E alle cinque di questa mattina una gioia inaspettata: mio figlio! Nato tra il martedì di Carnevale e il mercoledì delle Ceneri, lui scelse il Carnevale e fu ed è CORIANDOLO PAZZO per tutta la vita piuttosto che un improponibile PENITENTE per tutta la vita. A lui subito dopo andò il mio canto che ripropongo perché avevo solo trent’anni e avevamo una vita ancora da vivere insieme e non. Ma portato nel cuore sempre come ogni figlio atteso e da subito amato. Questo canto non si ferma al passato, ma abbraccia il presente e il futuro… Perché stiamo sempre insieme pur non stando più insieme. Come è giusto che sia:
Perdonami figlio se ho riso e pianto
quando t’ho messo al mondo
nell’incertezza della tua vita futura
(e della mia)
Perdonami figlio per le notti bianche
insonni alla tua culla
con mani stanche e cuore sfinito
e labbra spente senza più il filo
d’una ninna-nanna
e alba di sconfitta tra le ciglia.
Perdonami figlio per le fiabe non dette
(e il registratore senz’ansia né mistero)
per i giochi non condivisi
per le tue conquiste già deluse
dal mio disattento silenzio
per le mie ore colme di mille cose da fare
(con tutte le pratiche inevase
della
mia irrequieta giovinezza)
Contro i tuoi giorni vuoti
di parole solo attese di sorrisi non ricevuti
di tenerezze sognate e non vissute
col capo alle ginocchia e ciglia tra le mani
E le tue pene raccontate con i silenzi
poi nascoste nel cuore.
Perdonami figlio per i miei pensieri
lontani
ottusi ai tuoi perché troppo vicini
negli occhi immensi a contenere
il mondo
e grande e bello e tutto da scoprire
Per me tutto scontato vissuto ormai ignorato…
Perdonami figlio se sei un po’ cresciuto
e io testarda ti traduco in segni le parole
fiorite
d’improvviso
rubando la tua infanzia tra pagine di
tristezza
con spazi definiti che non volevi riempire
con mani inerti su grembiulini blu
la divisa che ti mette in fila per due
nell’esercito della scuola con l’attenti
e il riposo
e il silenzio noioso e il libro di lettura
la bella scrittura le tabelline mai imparate
solo subite e ormai superate da computer
e tablet e minicalcolatrice da quel che si
dice
la tecnica e il progresso che ti daranno
successo se imparerai
anche tu
i vantaggi dell’avere di più contro
l’essere e il dare
e la gioia d’amare.
Perdonami figlio se ti hanno insegnato
che gli uomini primitivi erano i primi uomini
e noi quelli dell’era dell’atomica e della
scienza
che ha sconfitto l’ignoranza la fatica il
dolore
(e nel mondo più di un bimbo muore
con i giochi da dimenticare
e la violenza da
subire).
Perdonami figlio per la promessa
di eternità
la luna a due passi in polvere di carta
stampata e immagini via satellite
solo ponte di nuove
Speranze
contro la quotidiana confusione
e ti nascondo l’incertezza la paura
l’alienazione la massificazione
dell’uomo-macchina e senza Dio
Perdonami figlio per gli uccelli
che non volano
e gli aerei alti oltre le nuvole leggere
da inventare
Per i fuochi d’artificio che splendevano
nel mio cortile
E la bomba luminosa con crudeltà
su Hiroshima.
Ed ero bimba anch’io e non lo sapevo
e altri che sapevano me lo nascondevano
per salvarmi dal sorriso perduto dei bimbi
di Awshwitz.
Perdonami figlio per un mondo che è solo
il terzo il quarto mondo come se stessero
ancora i primi e poi i secondi e i terzi
e gli ultimi sotto l’unico cielo
che ci vede nascere e morire.
Perdonami figlio ora già adolescente
se ti contrabbando la mia ignoranza
per certezza e verità la cultura
per onniscienza e tutta la stupidità
della mia maturità
i miei difetti per virtù l’ostinazione
per tradizione i cambiamenti
per
contraddizione e forse
chissà evoluzione
e le occasioni mancate come soprusi
a mio danno
da altri non da me dalla mia incapacità
a realizzarmi
oltre i miei pensieri a te ammanniti
per genialità.
Perdonami figlio se ho spento
le tue speranze con una manciata
d’irritazione contro la possibile involuzione
dei tuoi giorni futuri e le mie delusioni.
Perdonami figlio se ho soffocato
la tua voglia di vivere
con il mio cielo senza più orizzonti
e l’astenia e il quieto
vivere l’irrigidirsi delle mie arterie
e dei prati senza fiori
e dei mari senza vele e del mio porto
senza faro
e delle lucciole perdute nelle siepi
di un buio bosco
senza più ritorno
Perdonami figlio ormai cresciuto e vinto
per l’amarezza annientante del dolore
del primo amore perduto in poche ore
e la befana ormai lontana senza camini
né poesia
forse solo un pizzico di malinconia
per tanta ipocrisia e da te cercata
profumo di prato sotto un cielo di stelle
e parole ancora belle.
Le stesse in cui ho creduto e che avrei voluto
insegnarti se avessi saputo amarti
con più cuore
oppressa com’ero dalla mia urgenza
d’amore tanto amore.
Una sete mai spenta oltre gli anni maturi
e il disincanto.
Perdonami figlio ormai uomo maturo
se ti ho mentito perché ho creduto
di regalarti un mondo
fatto di sogno e di allegria senza ombra
di odio
o di malinconia
a cui sarebbe bastato il mio… il tuo canto
l’incanto soltanto.
Per questo non ho voluto negarti la VITA.
Ma da CORIANDOLO PAZZO sfuggito
al mio buonsenso
condito di sana follia continua tu
i miei passi in volo
(pensieri parole sogni illusioni speranze
canzoni)
con mani ancora colme di infiniti rivoli d’AMORE…
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