La nebbia agl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.
(Giosuè Carducci)
La poesia di Giosuè Carducci ci viene immediatamente alla
mente, di anno in anno, l’11 novembre. Inevitabilmente. Perché inevitabilmente
e magicamente l’11 novembre il sole squarcia le nuvole e ci regala il suo
sorriso.
Ma per me l’estate di San Martino si colora di altri sensi e
significati, legati ad un mio quasi-saggio, La coccinella dalle sette punte,
che tra non molto sarà pubblicato e di cui riporto qui uno stralcio.
<Ricordo che circa un anno fa, il giorno di San
Martino, 11 novembre, scrissi proprio qualcosa al riguardo e, per alcune
riflessioni, ripresi tra le mani Alla ricerca della felicità di
Simone Cristicchi e partii dalle sue due prime parole, su cui soffermarci per
scoprire e focalizzare il bandolo della ingarbugliata matassa della nostra
vita: “attenzione” e “lentezza”. Due parole che vado ripetendo
continuamente tanto le ritengo importanti.
E, quel giorno, mi sembrò proprio il caso di ricordarle in
quanto si festeggiava appunto San Martino, il santo del mantello diviso per
donarlo a chi ne era sprovvisto.
La leggenda narra che un giorno d’autunno - molto
probabilmente l’11 novembre - mentre usciva a cavallo da una delle porte della
città di Amiens, in Francia, Martino s’imbatté in un uomo molto povero, nudo e
infreddolito. In quel giorno, in cui era proprio il maltempo a farla da
padrone, San Martino s’impietosì e decise di aiutare il povero. Senza pensarci
due volte tagliò il suo mantello di lana per donargliene metà. Di fronte a quel
nobile gesto, la pioggia dopo pochi istanti smise di cadere, il cielo si aprì e
spuntò il sole, facendo diventare la temperatura subito più mite. Martino
quella notte sognò Gesù che gli rivelò di essere lui il mendicante al quale
aveva donato il mantello. Quindi leggenda vuole che, ogni anno, ci sia
un’interruzione della morsa del freddo per commemorare quanto aveva fatto
quell’11 novembre. (cfr. il Quotidiano <IL GIORNO> 13
novembre 2021).
Sta di fatto che Martino da Tours, di nobile famiglia, nato
nel IV secolo dopo Cristo, da militare divenne vescovo di Tours e poi santo. Ma
non è solo una storia/leggenda cristiana; essa appartiene a tutte le religioni
che festeggiano i santi. C’è anche una spiegazione scientifica, che sarebbe
troppo lungo qui approfondire.
A noi basta fare riferimento all’“attenzione” che
sicuramente il santo ebbe nei riguardi del mendicante, e alla “lentezza” con
cui andava a cavallo, altrimenti neppure si sarebbe accorto della presenza
dell’uomo, “nudo e infreddolito”.
Sono tutte queste le “ben più ampie prospettive” che
si dischiudono ad ogni scoperta di nuovi orizzonti e nuovi mondi?
Ritengo proprio di sì, ma usando sapienza e umiltà, senza
mai l’arroganza di essere detentori di assolute verità.
Sì, sono queste che fanno della “scoperta” il volano di ogni
“cambiamento”. Scoperta e cambiamento e soprattutto umiltà sono altre parole
meravigliose che il nostro cantautore-attore-poeta “rapina” a Pier
Paolo Pasolini e al suo film-documentario “Comizi d’amore” del 1963.
Alla parola umiltà Cristicchi premette, tra l’altro, come
esergo, una riflessione del geniale scienziato Albert Einstein:
Chiunque faccia scienza si convince che le leggi della
natura manifestano l’esistenza di uno spirito immensamente superiore a quello
dell’uomo, davanti a cui noi, con la nostra umana debolezza, non possiamo che
essere umili. (cfr. frase di A. Einstein, https://le-citazioni.it)
L’umiltà è, dunque, una dote necessaria all’uomo di fronte
al mistero del Creato. Non se ne può fare a meno. Solo la nostra arroganza ci
fa dimenticare questa necessità.
Vorrei sottolineare, a questo punto, l’importanza dell’umiltà
dell’ascolto.
Ascoltare significa fare spazio all’altro. “Chi impara ad
ascoltare si apre al tu e al noi,” superando
il proprio egocentrismo, solipsismo e narcisismo. Impara a conoscere sé stesso,
conoscendo e riconoscendo l’altro. Con umiltà e discernimento.
“L’aprirsi all’ascolto, dunque, equivale ad ammettere la
propria finitezza, presuppone un sapere di non sapere, un essere coscienti
della perfettibilità delle proprie conoscenze, è mettersi comunque in
discussione, un riconoscere nell’altro una persona che è portatrice di ragioni
che non devono essere sottovalutate, ma appunto valutate (…) offrirsi
al dialogo e all’ascolto comporta la decisione di correre dei rischi, comporta
la messa in discussione delle proprie tesi e l’eventuale loro revisione o il totale
abbandono” (cfr. R. Arnheim, Il potere del centro, Abscondita,
Milano 2016).
E umiltà, amore e ascolto scopro nei seguenti brani in prosa
e poesia. Il primo è opera del già citato Mario Sicolo, poeta, scrittore,
giornalista e direttore di un Quotidiano on line, molto seguito nel mio paese
di origine, il daBitonto.
Il brano riguarda il ricordo del suo amatissimo padre:
… è un papà. Ed è subito una tempesta di ricordi che vibra nel cuore.
La voce soave che contava favole sul ciglio del letto e ti insegnava a sognare.
Lo sguardo verdazzurro che illuminava il sentiero dei giorni e tu non avevi più
paura di nulla. Il sorriso lieve che splendeva d’aurora, vincendo tutte le
tenebre del mondo. L’amorevole cura nel sollevare silenziosamente un lembo del
lenzuolo per ripararti la spalla dal freddo della vita. Le strambe crosticine
che nascevano sulla pelle senza un perché, come cicatrici di antichi dolori. E
poi ti chiedono: perché leggi? Per rannicchiarmi dentro la pelle dell’anima,
quando si fa sera, e perdermi dentro un labirinto di parole senza più sperare
di ritrovarmi…
Quanta umiltà nei gesti quotidiani di amore e di tenerezza
di un papà che non si risparmiava mai, nell’arco dell’intero giorno, dall’alba
alla notte, nel dialogo sempre acceso con i suoi figli. Un dialogo spentosi
troppo presto per non lasciare dolore e rimpianto. Di qui il rannicchiarsi di
Mario “dentro la pelle dell’anima”, gesto tenerissimo di umiltà e di
insostituibile amore, senza il quale persino nell’abito consueto alla lettura,
per rifugiarsi nelle parole, Mario non riesce più “a ritrovarsi”.
E di Mario scopro solo alcuni giorni fa su FB la seguente
poesia, postata dalla generosità di Mariateresa Bari, dal titolo “A chi non c’è
più”:
So che ti manca/ quel libro che parlava di dolore/ la mano
che sapeva le rughe del cuore/ la spalla da coprire con amore// Ma so pure che
ci sei/ nella voce roca del vento/ nel tremito lontano delle stelle/ nel ramo
che piange la foglia// Nella culla dei ricordi/ dorme/ l’ultimo battito/ che
non si è perduto
Il destinatario è sé stesso, quasi avesse timore Mario di
dissacrare per un attimo la immensa figura di umile amore quotidiano di suo
padre, ma “chi non c’è più” è proprio l’amatissimo papà di cui vengono
rievocati i gesti di grande tenerezza e “l’ultimo battito/ che non si è
perduto”.
E che dire dell’umiltà di Roberta Lipparini, che è cara al
cuore di tutti noi per l’assoluta sincerità dei suoi meravigliosi versi? Qui si
tratta di incommensurabile amore materno nei riguardi della giovanissima figlia
per risarcirla di tutto il dolore vissuto negli anni insieme:
Ha vent’anni ed io, di nascosto, le preparo il calendario
dell’avvento. 24 sacchettini marroni, quelli del pane, attaccati al muro del
corridoio con il nastro di carta. Sul sacchetto un numero, disegnato grande con
il pennarello. Dentro il sacchetto un piccolo pensiero. A vent’anni,
sì Perché un gesto di madre in 24 risvegli io lo
pagherei oro Perché chi ha avuto dalla vita tanti
doni di dolore, merita minuscole ricompense, tutte quelle che io posso
offrire Perché chi al mattino deve cercare dentro
di sé la forza di alzarsi, un dono bambino è una piccola spinta che fa leva sul
cuore Perché io invecchio e non sarò sempre al suo
fianco, ma nei gesti d’amore compiuti non svanirò
mai Perché in questa casa fatiscente che avrebbe
bisogno di una mano di vernice, un corridoio pieno di sacchetti di pane è un
paesaggio dell’anima Perché so che a volte l’amore
degli altri non lo sentiamo se non abbiamo un velo di malinconia dentro e i
piccoli gesti ce lo fanno più facilmente
scorgere Perché la bellezza del dare mi ripaga di
ciò che non ho ricevuto
Quanti gesti di umiltà, dettati dall’amore, si intrecciano
in queste tre pagine: una di un padre, docente, uomo che fa i conti con il
tempo che gli rimane per donarsi agli altri; una di un figlio alla ricerca
delle parole per ritrovare quelle del padre perduto alla fisicità ma
immensamente vivo nel cuore; una di una madre che si dona con tanti piccoli
grandi doni alla sua figliola, a cui offre oblativamente l’amore mai ricevuto.
Ed ecco una poesia “umile” rapinata alla Pagina FB di un
grande poeta, attore e traduttore, Rino Bizzarro, mio caro amico di
penna di antichissima data:
… Fra un sopruso e un inganno/ non sono più tanto
bianche le mani…/ … e mi ostinavo a volerle pulite/ tanto tempo fa,/ quando
eravamo giovani,/ quando eravamo poeti…/ “Un orco camminava per le strade/
portando sulle spalle due bisacce;/ rubava bimbi belli e bimbi brutti/ e poi se
li mangiava tutti tutti…”/ era la ninna nanna di mia madre:/ Tu eri tanto
bella/perché così apparivi agli occhi miei;/ io ero intelligente, il più
sensibile,/ il migliore, soltanto perché tu/ mi volesti così nel grande
abbaglio./ … Forse non eri tu poi tanto bella;/ forse che non ero che uno
sciocco, io…/ “Dormi rino dormi; deh non guardar la mamma;/ chiudi gli
occhietti belli; fai la ninna nanna…”
La ninna nanna antica, la voce della mamma che ritorna e
ritorna a regalare a Rino frammenti di ricordi e di emozioni, le paure e le
illusioni di un tempo, “quando si era giovani e poeti”, e tutto ci
sembrava bello e eterno. Poi, con gli anni abbiamo dovuto ridimensionare tutto:
valori, etica, scelte, l’amore nelle vesti della fanciulla bella come il sole e
nella personale convinzione/illusione di essere stato scelto da lei perché il
migliore…
E, invece, di un amico di nuovissima data, Luca
Crastolla, ecco brevi ma essenziali versi. Minimalisti ma non troppo.
Profondissimi:
i carillon della melanconia/ le giostrine della
nostalgia/ il canto del cigno senza armistizio/ li muove quel che fu e che
avvenne.// Di più di quel che qualcosa/ o qualcuno intravide o promise
I ricordi legati alle meraviglie dell’infanzia hanno spesso,
da adulti, un malinconico, nostalgico, inevitabile ridimensionamento. Un “canto
del cigno senza armistizio”. Un qualcosa di atteso e di non accaduto. E non
si sa mai chi o che cosa ne impedì l’accadimento. Pure, a ben guardare, tra le
righe c’è in ognuna anche l’idea del cambiamento, di una
trasformazione. In ciascuna è evidente il passaggio dal “prima” al “dopo”
con una risposta alla scoperta del mondo che è innanzitutto scoperta di sé, del
proprio mondo interiore e poi di quello esteriore, che può dilatarsi
all’infinito. Come infinita potrebbe essere la “conoscenza” che ne deriva>.
E anche per oggi basta così. Ma desidero ringraziarvi tutti dal profondo del cuore, con "attenzione" e "lentezza", per i bellissimi commenti che dedicate alle mie lunghissime elucubrazioni. Mi piacerebbe davvero aprire un dialogo-confronto con ciascuno di voi, e siete davvero tanti (e ciò mi conforta molto e mi spinge a continuare), ma fino a gennaio sono molto impegnata per i lavori che la nostra Casa editrice ha programmato: da pubblicare entro Natale. E io sono coinvolta (travolta?) come “correttrice di bozze”, che spesso è chiamata a scrivere prefazioni o postfazioni, sinossi, frasi per il retro-copertina ecc. Naturalmente, ci sono anche alcuni miei libri da pubblicare ancora, a cui spesso non riesco a dare neppure la necessaria revisione, per cui non è escluso che vengano pubblicati, perlopiù i soli, con qualche refuso. Ma spero ardentemente, da gennaio in poi, se il buon Dio mi darà vita, di “prendermi cura” di ciascuno/a di voi, lettore/lettrice del blog, perché, singolarmente, meritate la mia attenzione, il mio rispetto, la mia gratitudine. Senza di voi il blog non avrebbe più la giusta LINFA VITALE per continuare ad esistere. GRAZIE!!! Angela-Angelina-Lina
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