E non so più se è un segno di
speranza o ancora un’illusione l’arcobaleno che mi prefiguro per dipingere
giorni migliori. Mio caro papà, non so più. Non lo so. Come tu mi dicesti quel
giorno del nostro raccontarci e dirci addio. Mi perdo nei meandri subdoli di
ogni verità nascosta, delle innumerevoli e contrastanti realtà, il cui filo
unificatore ci è sfuggito di mano, come gli aquiloni, i palloncini della mia
infanzia e delle infanzie di tutto il mondo con occhi chiari e il gioco
insopprimibile dei bambini.
Per le nuove generazioni questo
vuoto esistenziale è forse inevitabile. Sembra che i giovani non ne facciano un
dramma. Riempiono quel vuoto con nuovi miti e nuovi eroi, nuovi gusti musicali
e letterari. Con un nuovo modo di incontrarsi, di conoscersi, di amarsi. E
nuove parole, imprecazioni, blasfemie gratuite. Turpiloqui e suoni e rumori
assordanti ed estremi. E gli urli canori in lingua straniera ignorano il
romanticismo sentimentale delle nostre canzoni per il sound rabbioso e spaccatimpani del rock o del metal, che
tendono a universalizzare rabbia e ribellione e dolore e solitudine e
impossibilità d’incontro o di salvezza. Con tante giovani star che preferiscono
abbandonare per sempre una vita normale o di sani sogni e provvidenziali
illusioni per inabissarsi nel pozzo profondo e dannato della droga, dell’alcol,
delle peggiori parossistiche esperienze pur di dare un senso di fuga ai propri
giorni.
Senza voler demonizzare i mezzi di
questa civiltà elettronica e telematica
(che ha sicuramente enormi aspetti
positivi nella vita contemporanea), sembra che la realtà virtuale offra spesso
rifugio, svago, consolazione. Ma io non ci credo molto. Anzi non ci credo
affatto.
Cerco di avvicinarmi al mondo dei
giovani, di adeguarmi ai loro gusti musicali, ai loro miti ed eroi, al loro
linguaggio spregiudicato e dissacrante, spesso vuoto e sciatto o di finto
sapere, oppure del tutto nuovo (una sorta di slang che si serve di segni
accorciati o rielaborati sulla falsariga di consonanti contratte) che serve più
ad escludere che a comunicare realmente, e lo faccio per conoscerli meglio e
capirli e comprendere il loro mondo, ma finisco col ritrovarmi con un grande
mal di testa e con quel profondo senso di vuoto, caratteristica dei nostri
giorni, che mi induce a pensare
all’ingannevole apparenza di oggi e di sempre: non ci sarebbe tanto
amaro disincanto nei ragazzi di tutte le età e latitudini, se si sentissero
appagati in questo vuoto. In questa solitudine di suoni rumori espansioni
disordinate e meccaniche di sé e del Sé. Non ci sarebbero tanti suicidi nei
mattini ancora da vivere prima che si faccia giorno.
Vero, papà?
I ragazzi mascherano il malessere
con la disinvoltura del loro sbandierato agnosticismo.
Leggo con interesse e dolore le
amare poesie di quei pochi che le amano e le scrivono e hanno talento. Spesso
mi chiedo:
‘possibile che i giovani di sempre
non si accorgano dell’arroganza delle certezze che preclude orizzonti più ampi
sotto e sopra le stelle?
Possibile che la giovinezza non
riconosca l’importanza dell’umiltà del dubbio a concedere una briciola di
speranza ancora? Sempre così l’assoluta giovinezza?’
Sì, sempre così
l’assoluta giovinezza di ogni tempo e di ogni luogo!
Siamo meno del pulviscolo atmosferico
eppure, quando siamo giovani, con l’incoscienza dei baldanzosi anni, sfidiamo
gli dèi. Solo più tardi, decisamente più tardi ci accorgiamo che “ci sono molte
più cose in Cielo…”.
Conosco anche alcuni giovani che
oggi si nutrono di libri e di impegni civili e sociali, pur non credendo più in
quello religioso o politico.
Giovani migliori di me alla loro
età: più consapevoli, più preparati, più colti, più veri.
Più impegnati, quando sono impegnati!
Ma cosa realmente pensano
i giovani, oggi? Cosa temono e cosa li esalta? Cosa vogliono realmente, al di
là delle mode e della rassicurante omologazione dietro l’apparente ribellione e
originalità?
I giovani sono il mio
assillo quotidiano. Per questo mi attardo a parlare di loro.
Ho imparato da
te ad amarli
Quanto gioioso ascolto hai dato
tu a noi, ai nostri amici!
Qualche tempo fa, una ragazza mi
confidò di essere delusa perché gli adulti giudicano senza ascoltare. Non mi
sorprese la sua denuncia. Lucida, amara, inconfutabile. Mi rammaricai. Mi
dispiacqui. E allargai il discorso a tutti:
NESSUNO
ASCOLTA PIÙ NESSUNO
Basta guardarsi intorno quando si
sta insieme in un luogo di ascolto: il conferenziere o il relatore rimane fino
a quando tocca a lui parlare poi va via oppure, peggio, gli altri parlano e, in
attesa di poter intervenire dall’alto della sua sapienza, il luminare o il
semplice “esperto” di turno sta con gli occhi incollati al suo cellulare,
digitando freneticamente messaggi o risposte a giochini passatempo più o meno
ripetitivi e inutili. E, dulcis in fundo,
se non si è chiamati in causa neppure si ritiene opportuno essere presenti,
anche se l’argomento dovesse essere tra i più attuali ed interessanti per la
singola persona o per l’intera comunità.
Dunque, non abbiamo tempo per gli
altri. Spesso amiamo solo ascoltarci.
S’è perso il tempo dell’ascolto
che era un fare spazio all’altro.
Un incontrarsi per
confrontarsi e riflettere approfondire imparare
Reciprocamente
Come
“invecchiare bene” in tanto vuoto esistenziale?
E, nonostante tutto,
io, “invecchiata male”, ma eterna acchiappanuvole e acchiappasogni, ci credo
ancora nell’ascolto perché con te era un ascoltarsi continuo e attento.
Un ascoltare prima di ascoltarsi
Sarebbe necessario,
oggi più che mai, ascoltare gli adolescenti, se vogliamo aiutarli a conoscersi
e a salvarsi in una società che non fa più sconti a nessuno. Di chi o di cosa
la colpa? Una “liquidità” spaventosa e diffusa, come sostiene Bauman,
attraversa i nostri giorni e i sentimenti e i legami e… sono proprio i ragazzi
le vere vittime di questo scempio che noi, adulti e anziani, abbiamo prodotto
con grande superficialità, non so più se per ignoranza e inconsapevolezza. E tu
sei estraneo a tutto questo. Lontano molto più del secolo che t'appartiene. (…)
Interessante e condiviso. Come madre di un trentenne e quale insegnante di ragazzi giovani-adulti (17-20 anni) mi ritrovo completamente nelle osservazioni dell'Autrice. Grazie!
RispondiEliminaRita Vecchi