Oggi mi piace riportare alcuni testi poetici che mi sono sfuggiti nei giorni scorsi e che vado riacciuffando perché sono belli e vale la pena condividerli.
Comincio
con Bianca Sorrentino, mia carissima
amica, che ha preso il volo nelle alte sfere della Cultura e della Letteratura
dei nostri giorni e del prossimo futuro. Sempre fedele a sé stessa e sempre
determinata a dare il meglio di sé con una scrittura tutta sua, ma in funzione
anche degli altri, all’insegna della Bellezza e dell’Arte declinata in tutte le
sue accezioni: Per le libraie che
riempiono di tulipani freschi e parole le loro stanze, per le madri che restano
tali anche se un pezzo di cuore è stato loro strappato via, per le insegnanti
che leggono, viaggiano, incantano, per le compagne che non hanno bisogno di
separare padri e figli, per le sorelle che accolgono e abbracciano, per le
amiche che con l’ironia e la presenza alleggeriscono i fardelli, per le creature
rare che non sbandierano i propri sacrifici, ma che custodiscono come un
cristallo il dolore che hanno conosciuto, per le figlie che quel dolore
scelgono di coniugarlo al passato e costruiscono per il futuro un tempo nuovo,
e per la mia mamma, che mi ha plasmata nel cuore fragile della sua roccia. (Bianca
Sorrentino. In data 8 marzo).
“Amicizia”
di Giuseppe Selvaggi: Una stretta di mano,/ fermarsi ad
ascoltarsi,/ le voci s’intrecciano/ si mescolano come colori./ Accettare di
perdere/ qualcosa di proprio/ per generare un noi,/ arricchirsi offrendo/
l’unicità irripetibile/ di storie che nascono/ da un differente sguardo/ su
tutto quello/ che ci circonda./ Le parole/ diventano un anelito/ verso la
costruzione/ di ponti tra storie separate,/ lontane, differenti./ Le parole
sono/ prima di tutto/ trasfusioni di vita./ Una parola/ per tornare alle cose,/
agli uomini, al dialogo fitto/ per vivere/ l’arte dell’incontro./ Questo è
tutto,/ al prossimo pensiero/ che facendosi parola/ rompe il voto del silenzio.
(e di amicizia sincera, disinteressata, ricca di parole autentiche per
colmare solitudini e silenzi ne abbiamo tutti un gran bisogno!)
Albert Camus: Mia
cara,/ nel bel mezzo dell’odio/ ho scoperto che vi era in me/ un invincibile
amore./ Nel bel mezzo delle lacrime/ ho scoperto che vi era in me/ un
invincibile sorriso./ Nel bel mezzo del caos/ ho scoperto che vi era in me/
un’invincibile tranquillità./ Ho compreso, infine,/ che nel bel mezzo
dell’inverno,/ ho scoperto che vi era in me/ un’invincibile estate./ E ciò che
mi rende felice./ Perché afferma che non importa/ quanto duramente il mondo/
vada contro di me,/ in me c’è qualcosa di più forte,/ qualcosa di migliore/ che
mi spinge subito indietro. (anche delle parole ricche di speranza abbiamo
tutti, oggi soprattutto, una invincibile necessità dell’anima).
Pedro Salinas: Il tuo
modo di amare/ è lasciare che io t’ami./ Il sì con cui a me t’abbandoni/ è il
silenzio. I tuoi baci/ sono l’offerta delle tue labbra/ perché le baci io./
Nessuna parola, abbraccio,/ mi diranno della tua esistenza,/ del tuo amore per
me: mai!/ Mi parlano fogli bianchi,/mappe, auguri, telefoni;/ non tu./ E resto
abbracciato a te/ senza nulla chiederti, perché temo/ che non sia vero/ che tu
vivi e mi ami./ E resto abbracciato a te/ senza guardare e senza toccarti./ Che
mai non debba scoprire/ con domande, con carezze,/ l’immensa solitudine/
d’amarti solo io. (Trad. di Rino
Bizzarro) (nessuno di noi vorrebbe provare l’amarezza di non sentirsi
amato/a o “l’immensa solitudine” di non essere corrisposto/a in ugual misura).
Assunta Braì: La
notte spiega/ placida le ali/ avvolge il mondo/ in coltre di velluto/ il tempo
dell’oblio/ per i mortali/ riposo e quiete/ di un giorno già vissuto/ silenzio
cala intorno/ tutto tace/ liberi si rincorrono/ i pensieri/ tu vai con la
memoria/ ad una voce/ vorresti che domani/ fosse… ieri. (9 marzo 2016)
(Assuntina, altra mia amica del cuore, per fortuna, nei ricordi trova la chiave
giusta per riportare indietro le lancette del nostro orologio immaginario).
“Viaggio”
di Gino Locaputo: Fu in una grotta/ che incontrai il mio
destino/ in un antro dove una sibilla/ miscelava parole arcane./ Poi arrivò la
pioggia/ e ancora rivoli di parole/ scorrevano tra le pietre/ grinzite dagli
anni./ La mia barchetta di carta cominciò a navigare/ tra un sentimento
assordante e strano/ fu allora che mi smarrii/ fu allora che mi accorsi/che
perdersi è bello./ ricominciai il mio lento cammino/ in deserti assolati/ tra
dune che accarezzavano il cielo./ E quel sentimento, mi accarezzò ancora una
volta./ Rividi lo scorrere lento della mia vita/ le lacrime e i sorrisi
diventarono pioggia battente,/ incessante, martellante./ ai rintocchi del
tempo/ chiedevo ancora dov’era la mia casa/ sognata e mai rivista./ Fu il
soffio del vento/ a ricordarmi di antiche litanie/ litanie lontane/ cominciai a
raccontare storie/ le storie dei miei padri/ tra ondulate foglie di ulivo./
Storie di pane e olive nere./ E furono queste storie/ a regalarmi ancora una
volta/ lo stupore e la meraviglia/ di un sentimento mai smarrito/ disegni
arcani sommersi/ dalla sabbia e dal mare/ rividi ancora/ quella colomba bianca/
smarrita come me/ nell’incantata carezza del cielo/ continuai a cercare/ quel
filo d’erba/ che il vento muoveva/ e continuai a pregare all’infinito./ mi
accorsi che le lacrime/ non erano rivoli di rugiada/ erano le mie, acri,
salate/ le assaporai nel mio dolce ricordo,/ riprendevo il mio cammino/ ancora
una volta quella grotta/ quegli strani simboli/ che sussurravano il presente-passato/
mi accorsi allora/ che la divinità era un sentimento/ che riuscivo finalmente a
vedere. (inedito di Gino Locaputo, per Secop edizioni); “Il tuo corpo”: Il tuo corpo è la mia valigia/ lì ho
depositato/ le mie lacrime e il mio sorriso./ Dopo forse arriverà la pioggia/
per disegnare nuove vie/ nel deserto della mia anima/ … ci sono ancora/ nuove
strade piene di fiori/ rivoli d’acqua/ da bere insieme/ poi… tornerà il sole.
(Gino Locaputo, dalla raccolta Nei tuoi
occhi le parole diventano pietra. SECOP edizioni). (Gino, meraviglioso
compagno di Assuntina, e speciale amico di una vita, in due poesie ricche di
ardimenti, di sogni e di ritorni misteriosi e visionari, ci riporta alle nostre
radici di sempreverdi ulivi, e alle “nuove strade piene si fiori” e rinnovate
speranze d’amore).
Anna Mininno: Ho
bisogno di questo momento/ Anche tra vento e pioggia/ E nuvole crude e vaghe/
Ho bisogno del momento clou/ Per re-inventarmi e ri-appagarmi/ Svoltando
l’angolo della mente/ E interrogando l’anima/ Che, se risponde, sa e salva;
Fermarsi/ Il punto e a capo è un’utopia/ Occorre, sì/ Mobilitare il cuore/
Andare avanti/ Abbattere steccati/ e ostacoli/ Rimboccarsi le maniche/ E dare
significato al sole/ Così che splenda/ e si rifletta buono/ Sul giorno e sulle
ore/ E nella notte fonda/ Che l’anima raccoglie/ In un mondo solo; Penso a
tutto e a niente/ Come opposti che si attraggono/ penso a questo e a quello/ A
incertezze e innate sicurezze/ a interrogativi e a risposte vane,/ e al
possibile che il tutto e il niente/ può rendere speciale
(con
Anna Mininno c’è tanta reciproca stima e ammirazione. Qui tre brevi poesie
inedite, ricche del detto e del non detto, che rimarcano le nostre salutari
contraddizioni).
“
Sotto il tacco dello stivale” di Vincenzo
Mastropirro (straordinario musicista e poeta dialettale, nonché mio carissimo
amico): Se mi sbattono come un polpo/ su
uno scoglio di mare/ il cuore si arriccia e butta sangue// sangue rosso, sangue
vivo/ sangue di contadini, sangue di marinai// sangue che di sangue, l’abbiamo
buttato davvero/ per sentirsi dire poi che non sei buono a niente/ che sei
lontano da questo mondo/ un mondo incartato di soldi/ un mondo che ti disprezza.//
Non è così,/ siamo nati qui e qui ci stiamo/ almeno io sto qui/ sotto il tacco
dello stivale// fisso, piantato a terra,/ sempre pronto ad allungare radici/ le
più profonde possibili. (È la versione italiana di quella dialettale, più
difficile da riportare graficamente).
“Impluvium”
di Mariateresa Bari: Raccolte tutte le lacrime/ delle tue piogge/
sei lama d’acqua sulla pelleterra/ satura di sale// Fiordalisi le iridi/
argentano superfici// /l pigolio dei riflessi è miele tra i resti
Luce Imzad: Le pietre
all’infinito sussurrano preghiere/ le ciglia di cerbiatti sorridono alle
stelle/ mentre tu, solo, corri l’infanzia della pelle/ per darle addio e
calzare la ferita// chiavi smarrite di lune stanche/ tintinnano nel vento/ e il
centro dell’ardore s’addormenta/ su note di sciamani. È l’acqua il suo
splendore/ a far luce oltre l’attracco/ - domani sarà brina, brace e oblio. (suggestiva poesia segnalata generosamente da
Mariateresa Bari)
I leopardiani: Curati/
con il silenzio/ con i libri/ con la musica.// Fermati qualche minuto/ a
meditare/ a non pensare/ a respirare.// Rinasci infine.
“La
celeste pazzia” di Mariangela Gualtieri: Procedi piano. Lascia che la mano/esegua
il fragile dettato./ Abbi fede in quel niente/ che viene – quel niente/ Che succede./ Non prendere la parola./ Lascia
sia lei da sola. Diventa tu/ la preda. Sia lei che ti cattura. (da “quando
non morivo”, contenuta nell’ultimo libro Bello
mondo)
Erri De Luca: Considero
valore/ tutte le ferite/ Considero valore/ risparmiare l’acqua,/ riparare le
scarpe,/ tacere in tempo,/ accorrere a un grido,/ chiedere permesso prima di
sedersi,/ provare gratitudine/ senza ricordarsi di che.
(Erri
De Luca, con semplicità e fermezza, ci riporta ai valori che dovrebbero essere
alla base della nostra umanità).
E
anche per oggi mi fermo qui. per me è un valore ritrovarci insieme con poesia…
Angela/Lina
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