Fu tutto in un istante
il dirsi arrivederci ed era addio
in quel presentimento
che mai ci abbandona
E fissa momenti
in cui tutto accade ed è eternità.
(a.d.l., “in
un solo istante”)
La nostra umanità alla deriva. Ed
ecco alcuni esempi che fanno male. 1° agosto 2020:
Ho dovuto attraversare
il silenzio prima di ritrovare il senso delle parole e dare voce ad uno
sgomento senza fine: il primo agosto di tre anni fa una donna a Crema aveva deciso di protestare contro un mondo che
molto probabilmente non riusciva più ad accettare, dandosi fuoco in un parco
appena fuori città. Circa venti passanti si fermarono per assistere alla sua
disperata protesta senza muovere un dito, anzi filmando col telefonino la
“scena” quasi fosse un film e non una tragica realtà. Solo un signore scese
dalla sua macchina per prestarle soccorso, aiutato da un paio di ragazzi che
accorsero con un estintore. Invano. Non ci fu modo di salvarla. Vano anche
l’intervento del 118 che, chiamato d’urgenza dal pietoso soccorritore, non
ritenne opportuno neppure portarla in ospedale, avendone constatata la morte. Ma
la stessa sindaca di Crema rimase sconcertata e fortemente provata dalla
terribile vicenda, non solo per l’indifferenza dei suoi concittadini, quanto e
soprattutto per la loro assoluta mancanza di umanità.
Uno su venti l’assurda
statistica che la mente registra, dopo giorni di muto rifiuto di pensare, per
una sopravvivenza istintiva, alla penetrazione profonda e dolorosa di questa
sconcertante realtà dei nostri giorni. E ne avverte la fiamma ustionante nelle
viscere e si ribella. È una realtà
talmente inaccettabile da urlare ora al cielo lo sdegno e la paura: sdegno
per la nostra società alla deriva, dominata ormai da un linguaggio che non
appartiene più agli uomini e neppure alle belve che riteniamo feroci (pur
sapendo che agiscono per istinto o per fame e per dare da mangiare ai propri
cuccioli), ma alla tecnologia digitale che ci ha resi sempre più schiavi della
comunicazione virtuale a discapito di quella reale; paura perché, attraverso la
dipendenza patologica da smartphone e tablet con l’iperconnessione continua,
sempre più si sta producendo tra i piccoli, gli adolescenti, ma anche tra
adulti e anziani, un progressivo “isolamento sociale” e “distacco dalla
realtà”. Con conseguenze davvero
pericolose per la nostra stessa salute fisica e mentale.
Macchine tra le
macchine, dunque. E l’acutezza della mente non disgiunta dalla sensibilità del
cuore? Appiattite se non del tutto azzerate, come tanti comportamenti di
teppistelli di scuola primaria ormai evidenziano e dimostrano. E non sembra più
il caso di liquidare il fenomeno con qualche vignetta o battuta per evitare di
sottolinearne gli aspetti negativi tout-court,
per via dei suoi innegabili aspetti positivi, di cui bisogna tener necessariamente
conto ai nostri giorni: siamo reperibili in tempi supersonici; possiamo mandare
un messaggio facendo solo un clic; ritroviamo in men che non si dica amici
perduti nel tempo; possiamo essere informati di tutto a tempo di record…
Diventa, comunque,
sempre più urgente qualche amara o drammatica riflessione: come salvarci dallo scempio della nostra anima cristallizzata in una
sorta di glaciazione dell’anelito spirituale nella totale desertificazione del
cuore?
L’episodio terribile
di Crema non è isolato né riguarda una sola città. Basta osservare la realtà
che ci circonda o leggere, guardare, ascoltare gli avvenimenti della cronaca
quotidiana per inorridire di fronte ai tanti casi di bullismo e cyber-bullismo, che i piccoli e gli adolescenti
praticano con violenza inaudita, utilizzando anche dei video di scene
raccapriccianti che vengono fatte circolare poi sulle chat e sui social
network, in un crescendo di delirio di onnipotenza e di presunta immortalità,
nonché di manipolazione delle coscienze delle vittime fino a indurle, come a
volte è accaduto, persino al suicidio.
Cosa scatta nella
mente di questi ragazzi? Cosa è venuto a mancare nelle prime fasi della loro
vita? Indubbiamente l’amore e la cura dei genitori, mentre si è aggiunto
l’esempio di una società distratta, indifferente, egocentrica. Zygmunt Bauman, sociologo e filosofo
polacco, ha scritto spesso di “società liquida” e senza più “puntelli”
valoriali perché rivolta esclusivamente ai consumi e all’aspetto materialistico
della vita. Purtroppo anche lui ci ha lasciati da poco orfani della sua mente
protesa a cambiare in meglio il mondo. Con l’unica risorsa possibile: l’AMORE.
Un bambino atteso,
amato e allevato con cura non potrà mai diventare un ragazzo violento o un uomo
senza scrupoli. Certo, non dobbiamo sottovalutare le influenze ambientali e
sociali e il cattivo esempio che ne deriva. Ma niente, a mio parere, è più
forte dell’AMORE, quello autentico che non lascia spazio alla mistificazione e,
nelle personalità più fragili, alla penetrazione di comportamenti alienanti e
fuorvianti.
La donna di Crema fu
identificata. Per la polizia, che sta facendo indagini sulla sua dolorosa
vicenda, ha un nome e un’età. Ma per tutti noi è rimasta senza volto e senza
storia. Molto giovane, anche se non più giovanissima, ha reso visibili, col suo
gesto disperato, sicuramente un dolore nascosto, ma forse anche una mancanza,
un’assenza, una delusione, un tradimento, una difficoltà economica divorante,
una solitudine subìta e non accettata, di cui non sapremo mai.
La sua coscienza
obnubilata da un peso troppo grande sul cuore per impedire persino alla sua
anima di volare oltre ogni miseria umana? Non lo sapremo mai.
Ma è la nostra
coscienza che dovrebbe risvegliarsi, e ribellarsi fortemente alla narcosi della realtà virtuale e farsi lucida e
attenta custode della nostra realtà “reale” e della nostra umanità. Quella
autentica, vera, legata ai valori di sempre, per rinascere infinite volte e
magari permettere nuovi tenerissimi voli alle anime deboli o spezzate e distrutte.
Abbiamo tutti bisogno di tenerezza, che lo si voglia ammettere o meno. “Nessuno si salva da solo” (M.
Mazzantini). Frase riproposta da Papa
Francesco nelle sue straordinarie omelie in Santa Marta.
Se uno su venti sente ancora il senso della sacralità
della vita, c’è ancora speranza che il rigagnolo si faccia fiume, mare, oceano.
Non può essere troppo tardi.
Sono le gocce, una ad
una, a formare le distese delle azzurre acque e a sollecitare il nostro
stupore, che ci permette di ritrovare il miracolo del sentiero fiorito della
nostra spiritualità tra il bianco spumeggiare improvviso delle onde e farsi
nuova sorgente di Innocenza e di Vita. Forse, Preghiera. Dovremmo, però, vincere
le innumerevoli CONTRADDIZIONI che
stanno alla base della nostra stessa esistenza. Estremi che ci affascinano e ci
spaventano persino nella stessa natura.
Mi riferisco ai tanti
femminicidi che accadono di continuo, a volte sotto i nostri occhi, il più
delle volte ne abbiamo contezza attraverso i telegiornali. E qui scatta la
“notizia”: tutti ne parlano, tutti hanno una loro opinione e si allarga a
dismisura il “siparietto” di chi narcisisticamente ama la vetrina con foto
della vittima di turno, persino canzoni orribili e terribilmente oscene, a mio
parere, tik tok vaneggianti. Sarebbe meglio il silenzio per lasciare che le
vittime “riposino in pace”. Occorre, magari, spezzare una lancia per chi ha
scritto una poesia, fatto un disegno, proposto una prosa sofferta, con assoluto
candore e sincera commozione, postandola su FB, nuova Agorà di ogni sentimento
e risentimento, che sfiora, anche via web, la sacralità della gioia e del
dolore.
Ma parlavo prima di
contraddizioni. Riguardano noi umani spesso “disumani” e il nostro blaterare su
tutto. Il più delle volte senza cognizione di causa. E ci sfuggono realtà come
quelle denunciate dall’autrice Robin
Norwood nel suo libro ormai datato Donne
che amano troppo (Feltrinelli, Milano 1985), con prefazione di Dacia Maraini, che non si risparmia mai
su questo versante. Realtà come la “Sindrome
di Stoccolma”, per cui la vittima s’innamora del proprio carnefice e non
riesce a lasciarlo, sperando in un suo ravvedimento. Realtà come quella vissuta
da tanti uomini che hanno avuto mogli terribili (peggio della Santippe di socratica memoria), che li
hanno alienati e distrutti psicologicamente portandoli ad atti di violenza
sconsiderata o a totale chiusura in un mondo di gelo e di indifferenza a tutto,
persino alla vita (senza con questo giustificare qualsiasi atto di violenza.
Forse di sana ribellione sì). Realtà come incompatibilità culturali,
caratteriali, sociali, familiari, che logorano rapporti di lunga durata, di
forzata convivenza entro quattro mura, troppo strette per lasciare un respiro
di libertà. Realtà come matrimoni
paravento, come un tempo accadeva, tra uomini omosessuali o bisex, con
inevitabili conseguenze sulla coppia, eventuali figli, la stessa famiglia.
Realtà come atavici pregiudizi duri
a morire in certi ambienti e strati sociali, pregiudizi che inquinano rapporti
di coppia, delle famiglie, dell’intera comunità.
E i bambini? A quali conseguenze vanno incontro? Quali colpe hanno? Ne parliamo
abbastanza? Li ascoltiamo davvero? Quanto importante il parlarsi. L’ascoltarsi.
Per capirsi. Per aiutarsi. E invece…
E i social oggi non sono estranei a molte di queste realtà vissute
con false identità e nick-name fasulli, che sembrano dare diritto a doppia
personalità, a forzature di ogni genere, a un linguaggio banale oppure volgare,
scurrile, aggressivo. E i più giovani si sentono autorizzati, senza ancora aver
maturato senso critico e convinto discernimento tra bene e male, a seguirne gli
esempi.
Sono realtà così composite e complesse, a sempre più a vasto
raggio, che non vanno ignorate o criticate, ma lette, studiate, accolte o
rigettate senza clamori, proclami, fanfare e suoni di tamburi. Con oculatezza,
serenità di giudizio, umana pietà, ma anche umana giustizia. Tanta umiltà.
L’arroganza dei nostri
giorni è un’altra realtà dei nostri giorni. Ritengo che in passato fosse meno
praticata. Ma potrei sbagliarmi. Occorre confidare nel cambiamento. Ogni
trasformazione è inevitabile e necessaria. Sperando sempre di ritrovare la via
giusta del CUORE.
Mi piacerebbe sentire il parere di chi legge queste mie
riflessioni come sempre chilometriche. Grazieeeee. Angela
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