E ieri a sorpresa, tra tanta primavera, ci è piombato addosso l’inverno con la sua pioggia, la sua grandine, la sua neve, il suo vento gelido. Il cuore ha provato una stretta al cuore. Per i germogli andati in frantumi: il tiglio, il pesco, l’albicocco, il ciliegio; e tra l’erba tenerella: i tulipani, le fresie, le pratoline, le limonelle o limoncine, delicate sottili desiderose di sole. E non posso fare a meno di parlarne, di esternare il mio pianto. Come quello del giovane agricoltore foggiano per i suoi tulipani distrutti. Eppure, io amo la pioggia, i temporali, la neve che m’incanta. E la mente mi riporta indietro nel tempo, al mio amatissimo nonno della pioggia, dei temporali, della neve. Lui con me sempre.
<Non
così quando pioveva. Allora era il suono cadenzato della pioggia a cullare i
miei occhi. E la tua voce era un’eco che danzava tra le gocce del cielo, che
veniva giù, e i miei pensieri colmi di te. Sempre così la pioggia. Anche oggi
che non sono più bambina. Non dormo ma la pioggia mi calma. Mi porta da lassù
fili d’acqua cui aggrapparmi per non naufragare e per tentare ogni volta la
risalita. Mi porta la tua voce. Che mi offre un ombrello sempre più rabberciato,
ma sicuro di rifugio e protezione.
La
pioggia m’intenerisce e mi rallegra
La
pioggia ha un vago segreto di tenerezza
una
sonnolenza rassegnata e amabile,
una
musica umile si sveglia con lei
e fa
vibrare l'anima addormentata del paesaggio.
È un
bacio azzurro che riceve la Terra,
il mito
primitivo che si rinnova.
(…)
È
l'aurora del frutto. Quella che ci porta i fiori
e ci
unge con lo spirito santo dei mari.
Quella
che sparge la vita sui seminati
e
nell'anima tristezza di ciò che non sappiamo.
La
nostalgia terribile di una vita perduta,
il
fatale sentimento di esser nati tardi,
o
l'illusione inquieta di un domani impossibile
(…)
E son
le gocce: occhi d'infinito che guardano
il
bianco infinito che le generò…
(Federico
G. Lorca, stralci della poesia “Pioggia”)
Piove. Il
cielo viene giù e, come da bambina, sporgo le mani oltre i vetri, che mi
portano l’autunno in casa, per afferrarlo nelle gocce trasparenti e leggere che
raccontano forse storie di lacrime o solo pioggia che cade, sussurro di parole
lontane. Ripropongono un tentativo di rossoazzurro perpendicolare che è più un
desiderio che un colore. Cadono gocce di cielonuvole sulle mie labbra assetate
e sul viso proteso al fresco incanto. Cadono sul giallo bruciato del giardino
che è un colore vero d'alberi di foglie di siepi. Fanno salire dal basso
profumo di terra... ricordo lontano... il cortile... un inno di gelsi rossi e
di rose che mi esalta e mi rincuora. La pioggia, a volte, può essere Musica
d’arpe con mani d’angeli, Ritmo di marce di bimbi nel gioco del loro andare
alla conquista del mondo, Voce antica in un richiamo d’altro tempo oltre il
tempo
(cielo
a pecorelle pioggia a catinelle… rosso di sera bel tempo si spera rosso di
mattina la pioggia s’avvicina… ed erano modi di dire… rosso di sara beltempo si spara… e diventava un dramma… quando piove e tira vento fra’ martin
resta in convento… ed era racconto… marzo
pazzerello se c’è il sole prendi l’ombrello… già proverbio con
avvertimento… non saltare sotto la
pioggia ché ti bagni tutta… ansia e preoccupazione e ammonimento… pio-ve pio-ve acqua di limo-ne… quasi
un gioco quasi cantilena quasi voci di strada che entravano in casa e
allagavano stanze e contagiavano allegria…
e piove piove sul nostro amor… fu canzone e palpito del cuore e fu addio…)
Mi piace la pioggia. Mi fa sentire meno
sola. Accompagna la mia nostalgia. S’intrufola nella malinconia degli occhi e
nei terrapieni del cuore a fatica costruiti. Poi tace e le stillanti foglie
brillano di diamanti e rubini che il cielo sparge a piene mani. Splendore di
luce rossodorata, ora che l’autunno si frantuma nel canto di questo tramonto… e
il passato ritorna a legarmi ai giorni andati che mai più saranno e che pure
sono... Sempre così la pioggia... sempre così i tramonti pennellati d’autunno
in una follia di venti e di foglie ad avvolgere l’anima...
Nella pioggia io ero... sono... rinasco...>
(A. De Leo, Le piogge e i
ciliegi, vol. 1, Secop edizioni, Corato-Bari 2018)
Ma ci sono anche ricordi di piogge primaverili: <E intanto la
pioggia…
(tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt)
e sentirmi protetta da quel cielo che precipitava
giù a creare una cortina di fili trasparenti e di suoni slargati e di voci
attutite e di umori di asfalto bagnato senza profumo di terra sui miei giorni
veloci, stanchi, vuoti di me, dei miei figli, del mio uomo, di mia madre, di
te.
le piogge primaverili che cadono
sono lacrime, forse?
volteggiando i fiori di ciliegio
scompaiono
e non c’è uomo
che non li rimpiangerà…
(da Man’yoshu, antica raccolta
di poesie giapponesi)
Pioggia di parole a coprire la pioggia d’acqua. E
il cielo in cascata liquida a coprire il ricordo delle ciliege. Le ciliege
neppure più un ricordo. Quasi.
E, oggi,
ricomincio. Riprendo a raccontare.
E, come sempre, mi trovi qui tra le mie carte e
le mie nuvole. In una nuova casa che ha finestre d’aria e sandali che affondano
nel verde di un giardino d’alberi e di rose, lantane e gelsomini e grappoli
d’azzurro-pervinca in caduta libera sotto un arco di glicini in fiore. (…). E
parto, come so, dalle piogge di parole, d'acque e di stelle cadenti. Che quel
vuoto hanno colmato in terrapieni da percorrere per poter crescere e diventare
forte e resiliente (non mollare mai guardati allo specchio e scopri nei tuoi
occhi i sogni che devi ancora realizzare negli orecchi l'eco dei passi che ti
hanno preceduto e li hanno preparati tra le mani aghi e fili di pioggia per
lavare ferite ricucire progetti ricamare nuovi arcobaleni senza la pioggia non
c'è arcobaleno non lasciarla cadere come sabbia dalle tue mani non disperdere
tutti i colori della vita per rifugiarti nel grigio dell’indifferenza non
mollare mai non m…) Parto dalle parole che mi hanno cullato e insegnato a
camminare e a scoprire il piccolo mondo della nostra casa per andare oltre. Dalle
foglie bambine di fremente tenerezza che mi hanno incantato.
Parto da te
(aveva un vecchio
cappello, la giacca logora. L'acqua gli passava attraverso le scarpe. E le
stelle attraverso l'anima...) (Victor Hugo, “Ho incontrato per la via”). (…). Tu, inseguitore di sogni... Sogni che mi
hanno nutrito e mi vivono dentro ancora... Sì, comincio da te. Che continui ad
essere sogno e realtà. Ad esserci e a proteggermi. Comincio da te, ma con te è
tutto un mondo ormai sparito che rivive nella memoria e si fa presente, palpitante
e vero ai nostri giorni.
(ritornano di pioggia e di vento
le tue magiche parole che sotto
il piombo di giorni di sgomento
raccolgo in un canto d’amore
e del
sogno che non può morire).
(stralcio
di “Scroscia a maggio la pioggia”,
da L’ora dell’ombra e della riva, Secop, 2015)> (Le piogge e i ciliegi, vol.1, op. cit.)
E sarebbe bello
continuare con i ricordi di vento, di grandine di neve, ma tempo e spazio mi sono
tiranni. Riporto qui ancora qualche testimonianza a me cara. Quella, per
esempio, di Francesca Pice, sensibilissima amica, amante come me della pioggia.
In una dedica, su un meraviglioso libro regalatomi Mozart e la pioggia (del grande scrittore e poeta francese
Christian Bobin), mi scrive alcuni versi intrisi di pioggia di Pier Paolo
Pasolini: Ora sento in me un sapore/ di
pioggia caduta,/ ogni vivacità della vita/ ha uno sfondo di pianto... Nella
prima pagina, intanto, leggo un testo intitolato “Bianca e leggera”: La mia prima conoscenza della vita è stata
bianca e leggera. È una scena che mi ha raccontato spesso mia madre. Esce dalla
maternità tenendomi tra le braccia. Siamo prossimi alla fine del mese di aprile
eppure nevica. Immagino che sia stato il bagnato dei fiocchi a toccarmi per
primo, più che la loro luce o la loro danza. Il loro lato piovoso.(…). Sono
vivo perché dalle prime ore mia madre e il lato piovoso
della neve mi hanno parlato con amore. Oggi quando vado per strada e la pioggia
scivola sul mio volto imparo a rinascere, ritorno agli albori, al primo
incontro con la mortalità della vita. È rinfrescante questa mortalità. Come Mozart,
esattamente come Mozart. E, tra le pagine da me divorate scopro di Bobin
due righe che mi giungono al cuore in una ridda di ulteriori ricordi: La pioggia non mi parla della pioggia ma di
qualcun altro di cui è la bambina
Ne riparleremo. Ma queste righe mi hanno riportato ad una prosa poetica del carissimo nostro autore Piero Meli, apprezzato scrittore e fotografo, che con la sua scrittura visionaria ieri ha fatto fiorire sulla sua Pagina FB una splendida primavera danzante con la pioggia: Il cielo pochi minuti fa era ancora azzurro e, quasi per magia, è mutato, si è trasformato. Le nuvole hanno iniziato a danzare, si sono via via avvicinate, si sono strusciate e hanno preso a corteggiarsi. Ora incessanti fanno l’amore, in un tripudio di luci e suoni, di lampi e tuoni. È il 27 marzo, ma il canto dei tuoni è quello tipicamente estivo. Rimbombano amplificati e trasportati dall’aria calda di questi primi giorni di primavera. Come per magia, su via Sparano sono sbucati i venditori di ombrelli. La loro personalissima danza della pioggia deve aver funzionato. Si aggirano tra i passanti rimasti sorpresi dall’improvviso acquazzone. Un ragazzo contratta e si accaparra un mini ombrello sgangherato in cambio di una cinque euro stropicciata. Una ragazza si scatta un selfie con il palazzo Mincuzzi sullo sfondo, qualcuno si rifugia in un bar. Un temporale improvviso è una buona scusa per un caffè e una zeppolina rigorosamente fritta. Qualcuno parla al telefono con la fidanzata e sorride con gli occhi. Istanti di questo lunedì che si cristallizzano nella mia mente mentre aspetto che le nuvole terminino le loro effusioni. (Il tizio dell’alba). Ditemi se ne valeva la pena. Tutto sembra danzare con la stessa pioggia in una esaltazione corale del cuore. Tutto si fa sogno d’amore e incantamento di sguardi, di sorrisi. Magia della pioggia e di occhi che sanno “vedere” oltre… E oggi è tornato il sole. Alla prossima pioggia. Angela
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