Ora che tutto si è fatto silenzio dopo tanta esaltante gioia
dei vari Premi ricevuti dall’Università di Dallas (Premio Gjenima),
dall’Uzbekistan (Diploma alla famosa poetessa italiana ANGELA DE LEO in
riconoscimento del suo grande contributo alla poesia, per le sue opere poetiche
e filosofiche scritte in uno stile chiaro e incisivo, diventate fonte ideale di
ispirazione per tutta l’umanità), e una mattinata speciale organizzata da Porta
D’Oriente, l’Associazione culturale di grandissimo respiro letterario e umano,
presente in Puglia, la cui Presidente è la infaticabile superdonna Cettina
Fazio Bonina, coadiuvata dal Sindaco di Modugno, arch. Nicola Bonasia nella
Sala Consiliare di Modugno (Bari). Tra i relatori lo scrittore Raffaele Nigro,
Premio Campiello 1987, finalista Premio Strega 2023 e vincitore Premio Porta
d’Oriente 2022, e Giovanni Dotoli, Presidente dell’Accademia
Mondiale della Poesia. E, naturalmente, Gjeke Marinaj, colui che ha percorso i
cieli per 36 ore dal Texas in Italia per fermarsi, in prima battuta a Roma, per
la Cerimonia di premiazione, portando con sé un bagaglio non indifferente di
bandiere, medaglia, diploma, fascia tipica inviatami dall’Università di Dallas,
presso la cui sede è situato il Comitato del Premio internazionale Gjenima per
la Letteratura, un carico di libri STEPS, la mia antologia poetica, tradotta
meravigliosamente in inglese dalla traduttrice e poetessa Selvaggia C Serini, e
pubblicata dall’Università di Dallas dopo severa selezione da parte di ben tre
giurie formate da agguerriti critici letterari di tutto il mondo. Antologia per
cui mi è stata assegnato il prestigioso Premio. Ma, prima di ringraziare
tutti di vero cuore, desidero riprendere in parte il discorso di Gjeke Marinai
nel consegnarmi il Premio Gjenima, il mio discorso in risposta e alcune poesie
lette in questi giorni. Sono ancora trepidante per tutti questi doni che in
tarda età mi stanno tanto emozionando da volerli condividere anche con tutti
voi che mi leggete con tanta benevolenza e tanto affetto.
Discorso di Gjeke Marinaj nel consegnarmi il Premio Gjenima
a Roma: Il Premio Gjenima, di lunga data, viene presentato come segno
di gratitudine per il magnifico potere della parola scritta al servizio
dell'umanità. Il premio riconosce con una prospettiva globale l'autore di un
contributo letterario significativo o di un singolo risultato letterario
eccezionale che è stato, o ha il potenziale per essere, una forza positiva nel
nostro mondo contemporaneo. È con profonda riverenza che mi trovo oggi
davanti a voi, incaricato di conferire il Premio Gjenima per la Letteratura
2023 a una figura di statura artistica unica: la straordinaria Angela De Leo.
In un mondo saturo di una miriade di voci che chiedono riconoscimento, il suo
mormorio sereno risuona più profondamente del tumulto discordante che la
circonda. La letteratura funge da specchio per le nostre anime, un
riflesso delle nostre paure e desideri più profondi, aspirazioni e desolazioni.
Crea immagini della nostra psiche condivisa, in cui vediamo noi stessi, le nostre
fragilità e forze, le nostre gioie e le nostre tribolazioni. Tra le superfici
specchianti della letteratura, la poesia di Angela De Leo funge da prisma,
rifrangendo non solo ciò che è, ma ciò che potrebbe essere, superando così i
limiti della nostra immaginazione. Per citare le sue parole:
"Gli uccelli volano contro l'alba di giorni lontani
ancora in attesa
il miracolo della vita..."
Come gli uccelli nella sua poesia, la poesia di Angela De
Leo non richiede affermazioni o consensi, eppure continua a cantare
instancabilmente - un tributo alla resilienza dello spirito umano e alla
potenza delle parole.
Dal "Cortile al cielo", l'universalità dei suoi
versi illumina il nostro mondo. Le sue parole servono come conforto per il
solitario, guarigione per il dolore, guida per coloro che si perdono nel vasto
oceano della vita. La sua poesia, minimalista ma profonda, è una lezione di
contraddizioni: un'esplorazione dello sconfinato all'interno del limitato,
dell'eterno all'interno dell'effimero.
Onorando Angela De Leo, non stiamo semplicemente lodando
una poetessa, ma riconosciamo una inseguitrice della verità, un'amante della
filosofia, una tessitrice di sogni che ha viaggiato fino ai confini
dell'esperienza umana. La sua intuizione, racchiusa in versi, ha aperto le
porte a una comprensione più profonda della nostra comune umanità.
Signore e signori, è per me un immenso onore conferire il
Premio Gjenima per la Letteratura ad Angela De Leo, una poetessa le cui parole,
come un faro nella tempesta, brillano nel profondo della nostra esistenza e ci
guidano alla sacralità della scrittura e della vita. Possa la sua poesia
continuare a ispirare, stimolare, consolare e illuminare il nostro mondo.
Grazie Angela De Leo
Grazie, Italia
Un Discorso davvero emozionante. Ed ecco il mio in risposta.
Con qualche integrazione doverosa ma inadeguata a una più esaustiva riflessione
durante la premiazione per via del tempo breve.
Discorso di Angela De Leo: Un libro deve essere
un’ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi (Franz
Kafka, da Una lettera a Oskar Pollak - novembre 1903). È una
intensa definizione del libro, rivisitata recentemente da Massimo Recalcati,
psicoanalista e saggista di chiara fama. Recalcati parte dalla definizione di
libro, che è un mare aperto, libero e porta lontano, ma è anche
“corpo” e “coltello”. Corpo, perché è fatto di parole scritte che si
fanno corpo, cioè carne della nostra carne, come, del resto,
afferma anche Paul Valery. Ed è coltello, in quanto dopo il primo colpo
per penetrarvi è il libro stesso che ci ferisce e si prende l’anima e tutta la
parte più nascosta di noi, la nostra “lalangue”, la nostra lingua interiore,
la nostra musica e il nostro canto.
Franco Buffoni parla di “ritmo ancestrale”, che è quel
respiro che viene dall’imparare a parlare, dal battito del cuore materno. E
siamo già nel cuore della poesia. E credo che possiamo riferire tutto
questo anche alla mia poesia. La POESIA. Non basterebbero mille trattati
per parlarne. Per me è un Dono Immenso che ci avvicina alla divinità e
all’essenza più profonda delle cose e della nostra anima. Si nasce poeti,
questo è certo, ma tiriamo fuori questo immenso dono, quando qualcuno ci lascia
involontariamente una ferita irrimarginabile, come sostiene la grande poetessa
Mariella Bettarini, mia meravigliosa amica da oltre trent’anni. E come
sostengono perlopiù i tanti amici poeti che conosco in Italia e
all’estero. Ma io ritengo anche che ci siano i momenti giusti, le
occasioni, le opportunità, gli amici sinceri e generosi, a cui dobbiamo essere
sempre grati. E occorre partire dalla prima fonte per comprendere meglio la
foce e non viceversa come spesso accade. Si perdono così i punti nodali della
nostra gratitudine. Ma, qualche volta, lo zampillo originario, degno di perenne
ricordo e gratitudine si smarrisce nelle brume di ciò che è accaduto dopo e che
spesso è meglio non ricordare per non sentirsi feriti ulteriormente. Accade,
purtroppo, dopo anni di serena e fattiva militanza in un gruppo che niente più
vada per il verso giusto per ripensamenti improvvisi, incompatibilità di ruoli,
insofferenza verso i meriti altrui, e così via. Le immeritate pugnalate alle
spalle, però, purtroppo non si dimenticano. E di tanto in tanto riprendono a
sanguinare. Soprattutto nei momenti più felici come quelli che oggi sto
vivendo. Ecco pochi versi a testimoniare la devastante realtà di quei giorni
per fortuna lontani: … In questa rosa d’azzurro/di onde increspate/ ho
inabissato il cuore ferito/ dall’assalto feroce d’improvvisi corsari/ amici di
lungo corso e d’antiche intese./ Ho un cuore svuotato/ colmo d’inasprito
stupore/ e mille domande di frantumata rabbia/ roccia devastata da tempeste
d’acque/ spaventate di vento e urlo di saette/ a sbriciolarsi in millenaria
sabbia./ Rumore di risacca annulla orme/ di tempo condiviso/ ignaro di violenza
che ha suono di follia./ (ora mi culla una nenia di barche solitarie/ uncinate
all’unica stella cadente/ che ha ancora respiro di cielo)
Personalmente, allora, evitando di ricordare quanto mi
massacrò di inaspettata violenza che ritenni improvvisa follia, devo essere
grata a Dragan Mraovic che, in oltre quarant’anni di sincera e disinteressata
amicizia, ci ha invitato ogni anno, dal 1992, ai tanti Convegni Culturali
Internazionali che si tengono, con cadenza annuale, a Belgrado dove in una
settimana si fanno incontri, nascono amicizie, ci si scambiano libri ed
esperienze, si ricevono premi e pubblicazioni o possibilità di pubblicazione in
altri Paesi stranieri. Tantissimi sono gli amici che, in Italia e
all’estero, mi hanno offerto delle opportunità di crescita letteraria,
culturale, umana. Dragan è stato per decenni il mio angelo tutelare, senza
risparmiarsi mai durante i nostri soggiorni a Belgrado e a Smederevo, altro
luogo sacro per il Festival della Poesia d’Autunno, che si tiene in ottobre, e
dove libri e premiazioni vanno a braccetto, e la Letteratura mondiale è di
casa. Si viene accolti dal sorriso cordiale di Goran Djordjevic, Presidente di
questo meraviglioso Festival da oltre cinquant’anni. Vi ho partecipato per ben
tre anni con tre importanti premiazioni per le mie sillogi poetiche.
In verità, io non ho mai chiesto attenzione o valutazione
per la mia scrittura. Per mia natura, sono restia a vetrine, favoritismi,
compromessi di ogni genere. Ho solo partecipato raramente, quando ero molto
giovane e ancora fiduciosa e sognante, a pochi Concorsi Letterari degni di
nota, che però non sempre sono avulsi da scelte “obbligate” dalle Case editrici
che hanno il monopolio di tali premiazioni “a priori” e “a prescindere”.
E oggi desidero ringraziare dal più profondo del cuore Gjeke
Marinaj per la sua affettuosa e reiterata richiesta dei miei versi, la sua
inestimabile sollecitudine nell’accoglierli e valutarli con grande impegno in
ogni minima fase della realizzazione della mia silloge poetica, la sua immensa
generosità nella Prefazione e nel suo meraviglioso e profondissimo Discorso
della Premiazione. Sono emozionata, commossa, onorata, e felice. La mia
gratitudine nei suoi riguardi, e nei riguardi dell’intero staff del Comitato
del Premio Gjenima, è immensa. Senza la sua e la loro rigorosa ma benevola
valutazione di STEPS da parte di tutto il Comitato non ci sarebbe stato questo
libro in inglese (con ulteriore versione in italiano della SECOP edizioni che
sarà a giorni nelle librerie), e soprattutto non ci sarebbe stato questo Premio
così prestigioso e ambito.
In verità, ritornando alla mia scrittura e alla sua nascita,
devo dire che è nata con me, ma è stata sollecitata a venire alla luce da quel
nonno affabulatore sempre presente nelle mie poesie, nei miei racconti, nei
miei romanzi, nella mia vita. Sono partita dall’“ascolto” delle sue fiabe e dei
suoi magici racconti…
Non scrivo per avere consensi, ma perché amo visceralmente
la scrittura. Senza non saprei vivere. Del resto, chi ha il dono immenso della
parola creativa e porta tra le mani fogli di Poesia ha il compito di abbattere
muri e di costruire ponti per “incontrare” gli altri e cercare insieme squarci
di Bellezza e di Verità. È un imperativo kantiano rivolto soprattutto alle
nuove generazioni. Il mio desiderio più profondo è che diventino migliori di
noi, attraverso il nostro “ascolto” del loro cuore. Ringrazio pertanto
ancora: i miei figli e nipoti, per avermi dato, con il loro amore, la
forza e il coraggio di rinascere ad ogni nuova alba.
Mio nonno, ancora presenza salvifica in tutti i miei giorni,
con tutti i suoi PASSI a sostegno dei miei.
Il Graphic Designer Nicola Piacente della NP Studio per
l’“idea” dell’immagine di copertina, completamente realizzata dal suo geniale
talento.
Il mio Editore Peppino Piacente sempre attento a realizzare
i miei sogni di carta e inchiostro.
La mia meravigliosa traduttrice Selvaggia C Serini per
essersi prodigata con grande generosità e abnegazione perché anche queste
ultime mie parole avessero suono di lingua universale.
I miei parenti e i tantissimi amici che mi corrispondono con
amore.
E, per il DONO immenso della POESIA, il buon DIO, a cui
sempre affido i miei incerti PASSI nella certezza del Suo abbraccio a
sostenermi ancora.
Sono, intanto, in attesa del file del Prof. Dotoli per
parlarne anche qui, mentre ho tra le mani la Relazione molto dettagliata del
mio percorso poetico e di scrittura creativa dai primi anni Ottanta del secolo
scorso fino ai nostri giorni, pronunciata con molto affetto e partecipazione da
Raffaele Nigro a cui mi lega un’antica e sincera amicizia. È lui che mi ha riportato
a quello zampillo iniziale: la Rivista letteraria <La Vallisa>, diretta
da quei lontani anni da Daniele Giancane. Ma chi s’interessò per prima alla mia
poesia, in una mattinata di chiacchiere “psicologiche” tra noi, fu la prof.ssa
Bice Leddomade, ordinaria di Psicologia dell’Età Evolutiva presso l’Ateneo
barese. Lei mi indicò il prof. Dell’Aquila di Letteratura Italiana che mi
invitò a far leggere i miei versi a Daniele. Questo segnò il mio ingresso e
quello di mio marito, Primo Leone, anche lui con fasci di poesie e racconti nel
cassetto, nel Gruppo dei poeti vallisiani. Ma vorrei dedicare più tempo e
spazio alla Relazione di Raffaele Nigro, che ha fatto uno studio approfondito e
decisamente connotativo del mio percorso nel campo letterario. Altra fonte/foce
che si permea di antica e rinnovata gratitudine.
Ma tra la fonte e la foce il mio pensiero grato e affettuoso
va a Silvana Folliero che ieri ha festeggiato il suo compleanno tra le stelle.
Per anni lo abbiamo festeggiato insieme sulla sua terrazza romana e nella sua
casa stracolma di libri. A lei devo la nascita della nostra Casa editrice
SECOP, a lei i lunghi anni di reciproca stima e amicizia, la nascita della
libreria Secopstore, l’eredità di <Dialettica tra Culture>, commutata in
<Correlazioni Universali>, come lei avrebbe voluto. E oggi è a lei che va
il mio commosso GRAZIE.
E… mi fermo qui. A prestissimo. Angela
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