Tra gli ultimi coriandoli di Carnevale e i primi giorni di penitenza della Quaresima, mi sono imbattuta in due parole, che ritengo meravigliose per tanti motivi, non sempre scontati e non sempre da tutti accettati. Ma io corro il rischio di parlarne perché sono fermamente convinta che possano lenire in qualche modo le nostre pene, le nostre inevitabili fragilità. E anche per un altro motivo, che mi sta molto a cuore. Sono due parole suggeritemi da Papa Francesco, perché le ha messe in evidenza dal suo letto di dolore, in questi non facili giorni per Lui: SPERANZA e CORAGGIO.
SPERANZA e CORAGGIO: due parole il cui etimo risale al latino. Bellissime.
Soprattutto nei tempi bui e tristi che stiamo vivendo a livello planetario. Fondamentale
è, per me, oggi, armarsi di Speranza, “ultima Dea” del nostro percorso di vita
sulla terra. Dal latino “spes”, come già detto, ma anche dalla radice sanscrita
“spa”, che a me piace di più perché significa “tendere verso una meta”, in
quanto prefigura un “movimento verso”, ossia un viaggio con destinazione... non
sempre scontata nelle modalità, difficile da ipotizzare, da accettare!
Nell’arco dei secoli, comunque, essa ha avuto un significato molto
controverso: i greci la ritenevano una illusione; i latini la negavano; i
cristiani la misero a fondamento delle tre virtù teologali. Per molti filosofi
e scienziati essa è un momento di “debolezza” e di “squilibrio”. Per Pascal
“non si vive, ma si spera di vivere”, dunque la speranza è indispensabile alla
vita. Anche per me è una forza propulsiva decisamente positiva, come lo è per
Papa Francesco che continua a ripetercelo dopo aver pubblicato qualche anno fa Ti racconto la speranza (San Paolo Edizioni,
Roma 2021).
Anche Coraggio = da cor-cordis, deriva da cuore, cioè dalla sua forza
appassionata, che si fa audacia e determinazione e che risiede più nel
palpitare di questo muscolo involontario vitale che non nel fegato che oggi si
può anche sostituire. Per parlare di coraggio, però, occorre parlare di paura
che non ha un’accezione negativa perché è proprio la paura che sollecita
nell’essere umano, ma anche negli animali, una reazione di salvezza che si
permea di coraggio. Ma a me piace abbinare il coraggio anche a cordata (non a
caso hanno lo stesso etimo) perché è “l’unione” che fa la forza. Fare cordata
in una impresa significa moltiplicare il coraggio del singolo e rendere più
fattibile la realizzazione di quanto si ha in cuore di raggiungere. E quale
impresa più grande della solidarietà tra gli uomini? L’estate scorsa sono stata
per una settimana al mare in un luogo incantevole, in cui c’era una cura
particolare per i disabili, facilitata da un’organizzazione particolare tra gli
albergatori: tutti si davano una mano per rendere il soggiorno a tutti i
clienti dei vari alberghi il più confortevole possibile. Bellissima cordata di
angeli a far mettere le ali anche a noi che vivevamo in carrozzella. Siamo,
dunque, tutti destinatari di questo tenero messaggio: aiutiamoci gli uni con
gli altri per non perdere mai la le verdi vie della Speranza e del Coraggio! Ma
i veri destinatari della Speranza e del Coraggio sono i giovani e giovanissimi,
che oggi più che mai ne hanno bisogno. È questione anche di educazione a
cercare sempre motivi di rinascita. Educare, del resto, è un bellissimo verbo
che ha un duplice significato: da ex-ducere = tirare fuori, far venire alla
luce, cioè tener conto e rispettare la personalità dell’educando, aiutandolo a
realizzarsi con le doti innate che possiede; da edo, ossia mangiare, prendersi
cura dell’allievo nel tempo. Pare che la domanda più premurosa da rivolgere a
chi ci sta a cuore sia: “hai mangiato?” perché, come sostiene Elsa Morante, “La
frase d’amore più vera, l’unica è: “Hai mangiato?”. E, infatti, Oscar Farinetti,
rifacendosi alla Morante dice “non è solo una domanda, ma un atto d’amore”.
Nessun educatore (genitori, insegnanti, adulti) può prescindere dal
formare i giovani e giovanissimi a queste due grandi virtù. Oggi la scienza
pedagogica, con le sue “scelte alternative”, ci viene incontro per riprendere a
sperare di formare gli uomini di domani: onesti, solidali e liberi. Ma, per
quel che mi riguarda, anche la Poesia può rappresentare una valida alternativa
alla desertificazione del cuore dei nostri giorni. I ragazzi e i giovani sono
essi stessi Poesia, perché sono portatori di sogni e i sogni sono desideri e i
desideri sono le stelle in cui ruota il loro firmamento. Anche de-sidera può
avere due accezioni: o “intorno alle stelle” oppure “mancanza di stelle” (con
il “de” deprivativo). Quante speranze e quanto coraggio nei giovani che non si
arrendono! Bellissimo il monito di Giovanni Paolo II a loro dedicato: “Prendete
in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”.
Sta a noi anziani e adulti, soprattutto amanti di Poesia, scoprire i
loro talenti e prendercene cura perché i ragazzi siano i protagonisti “creativi”
del prossimo futuro! Futuro che quanti hanno la mia età vedranno con i loro
occhi, attenti e incantati.
E, intanto, non posso fare a meno di ricordare il sogno che ho fatto
all’alba ieri mattina: Papa Francesco in persona bussava alla mia porta. Quando
aprivo, sorprendendomi enormemente perché lo sapevo ricoverato con prognosi
riservata al Gemelli, mentre era venuto a piedi fino alla mia casa, balbettavo
frasi di sorpresa, preoccupazione per la Sua salute, di ammirazione per la sua
audacia e il suo coraggio. Lui mi rispondeva che in effetti non aveva tenuto
conto che era ancora inverno e che all’alba faceva ancora freddo, nonostante
qualche sentore di primavera. Mi chiedeva di entrare, dicendomi che aveva
sentito il mio richiamo e la mia preghiera-non preghiera-ma preghiera in grado
di riscaldare i cuori di quanti mi conoscono o mi leggono. Soprattutto dei
giovani che mi stanno molto a cuore. Perché desidero ascoltarli. Sempre. “Siamo
almeno in due ad amarli, ascoltarli e proteggerli”, mi diceva. “Ma in verità
siamo tanti di più a pregare per loro nell’intero pianeta, per scongiurare la
guerra e realizzare progetti di Pace e di Speranza… E che nessuno deve mai
arrendersi…” Con le lacrime agli occhi gli dicevo di sì, di sì, di sì, ma ero
già sveglia e con una nuova gioia nel cuore.
Certo, è stato solo un sogno, ma io mi sono svegliata, ricordando che
in realtà non so più pregare ma ogni notte, nell’intimità silenziosa della mia
anima nel silenzio, accarezzo Anna Paola che dorme accanto a me, e mi sento
immensamente grata al buon Dio dei doni ricevuti e dell’amore che mi viene
donato, molto di più di quello che io dono ai miei cari e agli altri. E mi
sento una privilegiata. “Forza”, mi dico, “ti manca solo un pizzico di coraggio
in più per sperare ancora”. Eppure non mi arrendo… Fino a quando il buon Dio
vorrà…
Ed ecco una poesia che mi colma di Speranza e di Coraggio:
All’alba un sogno tra visione e realtà
a colmarmi di bianco e gelo
nella brina luminosa del mattino
e silenzio protetto
dallo scialle antico della casa.
Mi abbraccia un sorriso colmo di luce
e si fa preghiera e calore e
tenerezza.
Tremo di gratitudine e di attesa
alla carezza che sa di Cielo.
(domani negli occhi di quanti amo
riamata
accenderò lampade di Speranza
e un solo cerino per scorgere
anche al buio il coraggio)
Grazie. Alla prossima. Angela/lina
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