E oggi permettetemi, amici miei carissimi e instancabili lettori, di parlare di Mariella Bettarini, mia coetanea e amica da oltre quarant’anni. Già da allora, come potrete vedere dalla dettagliata narrazione dello scrittore, poeta, saggista e critico letterario Luigi Fontanella, era molto famosa ed anche molto attenta alla scrittura degli altri, molto selettiva, anche nelle amicizie. La conobbi a Bari durante uno dei Convegni internazionali di “Donne e Poesia” realizzati e condotti da Anna Santoliquido, infaticabile nel promuovere incontri culturali tra i più grandi poeti e scrittori di fine Novecento. Mariella mi spalancò subito le braccia e il cuore dopo aver ascoltato il mio intervento sulla poesia. Da allora abbiamo spesso lavorato insieme, incontrandoci più volte a Firenze, dove risiede e dove incontravamo anche Gabriella Maleti, con cui condivideva la casa, l’amore per la scrittura e per la fotografia, fino alla pubblicazione del suo bellissimo Libro Poesie per mamma Elda con la SECOP edizioni (2019). Ora Gabriella non c’è più, nostro grande rimpianto. Anche lei nata nel 1942 a fine maggio come me. E ora abita nel nostro cuore. Ma per comprendere di più e meglio la grandezza etico-culturale della scrittura di Mariella Bettarini, ecco le parole di Luigi Fontanella:
PER MARIELLA BETTARINI
… noi - congiunti e
disgiunti / noi (sfatti)
facitori di guerre e /
paci / […] noi
leviamo le tende /
d’una occidente gloria
togliamoci le bende /
d’una (ac)caduta storia.
1. Scrivo con vivo piacere questa nota, critica
e testimoniale, sulla poesia di Mariella Bettarini la cui conoscenza - e successiva,
ancorché saltuaria frequentazione - risale nientemeno che alla lontana estate
del 1981.
Ricordo perfettamente
l’occasione di quel nostro primo incontro: avvenne a Siena, in concomitanza con
una lettura di poesia alla quale partecipai insieme con Mariella (appunto) e
vari altri poeti, senesi e romani, fra cui Roberto Gagno, Maria Jatosti,
Attilio Lolini, Francesco Paolo Memmo e Achille Serrao. Quest’ultimo, a quel
tempo, dirigeva con Carlo Ferrucci, Giancarlo Quiriconi e Marco Marchi una
collana letteraria per le Edizioni Quaderni di Messapo, frutto
dell’Associazione Culturale “Messapo”, che vedeva due specifiche città, Siena e
Roma, impegnate in questo progetto editoriale in comune. Grazie ad esso, furono
pubblicati vari libri di poesia, narrativa e saggistica i cui autori erano
poeti e scrittori di valore; ne ricordo alcuni, come Ferdinando Falco, Mario
Luzi, Francesco Paolo Memmo, lo stesso Serrao e- si parva licet – il sottoscritto.
Anni fervidi, quei primi anni Ottanta, per la poesia italiana, che si andava liberando del metalinguismo neoavanguardistico, che pure aveva lasciato tracce feconde nel linguaggio poetico di non pochi poeti attivi in quell’arco di tempo. La poesia di Mariella non era esente da quello sperimentalismo, a volte esasperato, solipsistico e perfino compiaciuto, ma in esso sapeva e voleva innestare, imprescindibile e personalissimo, il proprio impegno civile e umano. Questo strenuo impegno si è poi protratto per decenni, prima nell’àmbito della scuola elementare nella quale la Bettarini ha lavorato per un quarto di secolo, poi attraverso il sodalizio con Gabriella Maleti e l’intenso lavoro da loro svolto per le riviste “Salvo Imprevisti” prima, e “L’area di Broca” dopo, nonché attraverso la casa editrice Gazebo. Insomma, un’attività polivalente nella quale Mariella ha sempre messo al centro la Scrittura, fosse essa poetica o narrativa o saggistica o drammaturgica, creando uno stretto connubio tra teoria riflessiva del Pensiero e innata Sensibilità. In definitiva, un riflettere e sentire, il suo, fortemente intrecciato, come produttore di scrittura, o, altrimenti detto, usando un accoppiamento caro a Giulio Carlo Argan, che fu uno dei miei Maestri a La Sapienza, di Progetto e Destino. Credo che in tutto questo Mariella Bettarini intendesse anche superare gli steccati dei “generi” - tipici ad esempio certi suoi versi lunghi quasi tendenti a una prosa ritmica e al contempo qua e là improvvisamente smorzati -, ponendo in primo piano lo scrivere tout court, concepito con passione e ragione, impegno e ricerca, immaginazione e argomentazione. Come a dire che, alle spalle di questi binomi, c’era stata, per lei, la lezione vitale di poeti e intellettuali esemplari, veri e propri mentori ideali della Nostra, come Leopardi, Gramsci, Gadda, Landolfi, Pasolini, Volponi, Palazzeschi, don Milani, Zanzotto (sono i primi nomi italiani che mi vengono in mente, ai quali si potrebbero aggiungere opportunamente alcuni nomi storici di assoluto valore internazionale, come Emily Dickinson, Simone Weil - di lei Mariella tradusse e pubblicò nel 1970 Lettre à un religieux, per le Edizioni Borla - Hart Crane, Jean Paul Sartre, Albert Camus, Paul Celan, ecc.
2. Nella poesia di Mariella appare evidente, fin dalle prime prove, l’impulso cogente del voler e del dover dare voce al mondo di coloro che nell’odierna società apparivano (e appaiono) persone emarginate, sfruttate, strumentalizzate, violate, o razzisticamente vilipese. Da qui la spinta a considerare la figura (e la funzione) del poeta come facente parte non di un’umanità privilegiata, ma di una comunità diversificata in cui sopravvivono vantaggi e benefici di casta, nonché pregiudizi sociali - ad esempio quelli nei riguardi del lavoro sottopagato delle donne rispetto a quello degli uomini: un scontro, questo per l’emancipazione femminile, che è sempre stato uno dei campi di battaglia di Mariella. Ecco che allora alla base del suo lavoro poetico importa(va), sì, la ricerca linguistica, lo scavo e il rovello nella/sulla parola, ma anche un vero e proprio lavoro intellettuale da considerare mai fine a sé stesso: il linguaggio critico e creativo, concepito, in definitiva, come mezzo e non come scopo ultimo. Da questa piattaforma, il testo poetico per Mariella ha un valore vero solo se alla dimensione estetica si unisce quella socio-etica. È da questa inscindibile relazione che scaturisce la “semplicità”, o ancora meglio l’autenticità (termini da intendersi nel loro valore, spoglio da un lato ma politicamente pregnante dall’altro). Solo assumendo in sé questa consapevolezza - in una società letteraria che oggi come oggi va sempre più corrompendosi o polverizzandosi telematicamente (Cesare Segre) -, il poeta potrà davvero sentirsi francescanamente “fratello” e “sorella” di ogni Creatura della nostra Terra. Questo eviterà anche che la poesia, come ha affermato più volte Giorgio Caproni (ecco un altro poeta che si potrebbe inserire fra i mentori ideali della Bettarini), diventi “chiacchiera”, futile chiacchiericcio, banalizzazione verbale senza alcuna professionalità, attraverso gli abusatissimi social.
Una rilettura del suo po(n)deroso volume antologico, intitolato A parte - In immagini 1963-2007, uscito da Gazebo undici anni fa, sta ampiamente a dimostrare questi appunti critici che vado scrivendo. Di questo suo fecondissimo, ormai più che cinquantennio creativo, qui mi piace ricordare velocemente alcuni tratti e modalità espressive. Per esempio quelle legate alla raccolta Case, Luoghi, la Parola, uscita originariamente presso l’editrice Fermenti di Roma e vincitrice del Premio Anna Borra, in cui l’inesausta “interrogazione” dell’Autrice s’intreccia sapientemente con l’ostinato scavo linguistico e con la sua forza (auto)analitica. Oppure penso al volumetto Per mano d’un Guillotin qualunque (Ed. Orizzonti Meridionali, 1998), dove il tipico rovello linguistico di Mariella sembra a tratti girare centripetamente su sé stesso, trascinando in una spirale fatale la stessa energia verbomentale della scrittrice, sia per il ritmo martellante dei suoi settenari sia per gli effetti di una spietata quanto ironica autoanalisi psicofisica («è la speculazione / un montarsi la testa? / o filosofeggiare / adiuva l’endogena modestia? / dilemma fatuo-fiero / dilettosa tempesta»). Ma in mezzo a queste movenze sempre abbastanza taglienti, ecco a un certo punto farsi strada perfino degli haiku, gentili e delicati, a lei venuti balsamicamente incontro in un magico maggio (mi riferisco alla graziosa plaquette Haiku di maggio (Gazebo, 1999): «Conceda maggio / noi (suoi amatori) / finito omaggio». E come non ricordare poi il denso volume La scelta - la sorte (Gazebo, 2001)? Un libro in cui Mariella scandaglia accanitamente il mondo: quello interno a sé stessa e quello esterno che la circonda, fino a porsi domande estreme sul come e perché del nostro esserci e di tutto ciò che esso percorre attraversando il nostro provvisorio destino di viventi-di passaggio: le scelte e gli accidenti personali e perfino certi umori che li determinano. Un libro memorabile, complesso, lucido, appassionato. Direi tra più ambiziosi e seducenti pubblicati in Italia all’inizio del terzo millennio. E per finire, last but not least, non posso non ricordare il recentissimo, toccante Poesie per mamma Elda (SECOP Ed. 2019) - sto vertiginosamente sintetizzando - , un bel libretto connotato da un appassionato amore filiale, dedicato da Mariella a sua madre Elda Zuppo, «a testimonianza della sua serena, umile, dolorosa Persona» - come annota la stessa autrice nella sua telegrafica Introduzione. E davvero struggenti, come sigillate nel tempo, sono le immagini dell’album fotografico collocato in appendice. Per me assolutamente stellare e indimenticabile la prima fotografia, che ritrae Elda, al suo debutto come soprano, nell’opera Il matrimonio segreto di Domenico Cimarosa, al “Massimo” di Palermo, poi al Comunale di Firenze e alla Fenice di Venezia, anno 1940. Commovente e lancinante, nella sua articolazione in memoriam, la poesia a p. 37, a mio avviso l’apice dell’intero libro. Ne trascrivo gli ultimi versi: «le tue cose ritrovare quest’oggi /in una scatola m’hanno portato / tante lacrime - quelle / che non riuscii a piangere (io che mi sapevo pronta / al tuo gran passo - al mio) /quelle che oggi qua /piango per te - per me - per queste farfallette /di latta - queste bigiotterie - / per questa scatola /di tesori da nulla che t’incoronano regina /e madre del mio rimpianto.»
Grazie, Mariella, per tutto ciò che hai donato ai tuoi lettori e alla tua Firenze, città talora impettita e forse fin troppo orgogliosa; una città non sempre propensa alla tenerezza.
Long Island, 7-8 settembre 2019
Luigi Fontanella vive tra Firenze e Long Island, New York.
Poeta, saggista e narratore, tra le sue più recenti pubblicazioni di poesia: L’angelo della neve. Poesie di viaggio (Almanacco
dello Specchio, Mondadori, 2010); Bertgang
(Moretti & Vitali, 2012, Premio I Murazzi); Disunita Ombra (Archinto, 2013, Premio Nazionale Frascati Poesia
alla Carriera); L’adolescenza e la notte (Passigli,
2015, Premio Pascoli, Premio Viareggio Giuria); La morte rosa (Stampa, 2015); Lo
scialle rosso (Moretti & Vitali, 2017).
Vanno anche ricordati i romanzi Controfigura
(Marsilio, 2009) e Il dio di New York
(Passigli, 2017), e, per Macabor editore, il volume Viaggio nella poesia del Sud nazionale e cosmopolita. La poesia di
Luigi Fontanella, a cura di Bonifacio Vincenzi. luigifontanella02@gmail.com
Di Mariella e Gabriella parlerò ancora, riportando parole, poesie, pensieri, emozioni…
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