martedì 20 settembre 2022

Martedì 20 settembre 2022: 55* Anniversario tra ricordi di ieri e realtà di oggi... forse di sempre

 Oggi il nostro 55* Anniversario mancato, da oltre 14 anni. E ti canto ancora, pur nel tormento del nostro amore altalenante nel tempo di oltre quarant’anni insieme, ma sempre vero. È inevitabile, in ogni coppia, vivere tutte le sfaccettature dell’amore nelle varie stagioni della vita. Anche la nostra è stata un perdersi e ritrovarsi senza tregua, con mille ferite e un solo cuore da inseguire “fino all’ultimo respiro”.

Le seguenti poesie non seguono un ordine cronologico, ma il susseguirsi a sghimbescio del nostro rincorrerci, sfuggirci, riprenderci con rinnovato ardore, con mai spento rancore.

Pure, negli ultimi attimi del nostro dirci addio, la fragilissima forza titanica di dirci tutto l’AMORE vissuto, da vivere per l’eternità. Poi ogni nuova alba fu diversa…

 

Sono passati gli anni

 Sono passati gli anni

dei profili intensi delle cose

sugli specchi di ingabbiate

dissolvenze delle realtà

vissute come sogno

e di sogni creduti realtà.

Presi com’eravamo

dall’urgenza

di noi e del nostro

moltiplicarci

persi in sotterranei grovigli

ch’erano strade sterrate

del cuore

sempre pronto in me

a sanguinare

per ogni rosa coperta di spine.

E rimpianti e attese

e nostalgie e desideri.

E mai un fermarci a vivere

a rotolare sul prato sotto casa

e sapere di noi

nella realtà del nostro cielo

che poteva compiere il miracolo

di stringerci insieme

in un groviglio di stelle

in cui naufragare

di smemorato splendore.

Troppo tardi ho imparato il relativo

il “qui e ora” il canto della rosa

ch’arde di spine altrimenti muore.

Troppo tardi un planare di pensieri

a dare senso ai rossi drappi di felicità

fatta di tutto e di niente

e bere nelle coppe colme di sole

la pienezza dell’esistere

liquore di giorni di miele 

un tempo logorati da devastanti perché.

Oggi ho ricami di ore

tra le dita

con fili di seta per innamorarmi

ancora della vita

e stupirmi ancora.

Per salvarmi dal nero della morte

che per anni mi sfinì di terrore.

Troppi coltelli

mi ferirono di pianto.

Troppo urlò la mia carne

alla violenza di un mondo

che ebbe mani assassine

lontane dalla mia casa

non dal mio cuore.

 

Alla ferocia dei nuovi misfatti

sulla terra di fango e palude

oppongo fili colorati di parole

legati agli aquiloni che ridono

per le vie del cielo

(e sognano

nelle piccole mani dei bambini…)

                     

Incendio di vene

 Incendio di vene la primavera che ricordo

ai giorni dell’amore nei bicchieri

e braccia di fuoco

a stringere il sogno e l’allegria.

Erano i nostri anni cesti di garofani accesi.

Tu mi portavi la tua ironia agli assalti del cuore,

io il rossore dei ciliegi

sul candore delle guance in fiore.

Giganti noi a forare cieli striati d’azzurro.

Dischiuso all’alba il canto delle allodole.

Tra mani incerte

di splendore e fili d’erba il giorno.

Passò il tempo dei gerani ai balconi.

Sventolio di bandiere arrese il ricordo.

Follia di giovinezza

ebbe occhi d’ardore e di papaveri.

 

Due papaveri innamorati

 Grappoli di cielo nel giardino

e rose e margheritine

narcisi tulipani violette

Ma due papaveri innamorati

hanno bucato la pietra del viale

stamattina

col fuoco spavaldo del loro sorriso

profumato del misterioso sogno

di giorni mai vinti e sempre nuovi

al coraggio indomito che dona amore

Papaveri noi allora ad incendiare

                     stelle

col capo fiero tra riccioli ribelli

di pensieri in libertà condizionata

Esili gli steli dei nostri passi

in campi d’erba e fascine da bruciare

(ignorammo coccinelle per catturare lucciole)

 

Rosso di rosso sangue

 Rosso di rosso sangue è la ferita

dell’amore deluso e poi disperso

sul mare d’agosto che si tinge di oro

e porge ai miei fianchi tregua al dolore.

Bruciammo di passione quella notte

che ci vide sognare tra le stelle

e un canto aveva e labbra di corallo

e baci di fuoco a tatuare la pelle.

Fu grido e pianto l’attimo vinto

dal tempo che non perdona

agli amanti l’amore.

 

Solo un cerino

 Dal naufragio mi porto a riva la pelle

e le ferite

M’accoglie l’isola del miraggio

e nelle tasche del passato

un solo cerino mi sorride

unica speranza

e la mano trema per troppo gelo

Ardere ancora ardere di fuoco vivo

voglio

e rami da accendere con un colpo solo

alla petraia dove il coraggio viene meno

esiguo mezzo esiguo tempo esiguo spazio

mi è dato

per ritrovarmi nelle mie vesti

e nelle mie canzoni

E tu non ci sei a disegnare un falò

che ci tenga uniti

(tra le dita deluse mi è rimasto

         solo

l’inutile cerino)

 

Era il fuoco era il fuoco

 Era il fuoco che cercavi era il fuoco

quando il freddo avvolse le tue vesti

in quelle notti di gelo alla deriva

di tutti gli appigli che sognasti

pur di rinascere viva dalle ceneri

che lasciavi lungo i giorni

delle braci spente e del calore gridato

atteso cercato richiesto con labbra mute.

E nessuno ad ascoltare il grido soffocato

nessuno a chiederti il perché della sconfitta.

E in tanto gelo il fuoco ti fu negato.

Eppure erano indizio il capo chino gli sciolti

capelli le ginocchia piegate e un silenzio

di occhi sopra fogli lacerati di parole perdute.

Ti dissero colpevole di essere sopravvissuta

alla furia di una notte che divise a metà

i tuoi giorni, le membra, il nome, i pensieri.

E moltiplicò le ore, le paure, le ansie, le sorti.

Ti dissero innocente per lasciarti vivere

in un ingorgo di oceani senza orizzonti e

senza rive e tutti i porti erano senza faro.

E non seppero che eri già trafitta da lame

che incendiarono la carne lasciando inerti

come di pietra la spenta poesia e il cuore.

Senza chiedere pietà né perdono rimanesti

sola e inascoltata nella tua innocenza

finché nel pietrificato silenzio

                   l’alba nuova ti sorrise…            

 

il mio punto fermo

 notte senza lune senza stelle senza sogni.

Per le mie mani Senza.

Vorticano i pensieri in un vuoto

da riempire prima che si faccia giorno.

Franano ore nella clessidra

lungo il buio di un’alba spenta

a rapinare la notte,

tradita e addormentata

sui terrapieni del già vissuto

che un tempo raccontavano

la nostra follia.

Oggi ogni battito lento conta

la stagione del cuore.

Il rimpianto.

Quanti minuti attesi e quanti persi

negli anni dei papaveri in festa

tra le nostre mani indifese

 nei saldi di ogni addio

alla giovinezza,

funambola di sogni che dispera

di un solo arrivederci a tenere

                        viva

la speranza del bocciolo, l’erba

tenera, la rosa, i giorni intatti.

Ci univa il canto inatteso

di un verso desiderato,

cancellato, ritrovato, rivissuto.

Ci sorrideva il cielo complice

e distratto.

Distrattamente oggi mi sorride

il silenzio.

Ma è già rumore che avvolge

i ricordi, la nostalgia, il mare,

il vortice dei pensieri mulinello,

che assorda il cuore e lo ferma

nell’attimo che più non conta,

che più non ha inizio né fine.

Sei punto fermo nell’anima

alla preghiera riaccesa prima

del penultimo orizzonte

che m’insegue senza tregua

e mi scopre ancora viva…

Nei miei occhi accesi di nuove luci

                       i tuoi

                a ricordarmi

           l’amore che ti devo

         il sogno mai sconfitto

(il filo dell’ultimo sole in infinito volo)

 E mi fermo qui, vinta da una emozione che rinnova l’infinito volo verso un infinito che ci contiene e ci redime ad ogni nuova alba... Angela


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