Ancora culle e urne in questo mese di dicembre che corre a cedere il posto al Nuovo Anno, mai così atteso e mai così paventato. Stiamo per lasciarci alle spalle un anno oltremodo difficile e stiamo per vivere un anno che non promette granché di buono. Pure, Spes ultima Dea! Vogliamo sperare e credere ancora come ogni essere umano credo abbia fatto dai primordi dell’umanità.
Ci separano pochi giorni da questo
nuovo inizio convenzionale, ma importante per tutti noi che amiamo
ricominciare: nascere e ri-nascere. E oggi voglio ricordare ancora e ancora
Giovanni Gastel, che compie 67 anni. Troppo pochi per un UOMO come lui. E di
lui voglio parlare a sprazzi di ricordi, annidati nel cuore e nell’anima perché
Persone così non vanno mai via per sempre. Rimangono più VIVE che mai per
sempre. E parto dalla sua eccezionale umiltà, dote pregnante della sua
personalità e umanità. E, del resto, l’umiltà è una dote necessaria all’uomo di
fronte al mistero del Creato. Non se ne può fare a meno. Solo la nostra
arroganza ci fa dimenticare questa necessità. C’è, a questo proposito, una
poesia molto profonda di Giovanni. Eccola: Questo
giardino/ potrebbe essere solo/ un bosco di persone/ agitate e complicate dal
vento./ Ma non cerco la differenza stasera/ voglio con me il dubbio di non
essere diverso/ da questi fiori da queste piante./ Senza più sangue pulsante/
ma verde linfa che scivola dentro di me./ Torna immenso Pan/ a confermarmi che
sono ancora parte del tutto/ come era un tempo/ prima della paura e
dell’arroganza.
Mi sembra giusto, però, dopo aver
focalizzato la caratteristica che maggiormente lo connota, l’umiltà, rivolgergli
un pensiero di affetto e gratitudine per quanto ci raccontano le sue
fotografie, i suoi versi, i luoghi da lui attraversati sempre con occhi bambini
e attenzione agli altri, al mondo. E voglio ricordarlo con le parole non mie,
ma di chi lo ha conosciuto bene perché ha condiviso con lui esperienze di
lavoro, gioie familiari, lunghe vacanze e risate insieme. Il testo mi è
pervenuto grazie a Caterina De Fusco che lo ha letto per prima e me ne ha fatto
dono con la sua consueta generosità. Leggete un po’: “Giovanni Gastel tiene bottega a Milano, in via Tortona numero 16. Anche
se l’edificio moderno può trarre in inganno, si tratta di una delle ultime
botteghe artistiche di tipo rinascimentale. Qui, sotto l’occhio vigile del
maestro, le richieste dei principi della moda vengono soddisfatte da una
schiera di professionisti come in ogni bottega d’arte che si rispetti.
L’impressione è di un fervore continuo, a cui è molto difficile sottrarsi.
Gastel appartiene a quel genere di autori che amano circondarsi di persone
mentre lavorano, che traggono alimento dalla condivisione dei progetti. Quando
ho accettato di scrivere il testo, non immaginavo che avrei fatto più riunioni
per questa piccola mostra che per quella di Arcimboldo a Palazzo Reale. D’altra
parte Giovanni è un artista sensibile e generoso e lavorare al suo fianco -
almeno su di me - produce un effetto rigenerante. Come tutti gli artisti
ricettivi, dotati di talento naturale, nel lavoro è veloce e poco prevedibile. (…)
In queste Cose viste mi sembra di
riconoscere una parte della personalità di Giovanni più profonda e riflessiva,
di certo meno ironica di quella che conosciamo. (…) Come tutte le arti, la fotografia si fonda su un principio di selezione
e di cristallizzazione: l’immagine deve diventare forma, e attraverso di essa
acquisire un significato. Per risarcire l’indifferenza del tempo e delle cose,
l’artista - non solo il fotografo - deve rendere universale l’istante
particolare ed effimero, caricandolo di durata e di astrazione. Si potrebbe
dire che in queste foto Gastel cerca di cogliere, fin dove gli è possibile, il
lato perenne delle cose quotidiane. Gastel sembra comprendere che le forme
ideali e le armonie segrete non appartengono più al nostro mondo, e infatti non
le propone come modelli. Le lascia trasparire appena, come a indicare che la
possibilità di attingere a un senso più vasto rimane anche oggi, se pure
nell’incertezza che ci circonda, che la sacralità delle cose permane, se
soltanto si è disposti a vederla”. (giovanni gastel, cose viste, a cura di
francesco porzio, studiogiangaleazzovisconti, 15 settembre - 22 dicembre 2011,
Silvana Editoriale).
Quanto segue è una mia la mia nota di rimando: ‘Si tratta di alcuni stralci della Prefazione del prof. Francesco Porzio al catalogo della mostra di Giovanni Gastel, dall’autore intitolata “cose viste” e curata appunto dal su citato eccellente studioso e critico d’arte. Già la copertina minimalista del catalogo, tutta in minuscolo e ridotta all’essenziale, connota la semplicità e l’umiltà del grande artista, che nel 2011 era già all’apice del suo successo di fotografo. Ma quello che ancora di più mi affascina è il modo pacato, sincero, empatico del prof. Porzio nel descrivere lo studio gasteliano, come luogo fisico e dell’anima, in continuo magico fermento in conformità alla personalità “sensibile e generosa” di Giovanni Gastel, veloce e imprevedibile nella realizzazione dei suoi lavori, in perfetta sintonia e armonia con i tanti professionisti e allievi di cui amava circondarsi per diffondere la sua luce intorno nell’ambiente che abitava e a tutti quelli che lo circondavano. Giovanni cercava, raggiungeva e conquistava ogni giorno attimi puri di felicità per la gioia che gli procuravano la passione e il talento, legati al suo lavoro e alla sua poesia, e per il bisogno/desiderio di condividerla con tutti: con i presenti nel suo studio, ma anche fuori, con quanti (tantissimi) seguivano la sua mitica Pagina FB. Con quanti amava abbracciare con il suo sguardo generatore e donatore di sogni. Ma vorrei concludere queste pagine con alcune significative parole della carissima Caterina, che ha spesso condiviso la gioia di Giovanni Gastel nel suo studio di Milano e non solo, collaborando con lui in tante suo Mostre da un capo all’altro del nostro pianeta: Gastel approdò al “pensiero creativo” nel momento in cui iniziò ad eseguire scatti non più con la testa ma con l’anima. in quel preciso istante fu dimentico di diaframmi, esposimetri, tempi controllati, la fotografia per Giovanni divenne estensione automatica di sé stesso; ciò gli permise di far pace con i suoi “demoni”. Scattare divenne “pura gioia”, similmente ad un danzatore di Sufi che entra in connessione tra Cielo-Terra.
E a noi non rimane che la gioia di averlo incontrato, conosciuto, ammirato, amato in quel poetico contagio di anime che diventa conquista quotidiana di attimi di felicità nella consapevolezza che sia stato e sia davvero un dono per sé e per gli altri… E, così, sempre più la sua personalità e il suo talento si definiscono in un intreccio continuo delle sue doti straordinarie, che via via si dipanano nel restituirci la sua genialità ricca di mille sfumature: l’umiltà, l’ironia, la gioia di vivere e di produrre bellezza; la malinconia, sempre presente nei suoi occhi che guardavano lontano; la poesia intima e notturna per comunicare con sé stesso, con la gente, con il creato e il suo Creatore; la fotografia, lavoro e passione da vivere e da condividere con gli altri, in una esaltazione dei sensi e dell’anima. Esaltazione che nasce quasi sempre da una folgorazione, dovuta, fin da ragazzino, alla Bellezza del suo lago di Como; all’Armonia, che vi scopriva nella sua immensa villa di Cernobbio sul lago; alla Parola, che traduceva tutto quell’incanto in Poesia. Non a caso, trascorre, quando può e appena può, tutto il suo tempo libero in quel luogo incantevole, incendiandosi continuamente di passione per l’Arte a trecentosessanta gradi, facendola musa ispiratrice della sua scrittura: Scrivere è “il rumore del tempo” che passa. E ci trasforma pur lasciando intatta la nostra personalità di fondo. E la mia è quella di un sognatore. La parola è per me Luce che è la carezza di Dio, che ci ha donato tanta Armonia nel Creato: il giorno del plotone/ sia benda sopra gli occhi/ questa sconfinata bellezza.
Folgorazione, del resto, da folgorare, per estensione significa:
lampeggiare, fulminare, balenare. È l’improvviso accendersi del cielo con luce
molto intensa e luminosa. Quindi, è un diffondere vivida luce, ma anche
colpire, uccidere (scarica elettrica dovuta ad un fulmine).
Metaforicamente, la folgorazione è
l’illuminazione improvvisa che coglie tutti gli artisti. E di folgorazione si
può parlare di tutti i Progetti che Giò amava realizzare con gli altri e per gli altri. Lui non aveva bisogno di ulteriore fama, ma amava donare gioia agli altri. un esempio tra i tanto “Acque amate”, un Progetto
creativo, poetico, fotografico, sollecitato da due straordinarie fotografe,
discepole dell’immenso Giovanni Gastel, nel suo studio di Milano. Ho tratto dal
loro libro Acque amate, appunto,
firmato anche da Giovanni Gastel, due tra le più significative poesie che sono
un canto d’amore per il mare Adriatico di Senigallia (Delia Biele) e per il
lago di Como (Giulia Caminada).
La poesia di Delia ha per titolo “La
vastità del mare” ed è decisamente filosofica. Ci aiuta a pensare e a
riflettere: Quali varchi dovremo ancora
attraversare/ naufraghi in ogni dove col pensiero/ affacciati sul mare/ confine
dell’umanità/ a mani nude ci prepariamo alla lotta/ immersi nei nostri dolori/
accarezziamo l’onda/ sperando di partire/ o di tornare?
La poesia di Giulia s’intitola “Il
mondo emerso”: Come tazza dal bordo
irregolare,/ come fantasia senza geometria di una stoffa,/ come calligrafia
rotta da un tratto/ o energia che sprigiona da un gesto./ Non è più l’occhio/
ma la mente che vede./ Parca di parole/ ascolta il ticchettìo/ della pioggia di
primavera,/ partecipe dello splendore dell’universo.
Sono versi che corredano le splendide
foto di Delia e Giulia, sotto la evidente ispirazione del loro Maestro, non
solo per le immagini ma anche per le parole. L’intero Progetto piacque tanto al
grande Giò, il quale sul libro scrisse solo un anno fa: … Sono acque tormentate e serene sono scrosci e bagliori. Sono macchine
per pensare queste splendide fotografie. Brava Giulia, brava Delia. Con grande
stima. Giovanni Gastel.
E ancora mare e ancora amore per
questa distesa azzurra che ci regala fremiti di emozione purissima, in cui
ritroviamo, ciascuno con la sua storia, gli “istanti imperituri" delle nostre
vite.
E di “istanti imperituri” parla Giovanni, quando pone
ogni sua speranza nella carezza di Dio a calmare ogni dolore: “Se
come neve potesse/ la pace del cuore/ scendere su di noi./ Se il
vuoto accogliesse/ il nostro dolore/ le nostre assenze/e
restituisse presenza e gioia”./ Così mi hai detto/appoggiata alla
notte./E non ho saputo rispondere/ ma ho pregato lo spirito del
dolore/di alleggerire il nostro cammino./ Come angeli caduti/vaghiamo
nel mondo/ aspettando il Dio che ritornerà/ a placare questa
terribile solitudine/dell’anima./ Basterà una sua carezza a dare/ senso
ad ogni cosa.
… E vorrei concludere, ancora una
volta ma non per l’ultima volta, con il ricordo di quando affidò i suoi sogni
d’amore a Dio e acconciò le ali per raggiungerLo, dove ogni ansia terrena si
placa e si annulla nella Sua divina carezza. Ma è rimasto nel nostro cuore con
tutta la Bellezza che ci ha regalato con le sue foto e le sue poesie, con tutta
l’amorevole generosità con cui ha accolto ciascuno di noi, pago di veder
fiorire la gioia ad ogni suo sguardo, ogni sua parola, ogni suo sorriso a chi
aveva incontrato per un giorno o per la vita. Erano questi gli “abbracci” le
“attenzioni minime e immense” che lo rendevano davvero felice. Infatti, solo
due anni fa, così scriveva sulla sua Pagina FB: Un abbraccio vi manderò/ da questo mio mondo di parole./ Un abbraccio
forte/ da questa mia solitaria isola./ Un abbraccio aspetterò/ mentre qui
scende la sera/ inesorabilmente come il destino./ Un abbraccio/ che porterò con
me fino al giorno/ in cui memoria e sogno/ balleranno confusi nella mia mente./
Un abbraccio. (Castellaro 2019).
Era questo il suo costante aprirsi
agli altri per offrire e ricevere amore, senza mai pensare a una “deminutio”
della sua fama e grandezza, del suo NOME. Desiderava solo amare ed essere
amato. Grazie e ancora GRAZIE, Giovanni!
E per oggi mi fermo qui. Non ho più
parole. Solo lacrime di ricordi, commozione, gratitudine. E il Nuovo Anno si
tinge di Rimpianto e di Speranza. E siamo ancora insieme per
RICOMINCIARE! Tutti!
Giovanni Gastel compreso. A
presto. Angela
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