

(resta una voglia di pianto

 e un altro vuoto

da non potersi più colmare

perché il giorno muore

           e la notte si fa silenzio)

da A. De Leo, L’ora dell’ombra e della riva,)

E per oggi è tutto. Desidero, però, riportare qui la poesia del carissimo amico Luigi Lafranceschina dedicata al suo cane KLIMT il 27 ottobre, “Giorno dei Morti degli animali domestici che, secondo la tradizione, tornano dall’Oltre per visitare i loro proprietari e i luoghi in cui hanno vissuto…” (Luigi Lafranceschina):

KLIMT

Era un meticcio Klimt

Senza pedigree

Nato dietro la ferrovia

 Scovato da mio figlio sotto i resti

Di un divano abbandonato

E fu nostro con qualche protesta

Un netto aut aut

E un chiaro compromesso.

Mantello color latte

Di razza maremmana

Mi fu amico confidente

 E compagno di scarpinate

Antiglicemiche antistress

Quattro volte al giorno

Per più di tredici anni

Piovesse o nevicasse il cielo

Avvampasse o ghiacciasse l’aria!

Ma un giorno di marzo

Ruppe l’intesa a tradimento

Sciolse la bella compagnia

Infilò il ponte dell’Arcobaleno

Alle soglie del Paradiso

Dove mi aspetta ancora

Tra l’erba fresca e profumata.

Ma ogni tanto la sua anima

E solo quando ne ha voglia

Torna a farmi compagnia

E come sempre e come al solito

Mi annusa e mi lecca le mani!>

E ora chiudo davvero. Io prolissa come sempre non do tregua a voi che pazientemente mi leggete. Alla prossima…

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