E, come promesso, veniamo alla serata di due giorni fa. Parlare di serata magica non rende l’idea. Peccato che non ci sia stata la possibilità di riprendere la Presentazione del Libro per via di un Peppino Piacente, Editore della SECOP, continuamente chiamato di qua e di là da altri nostri Autori venuti a dare un saluto, una rapida occhiata a causa di altri impegni, e così via. Menomale che è riuscito a immortalare l’evento con un paio di fotografie a testimoniare l’avvenuta presentazione. Ma le foto non offrono purtroppo la possibilità di ascoltare la superba introduzione alla serata di Raffaella Leone (in veste di PR. della SECOP), che è partita con la lettura del meraviglioso racconto “Il sogno di Vincent” con chiaro e suggestivo riferimento a Van Gogh. E subito dopo ha illustrato tutta l’opera del nostro grande Francesco Scotto con particolari degni della sua notevole capacità affabulatoria, interrotta di tanto in tanto da mie scherzose incursioni per arginare il fiume in piena delle sue parole. Poi, la prima domanda a me, una domanda da me ignorata perché avevo urgenza di fare una distinzione tra “narrare” e “raccontare”, due verbi che sono apparentemente dei sinonimi, ma che hanno significati diversi in quanto il racconto quasi inevitabilmente contiene un messaggio “informativo”, che dà perlopiù delle notizie, quasi una cronaca, tra ciò che è accaduto, accade o presumibilmente accadrà. Crea, perciò, una sorta di distacco tra autore e lettore. La narrazione, invece, è “emotiva” ha una voce che vibra e fa vibrare di emozioni creando una “tensione” empatica a volerne sapere di più nell’ascoltatore, ma anche nel lettore. I tedeschi usano la parola “spannung” che significa appunto “acme”, punto più alto della narrazione in cui l’azione culmina nella esaltazione o precipita… In pratica prelude ad un “colpo di scena risolutivo”, come accade in tutti i racconti di Francesco e come è accaduto nella narrazione di Raffaella. Di qui già la prima magia della serata di ieri.
La narrazione, tra l’altro, ci riallaccia alla tradizione
orale e, quindi, spesso ci riporta indietro nel tempo, quando era quest’ultima
a tramandare il pensiero, gli usi e i costumi dei nostri antenati, con una
sorta di resistenza al cambiamento che, inevitabilmente, le nuove generazioni
richiedevano a viva voce, con le ribellioni e le rivoluzioni che ben sappiamo. Ma
io amo la narrazione anche perché è essa stessa “voce, suono, respiro, tono”,
come scrive Fabio Genovesi in <La
Lettura>, “ed è un suono da dare agli altri…”. Certo, avviene proprio questo
quando si narra qualcosa. I 50 racconti di Francesco Scotto, infatti, mirano a
coinvolgere gli altri col suono, che
palpita in ogni parola che è quella e non può essere che quella, perché è quel
suono che risuona nell’anima dello scrittore; col disegno, che evoca, racconta, ironizza, inventa, inverte,
contraddice, mistifica, riscopre una realtà che non è mai uguale a sé stessa;
con la scrittura, che incanta con la
sua eleganza stilistica e che cattura, richiama e sorride con complicità al
lettore; con vari tipi di rammemoramento
che, spesso onirici e visionari, riaccendono il passato per fare luce sul
presente e si affacciano al futuro in una realtà che c’è e non c’è… (seconda
magia)
L’emozione ci prende, ci coinvolge, ci sconvolge nella
ricerca della Bellezza in ogni particolare delle storie narrate, in ogni
battuta fulminea, sorprendente, mai prevista, ma trattata e vissuta dall’Autore
con grande amorevolezza con gli altri e per gli altri. (terza magia)
Mariapia Galluppi, molto opportunamente, in una sua
profonda, attenta, analitica, dettagliata, minuziosa lettura, che è una vera e
propria Recensione dei 50 racconti, scrive: Sono spesso anime deluse quelle
disegnate, solitudini fragili che cercano altrove sussulti emotivi, attimi di
tregua (con pericolose e spesso anche dannose conseguenze, aggiungo io), come
accade ai protagonisti di “Amori misteriosi” (p. 7) o come, nel racconto “Ex
voto” (p. 27), in cui Amanda, con un cuore ‘staterello pulsante’, vede
risarcita una vita segnata da delusioni e frustrazioni con una serie di cuori d’argento,
inviatale da sconosciuti ammiratori”. E sempre la Galluppi continua: “Storie
tenere, delicate e malinconiche, animate da una grazia gentile e da significati
mai banali come l’incontro tra una principessa affamata d’amore e i colori di
lui, un giovanr writer, una favola triste che si stempera in un finale dolce e
promettente (“Favola notturna”, p. 29). O come in “Le venature d’amore”, l’arcobaleno
a fare da cornice ad un racconto tra il malinconico e rassegnato che sfuma
nella soave tenerezza di due manichini di legno tarlato che si concedono una
notte di passione a dispetto del tempo che li priverà di una gamba (lui) e
delle braccia (lei).
E, allora, pensando a questi misteriosi e favolosi racconti
di Francesco scotto, rivisitati anche attraverso le annotazioni di Mariapia
Galluppi, credo di poter dire, con Mauriche
Blanchot, “scrivere vuol dire farsi eco di ciò che non può cessare di
parlare”. Nel nostro caso, ci sono le
parole a ricordarcelo; le immagini, che nascono dalla fertile immaginazione
dell’Autore; le situazioni oniriche e visionarie che prendono corpo da una
fantasia senza limiti; le costruzioni di personaggi, situazioni, condizioni,
pensieri, problemi, soluzioni che solo la creatività può assicurare a chi
insegue la Bellezza, la Consonanza, l’Armonia in tutto quello che scrive e che
realizza con la mente, col cuore, con l’anima.
Occorre una “mente intelligente”, che parta dalla testa per
illuminare il cuore. È quanto accade leggendo questi racconti, che non si
fermano alla scrittura e ai disegni acquerellati, ma spaziano dappertutto fino
ad abbracciare il Teatro, la drammaturgia, che gli ha offerto grandi possibilità
e affermazioni, non ultimo il
meritatissimo PremioGIUSEPPE BEPO MAFFIOLI Edizione 2025, MENZIONE SPECIALE
DELLA GIURIA POPOLARE a “IL SOFFIO DEL SUGGERITORE” di Francesco Scotto appunto.
E riporto testualmente: Il Premio Giuseppe Bepo Maffioli celebra la
drammaturgia contemporanea italiana, omaggiando la figura poliedrica di
Giuseppe Maffioli, protagonista della cultura teatrale, cinematografica ed
enogastronomica veneta (…). La competizione, unica nel suo genere, coinvolge
una giuria tecnica di esperti e una giuria popolare, offrendo un dialogo vivo
tra autori, pubblico e operatori culturali”.
(quarta magia).
Queste notizie sono
state date ieri sera quasi in un sussurro, all’interno delle risposte che
Francesco ha dato brillantemente alle domande incalzanti e intelligenti di
Raffaella. La splendida serata volge al termine. Staremmo ancora per ore ad
ascoltarlo estasiati, ma il tempo tiranno non ce lo permette. Raffaella conclude
come ha cominciato, con un’altra lettura, non importa più quale, perché si
tratta di un altro racconto emblematico e simbolico, letto a metà per lasciare ancora
un po’ di spazio all’emozione e di tempo per la riflessione. Ne approfitto per
sottolineare una caratteristica della personalità di Francesco: la dedica in
una delle primissime pagine non ancora numerate in un angolino in basso a
destra “a Carla”, una dedica che nessuno potrebbe notare, ma… ecco espandersi
piano piano, poi sempre più veloce dalla periferia al centro e, in breve,
occupare tutto il foglio fino a smarginare, andare oltre. Oltre il tempo e lo
spazio. Oltre. In una sorta di umiltà e orgoglio, di unità e molteplicità, di
alterigia distaccata e snob e di semplicità voluta per evitare il vuoto che
potrebbe derivarne se cercasse l’ombra amando la luce. Si solleva un venticello
leggero ma infreddolito e impaziente. Occorre andare verso il solstizio per
bloccare il sole, per convincerlo a non declinare impercettibilmente verso il
primo giorno più breve. Ci salutiamo per ritrovarci tra breve a riparlarci tra
di noi. Con un colpo di coda geniale da cavaliere d’altri tempi ci offre un dono
appena accennato prima e perciò quasi inaspettato. Ci regala, a me e Raffaella
due splendidi ventagli acquerellati delicatamente dalla sua mano e firmati tra
i mille colori sull’arancio ramato il primo (che va a Raffaella) e gli
acquerelli che si inazzurrano cielo-mare con riverberi di violetto e turchese che
tocca a me che faccio dentro salti di gioia. Ci rende felici e felici lo
ringraziamo. (quinta magia).
Un ultimo accenno alla
bellezza del suo libro e del disegno di copertina rielaborato con sapienti
soluzioni dal nostro Graphic designer Nicola
Piacente. (sesta magia).
Poi probabilmente la
stanchezza lo vince o altri pensieri periferici che abbracciano i suoi cari, ed
ecco che con raffinata eleganza si defila. Nell’aria rimangono a fluttuare le
sue parole preziose, come il pulviscolo che tanto sempre mi sorprende e mi
stupisce perché invisibile al buio diventa danza di corpuscoli nell’aria di una
intera stanza se per caso un fascio di luce illumina quel buio. Ecco. Le parole
di Francesco Scotto rimangono sospese nell’aria in quel fascio di luce che
deriva da ogni sua parola… (ultima magia? Tutti speriamo di no!)
E io concludo qui con il mio solito abbraccio di cuore e
anima a tutti noi. Angela/lina
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