E stamattina racconto a modo mio la magia di una serata all’Abeliano di Bari, in cui si sono mescolati ad Arte le immagini di Uccio Papa, i testi poetici di Enzo Quarto, le musiche di Mirko Signorile e danze e luci e colori e cori dell’anima ed emozioni senza fine. I versi hanno subito creato un’atmosfera d’incanto con la recitazione da brivido di Vito Signorile, inconfondibile padrone di casa e della scena (il Teatro suo antico amore di sempre), resa ancora più suggestiva dalle musiche senza confini di spazio e di tempo di Mirko, talento puro della tastiera, che ha accompagnato con immensa esplosione di note, ora tenere e saltellanti come i giochi dei bambini, ora dolci e poderose, come il sogno di un incontro d’amore, ora cupe e battenti, come la solitudine, la disperazione, il dolore, ora terribili come il tonfo e il peccato, ora zampillanti come squilli di tromba ad annunciare una resurrezione e vittoria della gioia bambina a rigenerare, ancora una volta, l’intera umanità.
Un accompagnamento, il suo, che ha percorso di brividi la scena
nella condivisione della danza, con tutto il corpo, di due bravissimi ballerini
(Cassadra Bianco e Moreno Guadalupi)
delle Arti sceniche contemporanee, nelle immense declinazioni di libertà di
espressione e di movimento, del sé corporeo e spirituale (sono vestiti di
bianco), nei confini sconfinati spazio-temporali di un Teatro. La loro danza mi
ha riportato alla memoria la psicologia del corpo, vissuto come veicolo
comunicativo dei sentimenti umani scoperti nelle profondità misteriose della
propria anima. E penso alla lezione della coreografa tedesca Pina Bausch, che
fu l’anticipatrice in Europa della danza contemporanea, diffusasi anche negli
Stati Uniti d’America, dopo la seconda guerra mondiale. Emozione pura.
E la musica ha accompagnato tutta la simbologia dei loro corpi e
delle loro anime nell’attesa di incontrarsi; nella scoperta dell’amore in tutte
le sue espressioni di purezza; nell’abbandono ai sensi con delicatezza e
pudore, quasi arco di protezione, nido, rifugio, volo nella libertà di andare
per poi ritornare. Ma ecco sulla scena, improvvisamente, una terza ballerina (la
grande Elisa Barucchieri), vestita
di nero, come meglio si addice a una giovane donna, volta a creare il contrasto
e la disarmonia della tentazione, della caduta nel peccato e nella perdizione,
fino allo spegnersi della passione con conseguente abbandono e solitudine,
mentre si ritrovano e si riconoscono, con modalità diverse e sottile
disincanto, i due giovanissimi innamorati. Conforto sia per la giovane donna
tentatrice che per la ragazzina innamorata sono le parole poetiche, recitate da
Vito, a cui si accostano alternativamente, a seconda dello stato d’animo in
tumulto, e la musica (ascolto accorato e consolazione).
Ogni azione, ogni postura, ogni mimica anche facciale ha una sua
precisa motivazione ed è portatrice di una sua intrinseca verità. gesti col
capo, con le braccia, con le mani, con le gambe fino ai piedi rappresentano
l’evasione dalla realtà, il possesso di una dimensione ‘altra’ per inseguire un
sogno. Con loro la danza diventa una spinta emozionale interiore, chiamata a
fare emergere inquietudine o serenità, contrazione o rilassamento, il rimosso
dalla coscienza, l’inconscio. Fino a corrispondere al dolore universale che mi
riporta al Teatro greco, al mito come espressione dell’inconscio; alla tragedia
del profondo dolore esistenziale (e ci sarebbe spazio persino per Freud). È una
sorta di danza della verità che riesce, per quel che mi riguarda, a provocare a
mettere in discussione le certezze dello spettatore.
(Naturalmente è una mia interpretazione. Mi piacerebbe ascoltare
quella dei protagonisti della scena o di qualche spettatore)
Anche la recitazione, sommessa e suadente, di Shennon Anderson (con
supporto nella traduzione inglese della bravissima Luisa Varesano) ha creato un
ulteriore momento magico che ha galvanizzato e commosso il numeroso pubblico fino
alla fine della prima parte dello Spettacolo. Applausi a scena aperta per
tutti, e soprattutto per Enzo Quarto ideatore della magnifica serata.
È subentrato, nella seconda parte, il Concerto anche come presa di
coscienza del cambiamento. La trasformazione socio-culturale nel corso degli
anni ed ecco nuovi strumenti musicali, che l’età contemporanea ci ha regalato. La
commozione è immensa: giovani musicisti del Drama Percussion Ensemble ci hanno regalato uno Stravinskij inedito
con la sua musica dodecafonica. Percuotono l’aria col sorriso della gioia e la
tristezza del pianto, con la magia della primavera che si schiude alla vita… Scrosciano
nuovi applausi su Giuseppe Bollettieri
(vibrafono), Nicola Montemurro
(vibrafono), Federico Apollaro
(marimba), Andrea Tamborrino (marimba
bassa), che hanno eseguito magistralmente, in maniera evocativa e molto
suggestiva, “LE SACRE DU PRINTEMPS” (prima parte) con adattamento dell’eccellente
Maestro Giovanni Tamborrino.
E il Teatro non aveva più voglia di svuotarsi ieri sera…
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