Sì, io ci credo ancora alla lotta partigiana e alla Liberazione dell’Italia in quel buio periodo a conclusione della Seconda Guerra Mondiale. E con me molti altri oggi ricordano. Spigolando sulle pagine FB, ho trovato delle testimonianze degne di attenzione. Tra queste una, di cui non ho fatto in tempo a registrare il nome o non c’era (il mio affaccio su FB è sempre molto parziale, dato il tempo tiranno), ma mi piace riportare quanto ho letto e mi è piaciuto.
#versoil25aprile
"La madre del partigiano”: la poesia di Gianni Rodari dedicata al 25 aprile. Parole sempre vive, cariche d'emozione e commozione, che è bene tramandare alle nuove generazioni. Una delle prime poesie che ho imparato a memoria.... Rodari racconta con linguaggio semplice e metaforico la Resistenza come lotta per la libertà, il principio difeso pagando spesso con la vita. “LA MADRE DEL PARTIGIANO”: Sulla neve bianca bianca/ c'è una macchia color vermiglio/ è il sangue, il sangue di mio figlio,/ morto per la libertà./ Quando il sole la neve scioglie/ un fiore rosso vedi spuntare/ e tu che passi non lo strappare,/ è il fiore della libertà./ Quando scesero i partigiani/ a liberare le nostre case,/ sui monti azzurri mio figlio rimase/ a far la guardia alla libertà
E il cuore trema al pensiero di quel figlio, ancora ragazzo, morto per la libertà. E a me sembra “Il pianto della Madonna di Jacopone da Todi: … O figlio, figlio, figlio!/ Figlio amoroso giglio,/ figlio chi dà consiglio/ al cor mio angustiato?... E in quel “amoroso giglio” c’è tutto lo strazio delle due madri accomunate da un identico amore/dolore per quel figlio giovane e innocente, morto per la Redenzione/Libertà. E non ci può essere consolazione alcuna al “cuore angustiato” di entrambe. E non mi sembra un paragone blasfemo. Il dolore delle madri terrene per la morte atroce e feroce del proprio figlio, che insanguina il mondo, ieri come oggi ancora, quasi fiore vermiglio sulla neve del gelo dell’animo umano/disumano, è uguale e inconsolabile per tutte. Anche della Vergine, madre terrena come tutte, anche se da Dio designata ad essere la madre di Suo Figlio. E la nostra riscoperta “umanità” trema di “compassione”, che è molto di più di più della semplice partecipazione a un dolore così devastante.
Ma ecco una testimonianza altrettanto intensa e attenta a rinsaldare il vero significato del “25 aprile” contro la dimenticanza di una gioventù, quella attuale, ma non bisogna mai generalizzare, che ha idee molto confuse, disordinate, distorte, per molteplici cause, che dovremmo sforzarci di analizzare con un Autore di tutto rispetto, il grande Fotografo e Giornalista Pio Tarantini, che mi ha fatto dono, insieme a Giovanni Gastel e Caterina De Fusco, della sua amicizia. Qui propongo questa sua imperdibile pagina, che è anche invito alla riflessione e alla Speranza, “forse non tutto è perduto” ed io sono d’accordo con lui. Io ci credo ancora:
BuonaDomenica#190 Bella ciao. In una sala d’attesa medica: oltre a me c’è una coppia di signori anziani, una signora immersa nella lettura di una delle riviste a disposizione dei pazienti e una giovane coppia sui vent’anni. I due giovani hanno un taglio di capelli originale - lui con capelli corti irti sulla testa, lei con lunghi capelli castani striati di viola -, parlottano tra loro ed esprimono dai loro atteggiamenti tutta la carica e l’inquietudine dei vent’anni. Parlano con un tono sostenuto ed è facile per tutti ascoltare quanto si dicono. Riporto un breve brano della loro conversazione.
Lei: «Amo’, allora martedì sei a casa perché è festa?»
Lui: «Certo, martedì non si lavora. Vuoi che andiamo da qualche parte?»
Lei: «Boh! Potremmo fare una gita, ne posso parlare con gli altri…»
Lui: «Non mi ricordo mai che festa è. È quella dei lavoratori?»
Lei: «Cazzo dici! Quella è il primo maggio, fra una settimana…»
Lui: «Ah, già! Martedì è quella di quando è caduto il fascismo… mi confondo sempre…»
Lei: «Sì, è la festa di quando i partigiani hanno vinto sui fascisti…»
Lui: «Ma quanti anni sono passati? Meno male che si fa ancora festa, un giorno di lavoro in meno…»
Lei: «Boh! È stato alla fine della guerra… mio nonno ogni tanto ne parlava».
Lui: «Ai tempi di tuo nonno! È passata una cifra di anni…»
Lei: «Eh, già. Comunque per noi va bene. Stiamo a casa e magari facciamo una gita.»
Incrocio lo sguardo del signore anziano, palesemente ironico sul dialogo dei giovani.
Rifletto su quanto il significato della festa del 25 aprile sia conosciuto da larghi strati della popolazione giovanile. Forse quest’area grigia di disinformazione e superficialità è molto più estesa di quanto possiamo pensare. Non solo, ma inoltre leggo sulla stampa di molte posizioni da parte di esponenti della maggioranza governativa che ridimensionano o negano il valore della Festa della Liberazione come il sindaco di un Comune del bergamasco che ha negato il senso della manifestazione unitaria e addirittura ha vietato di cantare “Bella ciao”.
Poi, per consolarmi, penso alle migliaia di giovani che prendono parte ai cortei del 25 aprile, al dato recente dell’aumento di giovani che si iscrivono all’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, e penso che forse non tutto è perduto. Bella ciao.
Buona domenica e buon 25 aprile.
E con me ci credono tanti altri miei coetanei, ma anche tanti giovani e meno giovani. Ed è un vero conforto in questi giorni di buio, violento, dimentico, distratto, ottuso. Luigi Lafranceschina, per esempio, ha scritto in momenti diversi parole degne di nota sul 25 aprile: Per il 25 Aprile Festa della Liberazione dall’occupazione nazi-fascista e dagli orrori della seconda guerra mondiale una poesia di Ungaretti perché nella nostra memoria e nei nostri cuori ci sia per sempre il ricordo di tutti coloro che lottarono per la libertà e per l’indipendenza del nostro paese anche sacrificando la propria vita
PER I MORTI DELLA RESISTENZA
Qui
Vivono per sempre
Gli occhi che furono chiusi alla luce
Perché tutti
Li avessero aperti per sempre
Alla luce!
Ma poi, Luigi scrive: Un mio pensiero per il 25 aprile intitolato “VENTICINQUE APRILE SEMPRE”: Venticinque aprile sempre/ se c’è ancora chi ipoteca il futuro/ Ammorba il respiro e i giorni/ Ingramaglia il cuore e le braccia/ Di giovani speranze!/ Venticinque aprile sempre/ Se l’acqua non è di tutti/ E corpi senza bara calano a picco/ Nei mari dell’indifferenza!/ Venticinque aprile sempre/ Se c’è ancora chi muore di fame/ E chi di grandi abbuffate/ E gelide folate xenofobe/ Alzano fino alle stelle!/ Venticinque aprile sempre/ Finché Caino dirà ad Abele/ “Andiamo nei campi”/ E Cristo sarà ancora crocifisso/ E gli esodi biblici cronaca di ogni giorno!/ Non sarà venticinque aprile/ Solo quando l’arcobaleno spunterà sul diluvio!
Ed è una poesia di forte denuncia sociale, civile, culturale, con un ritmo anaforico che incide maggiormente nelle coscienze di tutti noi. Anche i punti esclamativi hanno una loro incidenza stilistica e contenutistica. Pacificati e solari gli ultimi due versi a regalarci i colori della Speranza, dopo il devastante diluvio che ancora ci sommerge.
Ma potrei parlare della testimonianza di Valentino Romano, studioso di storia e archivista di primo piano, mio amico “per grazia ricevuta”, che ha scritto tanto in questi giorni, documentando altre “voci di politici, giornalisti, studiosi e protagonisti della Resistenza italiana, e riportandoci, con appassionata e appassionante disamina, a quei giorni come se li rivivessimo oggi. Indignandosi contro prese di posizione non sempre coerenti nel tempo, e non per una revisione intelligente, ma di comodo… Elogiando comportamenti ineccepibili per coerenza e coraggio nell’affrontare situazioni difficili e condizioni di vita disumane in nome di un unico grido: “Giustizia e Libertà!”. Ma ci sono pagine che Valentino scrive con severa fermezza, che non lascia scampo ai tiepidi, ai riluttanti, ai negazionisti e ai revisionisti, senza ricorrere ad altre testimonianze: Scappa, scappa pure quanto e dove ti pare! Ma questa “musichetta” ti rintronerà nelle orecchie ovunque sarai… BELLA CIAO.
E ancora: Buon 25 aprile a tutti quelli che, senza “se” e senza “ma”, si identificano in quegli ideali di Giustizia e Libertà che i Partigiani difesero in armi contro nazisti e fascisti. Ora e sempre… Resistenza!!!
E poi ancora: … Su queste strade se vorrai tornare/ ai nostri posti ci troverai/ morti e vivi collo stesso impegno/ popolo serrato intorno al monumento/ che si chiama/ ora e sempre/ RESISTENZA (Piero Calamandrei)
Altra testimonianza di tutto rispetto fino a farne un Credo in tutta la sua sacralità!
Ma mi preme concludere con il ricordo di un’altra storia, tra passato e presente. Forse bisogna risalire ad un anno fa, quando in un insolito momento di relax, facendo zapping tra i canali televisivi, mi fermai, su Rai 3, ad ascoltare le storie, che nascono da alcune parole messe a fuoco da Massimo Gramellini nel suo “spazio” preserale del sabato. Ebbene, il bravo conduttore intervistò una ex partigiana di 94 anni, la cui memoria e la cui lucidità mentale mi sembrarono davvero un prodigio. Elegante, sobria, attenta, ricordò i tempi bui della Resistenza vissuta con passione e fierezza, oltre che con coraggio inaudito. Una narrazione pacata e fremente insieme. Ricordi indelebili nella sua mente e nel suo cuore. Con un unico rammarico: aver rischiato la vita e aver patito la fame e ogni sorta di angherie e tribolazioni per una Italia, quella attuale, che ha perso la memoria e il senso vero della libertà. Una Italia “appiattita” nella corsa esclusiva ai piaceri materiali e “dimentica di un solo atto di coraggio” per essere VIVA. Tutto vero e condivisibile. Ammirevole e ammirabile questa Signora con tante rughe sul volto di luminosa fierezza e dalla tempra eccezionale, ancora “tumultuosa”, che tutti avremmo dovuto conoscere e imitare. Per non dimenticare. Per imparare a vibrare di autentiche passioni valoriali più che di fremiti incontrollati di visibilità e notorietà a buon mercato. Ed è inevitabile tornare a parlare di memoria.
Quanto importante che sia vera e non inficiata da una soggettività che ci restituisce quello che ci è apparso o è stato percepito a discapito di quanto sia realmente accaduto. In realtà, non esiste, a mio parere, la Memoria collettiva, anche se ne facciamo un gran parlare; ci sono invece tanti frammenti di memorie soggettive, che di volta in volta mutano, in riferimento alla condizione psicologica del momento, alla situazione storica, alla contingenza esperienziale, alla maturità raggiunta, ai condizionamenti mai del tutto superati. Occorre allora fare dei distinguo. Altro è la memoria documentata da foto, immagini, eventi storici conclamati, registrazioni di discorsi, libri e saggi critici di sociologia e storia, e l’insieme di parole, suoni, canti popolari, che hanno connotato un periodo storico-culturale ben preciso; altro è quanto è affidato esclusivamente alla nostra sensibilità emotiva. O abbiamo conservato vivo nel cuore. Come tutto quello che è difficile dimenticare. Solo i documenti inconfutabili possono aiutarci a ricordare, possibilmente in maniera oggettiva, quello che inevitabilmente viene filtrato dalla nostra memoria soggettiva. Nessuno può, quindi, dire: “ho, come te, buona memoria”. Perché quest’ultima difficilmente viene conservata, percepita e vissuta allo stesso modo. È proprio questa memoria individuale e soggettiva a renderci più soli nell’Universo e a vestirci di paura. Ognuno ricorda, impara, conosce a suo modo e a suo modo racconta, salvo poi a fare i conti con altre verità, altre storie. Persino le fonti dirette vanno prese col “beneficio dell’inventario”. Di qui l’importanza del confronto attraverso documenti accertati nella loro veridicità storica e confortati dalla loro immutabilità nel presente.
E che l’eco di questo 25 aprile così sentito e così controverso ci accompagni a futura
memoria per i nostri giorni perché ne facciano tesoro. Alla prossima.
Angela
Carissima Angela, anche se qualche volta vengo in ritardo su questa tua pagina, vengo perché per me è come un porto sicuro e leggerti vuol dire nutrirsi: di sentimenti, di parole sane, di idee chiare e luminose, insomma una specie di balsamo per chiudere la giornata e andarmene a letto fiduciosa. Grazie <3
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