Ieri è stato il Mercoledì delle Ceneri, che ha cancellato l’allegria del Carnevale per vestire i panni viola della Quaresima. Un tempo c’era il rito delle Ceneri in ogni parrocchia con una fila di fedeli, come formiche nel freddo di un febbraio che ci regalava ancora brividi di gelo, col capo coperto dal velo e il volto contrito dei penitenti. Il sacerdote sull’altare cospargeva di cenere il nostro capo, recitando in latino “Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris” (“Ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai”). Una locuzione che sembra celebrare il trionfo della morte sulla vita nel ricordo della passione e morte di Cristo. Ma mi trovo tra le mani un libro prezioso che conta solo pochi giorni e già sta volando, lieve come piuma sollevata dal vento, in giorni di sole e di nuvole e di tempo incerto come il nostro cuore, arreso a questi tempi bui di guerre, violenze, catastrofi naturali, di cui noi, uomini del nostro tempo, dobbiamo sentirci in buona parte responsabili.
Si tratta
delle “Meditazioni poetiche della Via Crucis” di Enzo Quarto, “In verità vi dico” (SECOP edizioni,
Corato-Bari, 2023). Il libro è impreziosito dalle suggestive tavole pittoriche
del compianto Vito Zaza, eccellente artista, dall’animo intriso di dolore e di
poesia.
Leggo con
attenzione e raccoglimento, quasi in preghiera tanto mi suggestiona e mi
commuove il volto di Cristo, che prende forma e luce e dolore pensoso su uno
sfondo di desertica sabbia, già simbolo, per me, di solitudine e di abbandono
in cui sembra “sbalzato” non Cristo ma il mondo contemporaneo. Parlo della copertina, insolita, originale,
suggestiva, come solo il talento innato di Nicola Piacente, graphic designer
della nostra casa editrice, è solito realizzare. Anche il titolo ci trafigge
come lama a fermare lo sguardo sulla nostra perenne e vana ricerca di verità,
che solo in Lui, nel Nazzareno, è possibile trovare. Con Coraggio, Umiltà e
rinnovata Fede.
Poi, mi
colpisce profondamente la metaforica affermazione di Don Tonino Bello,
amatissimo Vescovo di Molfetta, in odore di santità, “La Croce è collocazione provvisoria”,
ripresa, nella Postfazione al libro, da Mimmo Muolo, vaticanista di
<Avvenire>, che ne spiega anche il senso: la Croce non lascia spazio alla
morte perché è soprattutto simbolo di Resurrezione.
Il messaggio
è stato prontamente messo in atto, qualche anno fa, dal giornalista rai,
scrittore e poeta, Enzo Quarto, e dall’artista Vito Zaza. Entrambi, nella loro
Via Crucis, non si sono fermati alla XIV Stazione, ma hanno proseguito fino
all’alba della Santa Pasqua, in cui la Croce si è fatta Luce di Redenzione, sconfiggendo
con la sua “collocazione provvisoria” il dolore, il pianto, la morte per
restituirli alla Vita che non conosce tramonto.
Questo libro
è, allora, anche un canto a più voci e non solo una nenia funebre. Vi hanno
lavorato Enzo e Vito, circondati dalle autorevoli e amorevoli parole di Don
Tonino, del Cardinale Carlo Maria Martini, di Don Pinuccio Megarelli, parroco
della Santa Famiglia di Molfetta, di Pietro Maria Fragnelli, Vescovo di Trapani,
del già citato Mimmo Muolo. Coadiuvati da Uccio Papa con le sue splendide fotografie, da Giuseppe Dante
Tamborrino e la sua imperdibile musica elettronica, da Antonella Radicci, con
la sua inconfondibile voce recitante. E da Don Vito Marotta, sacerdote,
comunicatore, amico fraterno, alla cui memoria il libro è dedicato.
Tutti presenti
in questo volume di non più di 75 pagine? Sì, tutti presenti, perché “In verità vi dico” prodigiosamente si
trasforma in qualcosa d’altro, quasi un suggestivo spettacolo poetico con varie
contaminazioni artistiche, che abbracciano i nostri sensi per giungere
all’anima e depositarsi nello Sguardo accogliente di Dio, “nella totalità del
suo abbraccio” e nella immensità del Suo Regno dei Cieli. Sarebbe auspicabile che
uno spettacolo itinerante prenda linfa vitale da questo libro, scrigno prezioso
di emozioni.
E ora ecco
posarsi il mio sguardo inadeguato sulle commoventi pagine, che hanno una
doverosa ma non scontata alternanza: ai brevi testi dei quattro evangelisti
Giovanni, Luca, Matteo e Marco sulla passione e morte di Gesù, a partire
dall’Ultima Cena, corrisponde una formella di Vito Zaza, che esplicita con
rapide ma esperte e talentuose spatolate il tormento di Cristo lungo tutta la
Via Crucis, a cui si accompagna il dolente commento poetico di Enzo Quarto. Con
alcune “intrusioni” altamente liriche in prosa e in versi: il Libro delle Lamentazioni (3, 1-66),
ricco di pathos, lacerante come un fendente in pieno viso, in sostituzione del consueto
passo evangelico (p. 31) e il salvifico Saluto
alla Beata Vergine Maria di S. Francesco d’Assisi (p. 35): … Tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e
ogni bene./ Ti saluto, suo
palazzo. / Ti saluto, sua tenda. / Ti
saluto, sua casa. / Ti saluto, suo vestimento. / Ti
saluto, sua ancella. / Ti saluto, sua Madre.
Solo
poche parole di commosso commento: quanta venerazione da parte di Francesco
verso la Vergine con le parole che meglio Le si addicono: palazzo (costruzione sontuosa che tende verso l’alto), tenda (dimora umile, rifugio, dove
accamparsi per sostare un po’ a riposare, per poi continuare il viaggio), casa (luogo sicuro di appartenenza e di
protezione), vestimento (difesa
dell’intimità del corpo e della mente, e ancora protezione in una vicinanza che
è il “prendersi cura” con complicità, con amore), ancella (dolcissima parola pronunciata dall’Arcangelo Gabriele alla
Fanciulla di Nazareth per annunciarLe il miracolo dell’incarnazione di Gesù,
figlio di Dio, nel suo grembo immacolato), Madre
(la parola che comprende tutte le altre e le sintetizza nella oblatività
del Suo Amore materno nei riguardi di tutte le creature del Creato).
E
che dire della eco di finissimo ricamo psicologico dei commenti poetici di Enzo
Quarto? Nei suoi versi, lo sgomento, il dubbio, gli interrogativi amari sulla
nostra umanità alla deriva; il senso dell’Oltre, che va oltre l’angoscia e la
paura mentre si fa lentamente Speranza, nel sentire, forte, innanzitutto il rifiorire/ delle radici/ secolari
dell’ulivo/ sempreverde/ intricate nella roccia. Meravigliosi versi che,
prima dell’Oltre, “sentono” il “fiorire” di una possibilità di Pace nei
“secolari” ulivi, “sempreverdi”, che si radicano nella roccia, forte e stabile,
della terra in cui siamo nati, della nostra gente, in un legame atavico di
appartenenza che ci rende coraggiosi nelle avversità e sicuri della benevolenza
di Dio nell’accoglierci nelle Sue braccia di Padre. Spesso l’egoismo prevale e
prevarica, ma Quanta fame d’amore/ c’è
nel cadere. (…). Cadere è fame
d’amore,/ a volte casuale,/ ma con sé palesa/ la richiesta di essere amati/
consolati/ aiutati/ benedetti. Ed io ravviso qui un duplice significato:
cadere fisicamente per essere aiutati, per sentire lo sguardo dell’altro su di
noi, l’attenzione, la mano tesa, la premura, che riscaldano il cuore; e cadere
nel peccato, come la pecorella smarrita che il buon pastore va a cercare,
dimentico per un attimo di tutte le altre pecorelle docili al pascolo. Qui
l’amore si avverte più forte, la consolazione più agognata, la benedizione più
invocata per sentirsi nuovamente nella grazia di Dio. Nel Suo atto che redime e
salva. E anche il Cireneo è, a mio parere, conferma di entrambi i significati.
Il suo gesto è una carezza per il corpo fiaccato e l’anima umiliata da tanta
crudeltà, tanta ingratitudine. Ne consegue il pianto, delle “pie donne” di
fronte a tanto strazio. Un pianto che Enzo definisce gravido/ che diventa/ sorgente. Sgorga, zampilla, lava, purifica
dalla violenza del mondo.
Ma
ciò non basta a scongiurare la crocifissione di un giusto. Quanto tempo ancora/ per capire? È il grido di Enzo Quarto,
straziato da tanto orrore, tanta ingiustizia. Il mondo, purtroppo, nei secoli
dei secoli, si è rivelato sempre ingiusto, violento, spietato. È storia antica
quanto l’uomo. Sei ancora quello della
pietra e della fionda/ uomo del mio tempo… dirà Salvatore Quasimodo di
fronte alle atrocità della Seconda Guerra Mondiale. Pure, nell’ora della morte,
il ladrone pentito ottiene il perdono del Crocifisso: in verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso. (Lc 23,
32-43)
La
morte non vince sulla vita, anche se ciò accade continuamente sotto i nostri
occhi turbati. La Vita Eterna è la meta del nostro viaggio. Enzo lo sa
perfettamente e continua a cercare Cristo oltre la Croce. E Inaspettata/ si mostra la Verità/ trasfigurata/ magnificata/
immortale/ materica/ glorificata. (…) I sassi del passato/ saranno/ un
selciato nuovo/ aureo e splendente.
La
nostra salvezza attraversa il giorno nuovo e tutto si fa LUCE. E tutto questo
trova realtà e verità anche e soprattutto nei bassorilievi di Vito Zaza.
Miracolosamente esprimono l’inesprimibile. E si rimane senza parole. Attimo per
attimo il percorso doloroso della Via Crucis trova il suo perfetto adempimento
nella tristezza del volto di Gesù e nell’ansia sgomenta dei suoi apostoli, dei
suoi discepoli, dei suoi fedeli. Bassorilievi, vinti da una sofferenza disumana
che si umanizza negli sguardi trafitti dal dolore e nelle membra macerate dall’angoscia,
che è timore di perdita del bene più prezioso, di una presenza che non può
farsi assenza. È là tra le pieghe degli abiti di creta e di fango, nelle
pietre/macigno che pesano sul cuore. Si legge, con sorprendente chiarezza e
misterica aderenza alla realtà, nel dialogo che si fa richiesta di aiuto, che
si fa ascolto e preghiera. Nudità dell’anima. Caduta sotto il peso delle colpe
altrui. Immolazione. Sostegno. Invocazione accorata della Madre. Accorata fermezza
del Figlio. In un abbraccio muto. La Croce e il suo mistero. L’amore sconfitto
dal pianto. Il pianto sconfitto dall’amore. Il buio della morte vinto dall’esplosione
trionfante dello splendore della Resurrezione. Il miracolo umano a esaltare il
miracolo divino. Il talento che abbraccia il dolore e lo rende immortale. In verità vi dico… àncora di salvezza Oltre…
Enzo Quarto, Vito Zaza e tutti gli altri cantano per tutti noi. Ed è infinita
emozione. Angela
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