Riprendo subito con uno stralcio del meraviglioso racconto “IL VOLO” di Daniela Leone, la mia ultima nata, scritto quando aveva meno di diciotto anni. E ne sono passati quasi trenta senza perdere un solo battito delle sue ali in volo. Delle sue parole che vibrano di arditi sogni e di tenerissima Poesia:
… La
fanciulla, non più fanciulla, vedeva crescere sua figlia cominciando ad
invecchiare - di una vecchiaia un po’ sbiadita - mantenendo la fragilità di ragazza e
continuando ad inseguire i suoi sogni di bimba, sogni di miele e panna montata,
sogni di fragole e mandarini, sogni di…
Intanto
la bimba, non più bimba, diventava donna - colori dell’autunno tra i capelli,
foglie al vento i suoi pensieri, specchio di luce negli occhi - portando un
grande sogno nel cuore:
VOLARE
La
madre-ancora fanciulla avrebbe voluto tenerla sempre con sé, in un abbraccio di
un secondo durato tutta una vita; ma sapeva, con la saggezza rassegnata che
solo una madre con due cuori può avere, che sarebbe arrivato il giorno in cui
sua figlia AVREBBE VOLATO.
Decise
allora di abbandonare tutti i suoi sogni di bimba - non più miele né panna
montata, niente più fragole e mandarini, niente più… - e dedicarsi al solo
inseguimento di quell’UNICO GRANDE SOGNO che le avrebbe TENUTE LEGATE PER
SEMPRE…
- CORDONE OMBELICALE DI LINFA VITALE -
…
Aveva tanto tanto amore - amore a piene mani - da regalare…
Trascorsero
mille albe e mille tramonti e ancora albe e ancora tramonti tessendo, col
velluto della sua pelle bianchissima e fili di riccioli biondo grano, la tela -
rosso corallo delle sue labbra - per le ali da donare alla sua piccola bambina.
-
DUE ALI GRANDI A CONTENERE TUTTE LE STELLE -
…
…
…
… pssssshhh
Se
alzi gli occhi e guardi in su
puoi vederla sfrecciare,
come la scia di una
stella cadente:
libra leggera
vola in picchiata
e riprende quota
toccando il punto
più
alto del
CIELO…
E l’Amore si espande in maniera
esponenziale, quando lo sentiamo vibrare dentro, perché, infatti, diventa Amore
per le persone care, per la natura, per la bellezza, per l’Arte, per la Vita.
Tutto si fa Amore, rendendoci rispettosi del mondo che ci circonda e di quello
che ci vive dentro. Come vado più e più volte ribadendo. E non mi stancherò mai
di farlo. Innamorati, gioiosi, appagati di ciò che siamo e abbiamo.
Daniela vola ancora, grata a CHI ci ha
fatto DONO del CUORE per darci la possibilità di AMARE.
Ancora una volta propongo testi dei
miei figli. Non me ne vogliate. Hanno ricevuto tutti e quattro il dono della
creatività e della scrittura. Voi direte “facile eredità”. Beh, vi confesso che
è un “vizio di famiglia” a vasto raggio: hanno respirato l’amore per i libri e
per la poesia sin dalla nascita, ma la cosa più bella è che ciascuno ha una in
quello che scrive una cifra stilistica sua propria, che va al di là dei modelli
vissuti in famiglia. Come non esserne fiera? Come non ripensare alle poesie di
Primo Leone, scritte nel giorno della nascita di sua figlia Raffaella, la prima
dei quattro a procurargli lo stupore immenso della paternità? Ecco
il suo primo Inno alla Vita, dedicato a nostra figlia primogenita, Raffaella:
Un
canto di luce/ fu l’alba/ della tua tenera vita./ In quegli attimi/ di carne
viva/ che vinceva il buio/
Quanto amore e quanta creatività in pochi versi
come esplosione di gioia, una esaltazione di pura felicità. E, ancora, il
giorno dopo:
Ora
sei giorno/ che si rinnova al sole/ con lo splendore/ della gioia più intatta,/
e le tue dolci/ piccole mani/ hanno lo stupore/ dell’infinito./ Non ci sono
occhi/ che possano guardare nei tuoi’/ né bocca che possa parlarti,/ senza
perdere il cuore. (Bari, luglio 1968)
Dopo il primo sbocciare alla pura gioia,
quest’ultima diventa al sole del pieno giorno “una cosa certa”, più intatta”.
Ecco perché Primo, come Mario Sicolo (il
nostro Apulo Scriba) scrive nella Prefazione alla silloge I LIMITI DELL’ALBA (SECOP edizioni, 2021 -
anche questa postuma), riprende questi magici versi di un padre che si scopre
tale(e non è scontato il desiderio di paternità, come è più facile credere):
Il
mio cuore/ è un mago che la realtà sfigura/ per amarti/ come t’amo.
Nella Postfazione, invece, Giovanni
Romano, attento e sensibilissimo critico letterario, saggista e ironico
aforista, conclude:
Ma
se c’è una cosa che l’infanzia non conosce è proprio la fine, perché è lei la
vera alba.
Un’alba
senza limiti, che Primo Leone ha saputo guardare, accompagnare e cantare in
versi di tenerezza sconfinata.
E
tutto diventa radiosa luce di pura felicità, condivisa dal prefatore e dal
postfatore. Miracolo della condivisione di un sentimento d’amore e di gioia
così intimo, quasi segreto, eppure empaticamente condiviso… Ma è tempo di
evidenziare la bellezza di altre testimonianze di amore inebriante e di luminosi
cieli condivisi. Testimonianze raccolte da libri famosi di grandi autori,
oppure da quelli altrettanto significativi degli amici, autori della SECOP
edizioni, o ancora dalle pagine FB. È il caso di una splendida poesia della
grande Maria Luisa Spaziani, che ho conosciuto a Bari e poi ritrovato a Roma
ormai tanti anni fa. Si è persa tra le stelle un po’ di anni fa, ma la sua
poesia “LE TUE BRACCIA” la riporta più luminosa che mai tra noi: Lo spirito ha bisogno del finito/ per
incarnare slanci d’infinito./ Parlo con l’angelo, e le tue braccia d’uomo/
soltanto lo traducono ai miei sensi.// Dove comincia l’ala? Dove nascono/
musiche di tamburi di tempesta?/ Amarti è sprofondare, è una foresta/ sfumante
in cieli altissimi.
E
si rimane davvero senza parole di fronte alla forza trascinante di questo amore
che “s’incarna in slanci d’infinito” pur avendo bisogno di “finito” per
assaporarlo appieno. Le eterne contraddizioni dell’animo umano. Maria Luisa non
fa eccezione e dinanzi ai tanti sui ossimori, che dicono e contraddicono, si ha
il vero senso della “tempesta” dei suoi “sensi”, sempre in bilico tra realtà e
fantasia, verità e finzione. In un anelito purissimo di “cieli altissimi”, dove
raggiunge l’agognata felicità.
In
Luigi Lafranceschina, intanto, amico e collega di antica data, ritrovato dopo
anni di silenzio grazie appunto alla sua pagina FB, la felicità assume altro
significato, altra verità. Ignoravo che Luigi scrivesse, oltre ai saggi di
Pedagogia, anche sapidissime poesie in dialetto con traduzione in italiano. Ne ho
scelto una che ha per titolo “U prìisce”, tradotta in italiano “LA FELICITA’”. Una
meraviglia che mi sono affrettata a rapinare per condividerla. Già, perché “u
prìisce” è, secondo l’idioletto della mia famiglia di origine, in particolar
modo risalente ai nonni, una particolare allegria da condividere con parenti e
amici in una serata di euforica baldoria. Nella maniera più sana e semplice possibile.
Memore di ciò, a mio parere, possiamo ravvisarla in una gioia zampillante che
non si può vivere da soli come accade per la felicità, che è bellissima se
condivisa, ma può essere vissuta anche nell’intimità della propria anima. “U
prìisce” è di per sé condivisione. Non se ne può fare a meno. È quell’allegria
che ci vede brindare con gli altri, fare battute e sfottò irriverenti ma
affettuosi; quell’allegrezza che “squarcia la giornata/ come un’anguria”, “accende
il sorriso e il buonumore”. E non si può sorridere da soli, occorre farlo in
compagnia. La propongo solo in italiano per via della difficoltà a trascriverla
in dialetto. Certo, nella lingua materna ha un altro sapore. Per esempio, “buonumore”
in dialetto è “uascezze” che sottintende qualcosa di estremamente piacevole, un
vero conforto per il corpo e per la mente fino a rimbalzare nel cuore,
facendosi grande “esultanza”. Ma anche in italiano “LA FELICITA?” è godibilissima:
Appare all’improvviso/ Certe mattine/
Quando meno te l’aspetti/ E squarcia la giornata/ Come un’anguria!/ Un refolo
di vento/ Spegne il pianto e i lamenti/ Accende il sorriso e il buonumore/ Il
cuore si rallegra/ E le gambe prendono il volo!/ Ma che cosa appare/ Certe
mattine all’improvviso/ Non te lo so dire/ So soltanto che è come/ Uno sprazzo
di sole/ Che entra in casa/ Dalla finestra socchiusa/ Mi fa sentire felice/ Pensare
che sono vivo/ E che potrò vedere ancora/ tutte le meraviglie del mondo/ E lo
splendore del tuo viso!
Gli ultimi versi sono da sottolineare
tanto sono pregni di vita e di vitalità, dell’espandersi dell’anima del poeta
in una esultanza che include il mondo intero, in cui si slarga a perdifiato “lo
splendore” del viso della donna amata! E ogni commento non può reggere all’immensità
di tanto amore, tanto splendore…
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