giovedì 22 febbraio 2024

Giovedì 22 febbraio 2024: TEA DALMAS HA RAGGIUNTO NICO MORI TRA LE STELLE...

Ieri pomeriggio mi è giunto questo messaggio di Manuela, amatissima figlia di Nico Mori e Tea Dalmas: Mamma Tea non c’è più. Le ho scritto che il cuore è sempre più “straziato” ad ogni nuova perdita e che solo pochi giorni prima avevo avuto un incubo in cui mi sembrava di assistere da lontano a qualcosa di spiacevole che li riguardasse. Svegliandomi di soprassalto avevo “sentito” un pianto che mi aveva messo tristezza e ansia per tutto il giorno. E avevo concluso: Ora so perché.

E da ieri mi tornano alla mente i tanti episodi “del cuore” che hanno costellato la nostra vita in oltre quarant’anni di grandissima sincera affettuosa amicizia. Il primo incontro avvenne negli anni Ottanta del secolo scorso in una saletta in cui si presentava il primo libro di Nico Mori Non chiamarmi superficiale: un elenco di donne amate, da amare, da scoprire, raccontato con sottile ironia e autoironia a rendere frizzante e coinvolgente la serata. La cosa che più mi sorprese fu la risata di Tea, sua moglie. Tra i due si leggeva una incredibile complicità, dovuta al forte amore che li legava. Nico e Tea conquistarono letteralmente me e Primo. Mio marito, del resto, si ritrovò in perfetta sintonia con la scanzonata autoironia di Nico. Stringemmo subito un sodalizio durato fino alla morte. Alcuni giorni dopo, infatti, Nico era nella Sala degli Specchi del Palazzo di Città di Bitonto a presentare una delle mie prime pubblicazioni, non ricordo più quale, ma sicuramente una delle mie prime sillogi di poesie. Tea era tra il pubblico ad applaudire. E non ci siamo più persi di vista. Ormai le nostre pubblicazioni avevano le nostre prefazioni o presentazioni. E le nostre famiglie con i figli piccolini avevano le nostre case come luoghi di frequentazione in cui si parlava di poesia: sogni, progetti, incanti. E fiorivano anche i nostri libri da pubblicare, da presentare. Anna Maria, mia sorella, con la sua formidabile voce, ci accompagnava in ogni manifestazione culturale e letteraria, mostrando la sua grinta e la sua determinazione a rinascere dopo aver perduto il suo giovanissimo e innamoratissimo Nicola, che aveva solo trentatré anni quando, per un assurdo incidente d’auto, la lasciò con due bambine piccolissime, frutto del loro immenso amore. Poi, dopo oltre dieci anni di vedovanza, Anna Maria incontrò Gianni, amante della scrittura pure lui, che si rivelò ben presto ottimo marito e premuroso padre per le due bimbe i lei e i suoi tre figli, nati da un precedente matrimonio. Purtroppo Anna Maria dopo un po’ di anni dovette abbandonare la sua chitarra per alcune allergie che le procuravano preoccupanti crisi d’asma. Ma si era sempre insieme. Si stava bene insieme. Il primo a lasciarci per sempre, nel 2008 fu Primo e aveva soltanto sessantasette anni, ma negli ultimi anni aveva trascurato molto la sua salute, nonostante i nostri continui solleciti a prendersene cura. Saremmo dovuti andare ad una visita di controllo solo un paio di giorni dopo…

E, intanto, il 2015 con grande gioia pubblicammo un libro di Tea molto importante per la sua famiglia e sicuramente di grande valenza storica per la nostra Casa editrice: Puse. Chi è Puse! Mi sembra importante conoscerla attraverso le stesse parole di Tea che vibrano in una sua lettera che precede tutto il libro:

Miei cari, Ho custodito gelosamente questo diario scritto per mia madre e affidatomi dalla nonna Vinka, con l’intento, un giorno, di tradurlo in italiano, perché ne restasse memoria nella nostra famiglia. Ora il proposito è diventato realtà, grazie anche al grande aiuto di Nico e Manuela: Nico ha saputo trasformare la mia traduzione “letterale” in un testo più “letterario”, vivo, conservando ed esaltando l’ironia e la curiosità intellettuale che animavano lo scritto e le parole della nonna e tracciando utili riferimenti storici. Manuela è stata impagabile per il lavoro al pc, la correzione delle bozze e l’impaginazione.

Man mano che traducevo, mi tornavano alla mente i tanti pomeriggi d’estate a Spalato, a casa della nonna Vinka, dove trascorrevamo le vacanze estive. Seduta sulla sua poltrona a dondolo, sul balcone, all’ombra dei rami di un grande fico mi raccontava della nostra famiglia, degli zii Ivo e Braco e dei nostri antenati.

In questo diario sono citate delle persone che ho conosciuto da piccola, per cui tutto quanto scritto dalla nonna mi è ancor più familiare. Aver tradotto questo diario è stato per me un atto d’amore verso la nonna, i miei genitori, mio fratello, i nostri figli. Per questo vorrei che i ragazzi avessero questo ricordo della “none Puse” e del meraviglioso nonno Franco, che non hanno conosciuto, il mio amato “papacci”, come lo chiamavo da piccola.

Traducendo e rileggendo questa storia, più di una volta i miei occhi si sono inondati di lacrime… ma non di dolore, piuttosto di tenerezza e nostalgia. Spero che questo scritto abbia anche per voi un grande valore sentimentale, come lo ha per me. Vi voglio bene. Tea

La prefazione al libro è mia. E mi piace riportarne qualche stralcio, per chiarire meglio chi è Puse e perché è così importante nella vita di Tea e di tutta la sua famiglia:

Puse è innanzitutto un atto d’amore di Tea Dalmas nei riguardi di sua madre Jelka, chiamata Puse, e di sua nonna Vinka Sperac Bulic (e chiedo scusa per gli accenti giusti che non so mettere), giornalista e femminista ante litteram nei primi anni del Novecento in quella terra mittleuropea tra Italia, Croazia e Dalmazia, che ha, nella storia di questa famiglia, come fulcro Spalato. (…). Si tratta, infatti, della pubblicazione del diario, che sua nonna aveva scritto dalla nascita della terzogenita, avvenuta nel febbraio del 2019, dopo parecchi anni da quella dei primi due figli, al 1953, anno in cui con una lettera accorata Vika, dopo circa dieci anni di silenzio per aver chiuso il diario con le nozze della sua amatissima Puse, lo riprende per cercare col suo amore e la sua tenerezza materna di consolarla per la morte prematura dell’adorato Franco, stroncato da una grave malattia cardiaca.

(…).

Ma Puse è anche la straordinaria testimonianza di uno spaccato di vita che coinvolge sì due donne, madre e figlia, quindi due generazioni a confronto, ma anche un intero popolo, anzi più popoli con la loro tormentata storia che riguarda ideali di libertà e soprattutto di rivendicazione di appartenenza ad un ceppo storico-culturale piuttosto che ad un altro; ideali e rivendicazioni, che fecero di quegli anni e di quei territori veri e propri campi di battaglie, acerbe e devastanti, a volte anche cruente o di forte tensione propagandistica e sociale, senza ottenere reali soluzioni di giustizia e di equilibrio tra le sacrosante aspirazioni indipendentistiche, talvolta anche romantiche, dettate, anche in quelle terre, dagli “eroici furori” di tutto l’Ottocento e la prima metà del Novecento (vedi l’impresa di D’Annunzio a Fiume e a Zara), e la concreta vita quotidiana della gente comune e dei suoi sacrifici per affrontare nuove e destabilizzanti situazioni famigliari e domiciliari come profughi o esiliati.  

Esperienza che toccò anche a Puse e ai suoi figli Tea e Rafo, che trovarono rifugio e ospitalità in terra di Bari.

<La “Storia di Puse” si conclude improvvisamente in una fredda mattina di marzo del 1991, seduta in cucina davanti a una tazzina di caffè, tra le dita una sigaretta mai accesa…>

Diciassette anni dopo Manuela Mori scrive di lei:

Mia nonna veniva dall’altra parte del mare, suonava il pianoforte ed era una regina, sola e straniera. Scappata dalla guerra, venuta nel profondo Sud del 1945. Fumava e portava i pantaloni, ed era uno scandalo. Vedova a trent’anni e con due figli da crescere, straniera, diversa. Capita da pochi, amata da pochissimi. A me è toccato trovarla, una mattina di marzo. La sera prima le avevo promesso che ci saremmo viste per stare un po’ insieme. Promessa non mantenuta. Per anni ho sognato film dell’orrore, silenzi, distanze. Mai un sogno felice, mai un abbraccio onirico, mai pace. L’ho amata tanto quanto mi manca. D’estate, quando torno dall’altra parte del mare, il primo bagno in mare è per lei. È, lei.

Il mio primo incontro con la Fine.

Le medicine, la solitudine.

Una vita in salita, ladra di sorrisi.

La canzone di Natale, il pianoforte.

Il tè alla menta, le sigarette.

Il nostro ultimo capodanno insieme, solo ti e io.

               Il profumo di lavanda.

Le carte, i cruciverba, il corso d’inglese a 45 giri.

               I libri gialli e i film western.

                    L’italiano a modo tuo.

           Il tuo grande, sfortunato amore.

Gli occhiali rosa e la tinta peldicarota al battesimo di mio fratello.

                                Il mare, i cani.

      Il pesce rosso nella vasca da bagno perché stesse più largo.

Tu seduta sul wc a sferruzzare, che ridi mentre sguazzo nella vasca col pesce, vestita di sana pianta.

Diciassette anni dopo, è solo ieri.

Non ti ho mai sognata, o almeno mai come avrei voluto.

Ti ritrovo nel volto di mia madre, e in un rito tutto mio.

Quando ogni anno torno dall’altra parte del mare, e davanti agli occhi, all’alba, eccoti.

                                                                     Con immenso amore,

                                                                                     Manuela

 

La Posfazione è di Nico. Bella. Sincera fino in fondo. Esplicativa dei tanti momenti bui vissuti in silenzio dalle due donne, madre e figlia, pur di non turbare il già scarso equilibrio socio-economico- familiare che entrambe stanno vivendo; ed esplicativa del travagliato momento storico che stanno vivendo l’una lontana dall’altra:

La “Storia di Puse” si incrocia anche con la tremenda storia dei popoli d’Europa in quegli anni: alla sua nascita, nel 1919, Zara è nel territorio del regno di Jugoslavia ma nel 1921, secondi gli accordi internazionali di Rapallo che ratificano il trattato di pace si Versailles del 1920, la città viene assegnata all’Italia e lei è già profuga con la sua famiglia, a due anni, verso Spalato, in territorio croato.

Poi… poi… poi… tutti gli avvenimenti si snodano fino all’adolescenza, la giovinezza, l’età matura di Puse. La sua venuta con i figli a Bari.

Il resto è storia che i nipoti conoscono benissimo e che Manuela ha sintetizzato con splendide parole e una tenerissima poesia.

Valeva la pena di raccontarvi una storia con tanto amore e tanto dolore, vissuta da Tea, Manuela e gli altri di casa fino a ieri. Solo fino a ieri.  Perché il pianto di Manuela, che ha tenuto tutta la notte tra le sue le mani di sua madre, perdendosi nei suoi occhi offuscati, diventi oggi la nostra preghiera, che raggiungerà, ne sono certa, Tea e Nico che si stanno abbracciando tra le stelle…

A presto. Angela

Nessun commento:

Posta un commento