E continuo a parlare di Cris e di amicizia, di Cris e di poesia, di Cris e di ali in volo. È bello parlare di lui perché subito le parole si trasformano in tante lucciole luminose che capovolgono il cielo stellato e ne fanno cordata di anime che sanno darsi una mano nell’impervio cammino della vita.
E, a questo punto, voglio parlarvi di un’altra carissima amica,
Cettina Fazio Bonina, che da anni, in qualità di Presidente dell’Associazione
culturale Porta d’Oriente, è l’ispiratrice e l’animatrice di un prestigioso
Concorso letterario, dedicato a “Nicola Saponaro”, che si sta espletando
proprio in questi giorni a Bari (con propaggini in tutta la nostra penisola e
oltre), destinato a scrittori e poeti affermati e non, ma con un occhio particolare
ai ragazzi e ai giovani che hanno il dono della scrittura. Della giuria, da
qualche anno, faccio parte anch’io. Anche quest’anno. Purtroppo, però, per
motivi di salute e di scarsa serenità, ho dovuto rinunciarvi, in attesa di
tempi migliori. Se ci saranno, almeno per me. E prendo spunto dal bellissimo tema
proposto lo scorso anno dall’Associazione su menzionata: “IL CORAGGIO E LA
SPERANZA” per proporre alla vostra attenzione, nel nostro blog, quanto da me
scritto in proposito. Potrebbe consentirci di stringere ancora più forti i
nostri "LEGAMI" di amicizia all’insegna della Poesia. Ecco il testo:
CORAGGIO e SPERANZA.
Due bellissime
parole. Soprattutto nei tempi bui e tristi che stiamo vivendo a livello
planetario. Dunque:
Coraggio = da cor-cordis, deriva da cuore, cioè dalla sua forza
appassionata, che si fa audacia e determinazione. Per parlare di coraggio,
però, occorre parlare di paura che non ha un’accezione negativa perché è
proprio la paura che sollecita nell’essere umano, ma anche negli animali, una
reazione di salvezza che si permea di coraggio. Ma a me piace abbinare il
coraggio anche a cordata (non a caso hanno lo stesso etimo) perché è “l’unione”
che fa la forza. Fare cordata in una impresa significa moltiplicare il coraggio
del singolo e rendere più fattibile la realizzazione di quanto si ha in cuore
di raggiungere.
Speranza = da spes, ha avuto nell’arco dei secoli un significato molto controverso:
i greci la ritenevano una illusione, i latini la negavano, i cristiani la
misero a fondamento delle tre virtù teologali. Per molti filosofi e scienziati
essa è un momento di “debolezza” e di “squilibrio”. Per Pascal “non si vive, ma
si spera di vivere”, dunque la speranza è indispensabile alla vita. Anche per
me è una forza propulsiva decisamente positiva, come lo è per Papa Francesco
(Ti racconto la speranza).
Siamo tutti
destinatari di questo tenero messaggio, ma i veri destinatari del coraggio e
della speranza sono i giovani e giovanissimi. Nessun educatore (genitori,
insegnanti, adulti) può prescindere dal formarli a queste due grandi virtù.
Oggi la
scienza pedagogica, con le sue “scelte alternative”, ci viene incontro per
riprendere a sperare di formare gli uomini di domani: onesti, solidali e
liberi. Ma anche la poesia può rappresentare una valida alternativa alla
desertificazione del cuore. Il Concorso di Porta d’Oriente da 10 anni si muove
proprio in questa direzione. I ragazzi e i giovani prima di tutto. Il salone
era gremito di sorrisi giovani. Ed io, felice di esserci, con il mio cuore
rivolto a loro, vorrei concludere col bellissimo monito di Giovanni Paolo II:
“Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”. Sta a noi scoprire talenti
e prendercene cura perché i ragazzi siano i creativi protagonisti del prossimo
futuro, che almeno io vedrò con i loro occhi, attenti e incantati. Grazie.
Angela De Leo
I giovani sono una costante nei miei pensieri. Mi piace
incontrarli, sollecitarli a scrivere se scopro che hanno “il pallino” della
scrittura e soprattutto della poesia. Alcuni anni fa, non so più quantificarli,
mi capitò di leggere una splendida poesia, in cui i giovani erano protagonisti.
Copiai il testo, purtroppo anonimo e molto probabilmente di un autore
straniero, per cui lo modificai in alcuni versi e ne feci il vessillo della
loro giovinezza, amara e sempre ricca di attese e di speranze. Desidero dedicarla,
anche nel nostro blog, a tutti i giovani di questo nostro tempo incerto e
difficile, per incoraggiarli a non arrendersi mai:
“… ci dicono che parliamo
troppo in fretta// L’urgenza delle cose che diciamo/ che premono alla base
della gola per uscire/ ci fa parlare veloci// Ci esortano a scrivere cose
semplici/ ci dicono che parliamo lingue difficili// E come possiamo scrivere
cose semplici/ quando non è semplice il nostro cuore// È vero lo sappiamo/ che
è semplice la terra/ le zolle i solchi dell’aratro/ paralleli
/ il fiore dell’alba l’attesa gli specchi/ Ma l’ordine è frutto di
secoli/ di pazienza/ di dolore. // Noi siamo impazienti/ ci tira questa
smania di gridare vivere scoprire capire/
assaporare// Proveremo/ a dire parole più semplici/ e a dirci più favole
e silenzi e amore// Proveremo ad ascoltarci/ perché qualcuno ci ascolti…”.
Ecco cosa noi adulti spesso dimentichiamo:
i giovani hanno bisogno di ASCOLTO!
E desidero concludere anche oggi
con una stupenda, intensa, tragicamente attuale poesia di Cris Chiapperini
sulla giovinezza, ardita e fiera, anche pronta a sacrificare persino la propria
vita, come i giovani iraniani in questi giorni di tenebre e capestri, in nome
della LIBERTA’. Ascoltiamoli i nostri ragazzi, il loro grido di ribellione.
Ascoltiamoli per "sentire" i loro sogni. Per non lasciarli naufragare…
QUAL NOME DI FANCIULLA
Eri come verde così verde
ch'ogni
erba t'aveva in gran rispetto
apristi
ali di colomba e rondò
parevano
inventati i freschi anni
e
il seno di vainiglia una sfida
Una
corrente di occhi seguiva la tua strada
e per i vecchi eri gelosia
Come ti chiamavi?
Inventai per te una storia d'amore e vocazione
alla quale sembravi destinata
e la storia tutta si rallegrava
Come ti chiamavi?
Ma venne cupo il giorno del tremore
e il cielo che si aprì a temporale
spezzò ogni odore di vainiglia
Oh la ferita ferita
che unghia lancinata dentro il fianco
che grido affogato
Han scoperto spento tanto sorriso
fra tutte quelle croci così uguali
Come ti chiamavi?
Ora il vento che muove il tuo cipresso
ha la voce rotta a raccontare
né un nome né una data sulla pietra
Solo un nascosto tratto di matita
LIB… si leggeva
e gli altri stampatelli eran sbiancati
Forse che Libellula ti chiamavi e sei fuggita
o forse ti chiamavi Libertà?
e un sangue di colomba si fermò
Eri come verde così verde
ch'ogni filo d'ulivo sveniva al paragone
Piango. e non ci sono parole. Tanta commozione sotto una pioggia che vela e disvela verità.
A domani. Angela
una delle mie preferite🌸
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