Prima di cominciare, desidero ringraziare la carissima Giulia Basile, che mi conforta con la sua presenza costante nel nostro blog e con le sue tenerissime parole, che sono davvero una carezza dell’anima spesso provata da problemi di salute sempre più invalidanti. Per fortuna la scrittura, soprattutto poetica, mi distoglie dai cattivi pensieri, e poi i vostri affettuosi commenti, di cui vi sono tanto grata. Grazie a Rita Vecchi, sempre cara al mio cuore. Grazie a Luigi Lafranceschina, ritrovato collega e amico di tempi migliori. Grazie a Mariateresa Bari e a Maria Pia Latorre, sempre generose nei miei riguardi e sempre attente ai miei testi. Grazie a Maria Antonietta Bellezza, mia carissima amica di una vita. Grazie ad Anna Maria Staffieri sempre prodiga di bellissimi commenti. E un grazie corale a tutti voi che mi seguite con stima e affetto ricambiati. Vorrei aver più tempo da dedicarvi. Ma sono sempre qui a scrivere per non mancare ad una mia necessità e al mio incontro con tutti voi, che mi seguite nella scrittura e nelle mie vicende personali, di cui, nel bene e nel male, vi rendo partecipi. La vita è fatta di inverni, ma anche di primavere. Ogni stagione ha il suo fascino. Ogni stagione comporta una “pietra d’inciampo”. L’importante è sapersi rialzare sempre dopo ogni caduta. Con maggiore fermezza, maggiore consapevolezza, maggiore coraggio. E riprendere il nostro viaggio da soli e insieme. Per farci compagnia e ritrovare il sorriso che ci rende più veri e più umani. Più solidali. Perché, prima o poi, la primavera ritorna… E finalmente Primavera. Bellissima la poesia “Il passero solitario” con un quasi inizio sfolgorante di bellezza e una conclusione purtroppo quasi sempre amara, tipica della poesia leopardiana. Vi ripropongo lo stralcio più saliente: a rallegrarci il “core”:
D’in su la
vetta della torre antica,
passero
solitario, alla campagna
cantando vai
finché non more il giorno;
ed erra l’armonia
per questa valle.
Primavera d’intorno.
Brilla nell’aria
e per li
campi esulta,
sì ch’a
mirarla intenerisce il core.
Odi greggi
belar, muggire armenti;
e gli altri
augelli contenti, a gara insieme
per lo libero ciel fan mille giri,
pur festeggiando
il lor tempo migliore:
tu pensoso
in disparte il tutto miri;
non
compagni, non voli,
non ti cal d’allegria,
schivi gli spassi;
canti, e
così trapassi
dell’anno e
di tua vita il più bel fiore…
Non è il caso di commentarla. L’hanno
fatto abbondantemente i nostri professori di lettere a scuola. La conosciamo a
memoria. Un tempo imparavamo a memoria persino la Divina Commedia di Dante. E penso
che non sia stato un male. Ricordare è fondamentale per non perdere la nostra
storia e la nostra identità. Mi piace, invece, il confronto. Scoprire altri
testi, altre poesie che mi suscitano emozioni da condividere.
Ed
ecco di Giulia Basile: Con la Primavera
oggi si festeggia anche la POESIA, ed io voglio aggiungerci anche l’amore per
il mio paese, a cui dedicai i versi che leggete qui, pubblicati nel mio secondo
libro di poesie del lontano maggio 1990 con prefazione di Pietro Tateo che
chiuse così: Giulia Basile ha l’infinita pazienza del vivere, del fare e del
farsi proprio attraverso la poesia. Poesia infatti
dalla sua radice greca vuol dire “fare, operare”. La poesia della Basile vuol
essere salvifica: indica la strada di un modo di essere nel mondo e di raggiungere
la pienezza dello spirito.
“IL MIO PAESE”: Quando da ragazza/ il
lavoro dei campi/ riempiva il tempo della domenica/ dalla cima di un vecchio
mandorlo/ guardavo il mio paese./ Bianche le sue case, Noci/ si stendeva sulla
collina murgese come un lungo biscotto/rigonfio al centro ancora da infornare./
Aspettavo l’eco delle campane/ dalla piazza suonate a mezzogiorno./ Era il
primo riposo/ per le mie mani bianche, consumate,/ e quando verso il vespro/
gli altri due campanili di vedetta/ mi lanciavano una corda di salvezza,/ che
fretta ci mettevo nel tornare!/ A piedi o in bicicletta/ mi pareva di volare/
verso il mio paese/ a forma di biscotto ancora da infornare.
Quanta
allegria, quanta giovinezza, libera e fiera, in questi versi che,
indirettamente con l’arrivo della Primavera, che festeggia la POESIA, è tutta
un brioso sussulto del cuore nell’amore per il suo paese, intravisto tra i rami
un mandorlo “antico” e raggiunto con le ali ai piedi, anche andando in
bicicletta. e mi viene in mente una breve poesia di Italo Calvino sulla
giovinezza, che per me è sempre metafora di primavera: La giovinezza è tante/ cose, anche una particolare acutezza dello
sguardo/ che afferra e registra/ un enorme numero/ di particolari sfumature
Di Luigi Lafranceschina nella versione italiana, “DISGELO”: Si è svegliato al sole/ il tenero pesco!/
Nei giorni di disgelo/ Spuntano le gemme/ E i fiori rosa/ E la cresta tremola a
un refolo di brezza./ Non c’è più neve/ Sui rami penduli/ E alza la chioma/
Alla soglia del cielo/ Dove in cerca di caldo/ Sciamano folletti./ Ride la
luna/ Sotto i suoi raggi/ E tinge d’argento/ Il margine del bosco/ Di cedui e
fustaie./ È primavera!/ E dalle nebbie pigre/ Risuscitano i monti./ In lontananza
uno stallone/ Scalpita sul prato./ Riprende il picchio/ A perforare i tronchi./
Piangono le larve/ A portata di becco./ In fuga la formica!
Ci sono delle perle da evidenziare in questi versi che
offrono al nostro sguardo un quadretto dinamico e suggestivo, impreziosito da
particolari che risalgono al passato eppure sono presenti nel cuore del poeta:
lo stallone nei prati in lontananza, il picchio che rompe il silenzio e il
tronco dell’albero, le larve che piangono a quel rumore assordante e per loro
fatale, la formica in fuga… Ma cosa dire del tenero pesco che “alza la chioma/
Alla soglia del cielo”? e gli ossimorici versi “E dalle nebbie pigre/
Risuscitano i monti.”?. “Ride la luna” ed è già Primavera: ridente e folle, e
visionaria a inargentare boschi e folletti. E anche il nostro cuore esulta!
Primavera è
con noi. Facciamo gli scongiuri contro un nuovo gelo a mortificarla, a
mortificarci. A presto Angela
Che dirti Angela ? Sei grande in ogni cosa che scrivi, sei grande Tu.
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