E siamo giunti a marzo. Il tempo impietoso ci azzanna quotidianamente con i suoi denti famelici nella traversata sempre più spesso amara della nostra esistenza. In questi giorni l’amarezza si è moltiplicata per ogni vittima di Crotone, per ogni vittima dei terremoti e delle alluvioni, per ogni vittima della guerra e di tutte le guerre che insanguinano il nostro pianeta e il nostro cuore. e non basta "un po' di sole" per non farci affondare "nell'acqua gelida" (Francoise Sagan). Oggi avrei voluto scrivere dei campi fioriti in questo inizio di quasi primavera che ci sta portando, invece, l’inverno latitante per buona parte dell’inverno. Si sa, “marzo è pazzerello, vedi il sole e prendi l’ombrello”, ma questa volta non è così semplice, così scontato. Ci sono nuvole diverse e ci sono lacrime diverse, che hanno poco a che fare con la pioggia. Ed è per questo che non posso fare a meno di urlare, a modo mio, questo dolore, per ogni pietra che incontriamo al posto del cuore…
… Troppi coltelli
mi ferirono di pianto.
Troppo urlò la mia carne
alla violenza di un mondo
che ebbe mani assassine
lontane dalla mia casa
non dal mio cuore.
(Alla ferocia dei nuovi misfatti
sulla terra di fango e palude
oppongo fili colorati di parole
legati agli aquiloni che ridono
per le vie del cielo
e sognano
nelle piccole mani dei bambini…). (a.d.l.)
Pegaso e il mio sogno (ballata)
Cavallo alato
d’antica memoria
in volo fino alle stelle
ho incontrato
dove trovò dimora e notturno canto
il mio sogno di un mondo migliore.
Di cielo indaco e blu ha colore
questo mio fiore che si schiude
come preghiera
sul dolore degli uomini
e l’inascoltato cuore
di giovani madri in fuga
su mari di naufraghi e sirene,
dove l’approdo è solo una speranza
in questa danza
di onde alla deriva.
E la gente moriva moriva moriva
e la coscienza dormiva dormiva dormiva
in un mare d’indifferenza o di ostilità
senza l’antica umana pietà
ch’era fatta d’accoglienza
e di dolore per ogni assenza.
Al ristoro di giorni attesi,
che trascolorano di misfatti
e piangono ogni disperato
naufragio
della nostra umanità,
ho dispiegato il mio canto
di rivolta e libertà
e cerco un azzurro sorriso
a rendere più terreno il Paradiso
un volo più alto delle stelle
per accendere fari di approdo
a tanti miei fratelli disperati
che fuggono dalla guerra
e dall’orrore
di anime e corpi mutilati
dove non si respira un briciolo
d’amore
dove ogni giorno gronda sangue
dove non è più facile la riva
E la gente moriva moriva moriva
e la coscienza dormiva dormiva dormiva
in un mare d’indifferenza o di ostilità
senza l’antica umana pietà
ch’era fatta d’accoglienza
e di dolore per ogni assenza.
(vorrei offrire un nido per ogni dolore
e poter ancora sognare
un mondo migliore) (a.d.l.)
Poi ecco venirmi incontro i versi della dolcissima e meravigliosa Kayoko Yamasaki Vukelic. Versi, che ho annotato non ricordo quando e come…
“La scala, due angeli”
Siamo venuti a porgere
Un pezzettino dell’amore
Con le manine
Che abbiamo teso
Il giorno
Della nostra nascita
Con un pianto forte,
Con un sorriso silenzioso,
la vita si sostiene
alla vita:
saliamo
le scale.
Quando ci rapinano
Acqua e aria,
quando ci spengono la luce,
ci teniamo per mano.
La vita ascolta la vita:
e senza
in silenzio
saliamo.
Questa mattina,
da quando gli angeli
sono tornati al cielo,
brillano nel buio
solo le orme
dei nostri piedini.
Per questo saliamo
Le scale
Da cui loro
Hanno preso il volo.
È la tristissima storia di due bimbi fatti prigionieri e poi uccisi durante la rivoluzione del 1999 nel loro Paese. E la tenerezza della coraggiosa autrice nel denunciare il misfatto è tutta nei diminutivi che usa per descrivere la prigionia e la morte dei due piccoli angeli: “pezzettino”, “manine”, “piedini” e, ancora, nel “tenersi per mano” dei due bambini mentre nel silenzio si confortavano per la mancanza del cibo e l’assenza della luce. Quale condanna più crudele verso l’innocenza e il candore? Solo gli angeli li sollevano in volo lungo la scala dorata che porta al Cielo.
Denuncia sociale e aderenza alla realtà molto forti con una delicatezza e lievità di grande impatto emotivo e poetico. E, tra l’altro, Kayoko canta come un usignolo.
E per oggi mi fermo qui. Troppo il cuore mi trema. E, purtroppo, troppo dolore lo sfianca di impotenza e di inutilità. In tanto pianto. Angela
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